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Sandy Flash Back – Romanzo bolognese – 31 Gen

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L’anno scorso, mentre aspettavo nel mio posto in curva l’inizio di Bologna-Udinese, feci una cosa che segnó il finale del mio anno: chiesi al mio amico di prestarmi il cofanetto di “Romanzo criminale”. Ne avevo sentito parlare da molte persone, tutti dicevano di quanto fosse bella quella serie, allora mi convinsi che era arrivato il momento di guardarla. La serie parla della storia della “banda della Magliana” romanzandola un po’, ma più andavo avanti con gli episodi, più mi accorgevo di quanto quella storia e quei personaggi assomigliavano sempre più ad un altra storia, una storia che avevo vissuto molto più da vicino, la storia del Bologna nella stagione 2010/11. 

Il primo capo della banda fu “il Libanese”, che col suo carisma, la sua sicurezza, ed i suoi grandi discorsi riuscì a riunire gli altri sette protagonisti ed a prendersi Roma, prima di essere fatto fuori. Chi fu in quell’anno il primo capo del Bologna? Sergio Porcedda acquistó il Bologna dai Menarini, e col suo carisma, la sua sicurezza nelle dichiarazioni, i suoi sorrisi e i suoi grandi discorsi, riuscì a conquistare tutti noi tifosi, facendoci credere che finalmente avremmo avuto una società stabile che ci avrebbe fatto riassaporare palcoscenici più importanti, prima che scoppiasse il caos e che venisse smascherato, venendo “fatto fuori” e dovendo regalare il Bologna. 

All’uccisione del Libanese i capi rimasero in due, il “Freddo”, calmo, pacato, pensieroso, che rifiutó di andare via con la sua ragazza e cambiare vita, pur di salvare la banda e tenere insieme tutti i suoi membri, fino a quando preso dalla rabbia non uccise il suo amico Buffoni, tirandosi addosso le ire dei compagni. Allo scoppio del caos, Di Vaio rifiutó le sirene dei grandi club, e decise di rimanere a Bologna, perchè troppo attaccato alla città e alla tifoseria, e fece di tutto pur di tener unito lo spogliatoio, e portare il Bologna verso la salvezza, tirandosi però addosso le ire dei compagni dopo una firma sul rinnovo contrattuale.

L’altro capo era il “Dandi”, sicuro di se è voglioso di ribalta, sempre in sana competizione col “Freddo”, e da qualcuno incoronato capo all’insaputa di tutti. Oltre a Di Vaio, lo spogliatoio rossoblu aveva un altro capo, Daniele Portanova, che tenne tutti “in riga”, non permettendo sgarri dai suoi compagni, ma sperando sempre più di rimanere l’unico capo di quello spogliatoio.

Alla nascita della banda, nessun poliziotto si accorse di quello che stava succedendo a Roma, nessuno voleva aprire gli occhi e capire che Roma era in pericolo, nessuno a parte il commissario Scialoja ed il suo aiutante Canton, che proprio come Don Chisciotte combatterono contro i mulini a vento, fino a smascherare il “Libanese” e gli altri, ponendo fine alla più grande organizzazione che avesse mai regnato su Roma. Anche qua a Bologna nessuno, all’arrivo di Porcedda, si rese conto di quello che stava succedendo, del fatto che i discorsi erano tanti ma i soldi pochi, tutti (giornalisti e tifosi) eravamo troppo affascinati dalle sue parole. Nessuno fuorchè il giornalista Alberto Bortolotti, l’unico insieme al suo compagno Giancarlo Monari, a tentare di smascherare il presidente, l’unico ad accusarlo di essere solo un “puffarolo” che ci avrebbe portato solo al fallimento, altrochè Europa. 

Attorno alla banda gravitavano altri due personaggi, il “Secco”, l’uomo dei conti e degli investimenti, ed il “Sardo”, napoletano con agganci nella camorra, che riforniva la banda della cocaina da smerciare sul mercato romano, che venne ucciso quando provó ad alzare la voce perchè le decisioni prese dai ragazzi non gli andavano più bene. Il Bologna invece, avrebbe dovuto contare su Silvino Marras per tenere in ordine il bilancio, il suo uomo dei conti, mentre a rifornire la squadra di giocatori ci pensava il direttore sportivo Carmine Longo, che fu esonerato dal suo incarico quando provó ad alzare la voce e disse che l’anno successivo si sarebbe dimesso perchè contro le decisioni societarie. 

A tener sotto controllo la banda, dall’alto dei suoi uffici ci pensava il “Vecchio”, capo dei servizi segreti, che appena si accorse che le cose stavano prendendo una brutta piega, intervenì, facendo uccidere il Libanese e facendo cambiare capo. E così fece Consorte con il Bologna, chiamato in causa dai Menarini per salvare il salvabile, dal suo ufficio mise insieme la cordata che avrebbe salvato la squadra e fatto fuori Porcedda.

Ad uccidere materialmente il Libanese invece fu il “Nero”, incaricato dal “Vecchio” e dalla mafia, che venne poi ucciso dal Dandi. Zanetti fu l’uomo in più della cordata, colui che prese in mano la situazione e fece fuori Porcedda, diventando presidente dei rossoblu, ma venendo praticamente rifiutato da Portanova a Bari, quando esultante per i gol segnati dalla squadra provó a chiamare in causa il difensore, senza ricevere nessuna risposta.

Il “Sorcio” era il tutto-fare della banda, assaggiava la roba, era capo di una zona di spaccio, e sbrigava parecchi altri compiti, fino a quando non scoppió il caos del giro di spaccio alternativo, con lo spaccamento della banda e il suo tradimento, quando andó dal commissario a confessare tutte le malefatte dei suoi compagni. Anche il Bologna aveva una tutto-fare, la disabile Marilena Molinari, che sbrigava tutte le pratiche burocratiche e non dei calciatori, ma che a causa dei pass per invalidi dati ai calciatori, fece scoppiare il caos dei pass, facendo indagare una decina di rossoblu. Lei al contrario del “Sorcio” però non li tradì, anzi si assunse tutte le colpe dicendo che i calciatori non ne erano a conoscenza.

La banda della Magliana ed il Bologna 2010/11, due storie avvincenti, molto uguali tra loro e a loro modo strane…. La prima rimarrà impressa per sempre con un romanzo, un film ed una serie televisiva, la seconda invece rimarrà impressa nelle menti e nel cuore di tutti i tifosi rossoblu, che vissero quell’anno ansiosi, paurosi, ma alla fine festanti per la doppia salvezza, quella societaria e quella sul campo… E ora ditemi quale delle due storie emoziona di più….

 

Ps. Per la cronaca, la partita Bologna Udinese finì 1 a 1, il Bologna passó in vantaggio con Diamanti, ma poi si fece rimontare perchè, si sa benissimo, Di Natale si può lasciare tranquillamente solo in mezzo all’area libero di tirare, alla fine è soltanto uno dei più grandi goleador degli ultimi anni 

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