Bologna FC
La Serie A non è un paese per giovani
Il ritmo di gioco potrebbe essere la discriminante dell’esodo di over che attraversa la nostra realtà calcistica
Il ricorso all’usato sicuro è un fenomeno che condiziona il nostro calcio da alcuni anni. Scorrendo le rose delle squadre che compongono la Serie A, il dubbio diviene evidenza. I vantaggi sono sempre gli stessi: rendimento garantito, specie se si tratta di campioni che hanno vinto trofei e giocato in squadre di primissima fascia, equilibrio ed esperienza messi a disposizione dello spogliatoio, costi -nella maggior parte dei casi- bassi.
E fin qui, il ragionamento non fa una piega. La domanda è: perché il calcio italiano ne abusa rispetto agli altri campionati europei? La crisi economica e l’attenzione per i conti del club sono ovunque degli spettri, non solo in Italia. L’altro risvolto, sottinteso, è lo spazio in campo di cui questi giocatori necessitano e che viceversa tolgono a giocatori più giovani.
Serie A, Mancano le idee o il coraggio?
Guardando le operazioni in entrata di quest’estate in Serie A, colpiscono per tempi e modalità gli ingaggi di alcuni giocatori over. Luka Modric non ha bisogno di presentazioni e contorni vari: il croato, pallone d’oro nel 2018, è reduce da due partite con il Milan, giocate entrambe da titolare. Il trentanovenne è stato uno dei più tecnici ed incisivi centrocampisti della storia del calcio e tutt’oggi il suo livello è estremamente alto. Il Milan ha però fatto altre due operazioni in entrata in quella zona di campo, Ricci e Jashari, giocatori giovani che andrebbero formati proprio sotto il protettorato del croato e non esclusi da esso. Chiaramente, la responsabilità di queste scelte ricade nella volontà di allenatori e dirigenti di Serie A che creano la squadra, e non sul singolo campione.
Un calcio diverso?
Discorso diverso per Matic e Cuadrado, grandi giocatori con carriere invidiabili, che sembrano aver perso lo smalto per incidere realmente come in passato. Albiol, Dzeko, Immobile sono chiamati a fare da maestri – e che maestri – nelle rispettive squadre. Oltre ai costi bassi, spesso senza l’onere di pagare il cartellino, questi giocatori portano un incremento nelle vendite di merchandising per i club: basti pensare alla schiera innumerevole di tifosi sparsi per il mondo, pronti a comprare le magliette (già) culto di Vardy alla Cremonese, De Bruyne al Napoli, Modric al Milan. Motivazione sicuramente secondaria rispetto a quella di campo ma benefica per i club. Un’iniezione di capitale che rinvigorisca le casse della società non può essere paragonata ai risultati sportivi.
Il colpo ad effetto può scaldare gli animi e suscitare emozioni particolarmente dolci, ma non è un’operazione futuribile in Serie A. L’apporto positivo è, solitamente, di breve durata, l’investimento può essere un’occasione, ma le idee non possono essere accantonate. E nel calcio odierno, più che mai, c’è bisogno di quel coraggio che non renda il movimento giovanile un ostacolo, bensì una risorsa.
Fonte – La Gazzetta dello Sport
Di Matteo Cordari
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