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Bologna

Liscio come l’odio

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Era inevitabile, e infatti non l’abbiamo evitato. Perché l’odio genera odio, si sa, e certa gentaglia non aspetta altro che un pretesto per entrare in azione. Ho letto tanti commenti alle tre croci di Casteldebole: belle parole, parole di circostanza, stupidi distinguo tipo “Ma Bologna non è questa”, e vorrei vedere che fosse questa, però poi spiegatemi perché quando qualche laziale profana la memoria di Anna Frank “i laziali sono tutti fascisti”, perché quando qualche juventino inneggia a Superga “i gobbi sono tutti bastardi” e invece quando qualche bolognese appende teste di porco, manichini o croci non fate lo stesso cumulo delle colpe. Ero un ragazzo, frequentavo il liceo a Bologna. Cominciai a sentir dire che Pasolini era un busone comunista, Montanelli un fascista della prima ora, Calabresi un assassino in divisa, poi cominciarono a sibilare i proiettili e sapete come andò a finire. Dopodiché – essendo “rosse” le brigate – sentii coniare una definizione che ancora mi rimbomba nelle orecchie: “compagni che sbagliano”. Un cazzo: erano assassini, quelli rossi, quelli neri e pure quelli… bianchi che agivano dietro le quinte. Quando succedono queste cose, per favore, abbandoniamo l’ipocrisia, l’interesse di bottega: chi ha agito a Casteldebole potrebbe essere nostro figlio, nostro padre, nostro fratello, nostro amico; siamo noi, in sintesi. Da sempre cerco di dare ai discorsi legati al calcio il peso che meritano: il calcio è un gioco, non una religione o una ragione di vita. Troppi rovesciano su quel pallone che rotola le proprie insicurezze, le proprie delusioni, le proprie frustrazioni: smettiamola, prima che sia troppo tardi. Questa volta, davvero, mi sembra stupido scrivere di Bologna-Milan, di Krejci che non sa coprire o di Falcinelli che non vale Di Francesco. Fatelo voi, se volete, tenendo sempre a mente quelle tre croci sull’erba, quei tre nomi che prima di essere dirigenti del Bologna sono uomini e magari hanno figli a cui dover spiegare un accaduto che non può essere spiegato. Vi riporto quanto ha scritto Marino Bartoletti, uno dei miei maestri, che – come faccio anch’io nel mio piccolo – non si fa fuorviare dal tifo ed è uno dei migliori giornalisti italiani. “Le tre croci sul campo di allenamento del Bologna, con i nomi dei massimi dirigenti della società, sono una delle cose non soltanto più orribili, ma anche più inattese che io pensassi di poter vedere. Si mescolano blasfemia, ignoranza, infamia, vigliaccheria, totale incoerenza con la civiltà della città. Chi sono questi rifiuti della terra? Ci sarà qualcuno che avrà il coraggio di difenderli? Perché se questo qualcuno esistesse, sarebbe anche peggio di loro”. E almeno stavolta smettiamola di sentirci estranei alla vicenda. Ve lo dico con le parole di Fabrizio De Andrè: “Per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti”…

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