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Bologna-Inter: numeri invisibili, scelte precise

Non è solo una vittoria ai rigori: è una prestazione costruita in modo studiato e organizzato. In primis, lo rivelano i numeri.

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I rossoblù festeggiano dopo Bologna-Inter (© Bologna FC 1909)

C’è un modo particolare di misurare le partite che segnano una storia: non basta il risultato, serve capire come ci si è arrivati. È il caso della semifinale di Supercoppa tra Bologna e Inter. Perché il Bologna, nel momento forse più fragile della sua stagione, ha costruito una prestazione che va letta tra le righe – o meglio tra i numeri –, attentamente.

Un’unica strategia

I numeri dicono subito una verità scomoda: il Bologna non ha dominato. Ha accettato di soffrire. Il 42% di possesso palla contro il 58% dell’Inter non è un dato casuale, così come i 330 passaggi contro i 465 dei nerazzurri. La squadra di Italiano ha rinunciato a competere sul piano del possesso palla, scegliendo invece una partita basata sull’organizzazione, sull’attenzione tattica e sull’aggressività nel momento giusto. E infatti, pur manovrando meno, il Bologna ha prodotto quasi la stessa pericolosità: 1.45 di xG contro 1.50.

Possiamo quindi parlare di una sorta di aggressività intelligente. Nei primi venti minuti, il Bologna ha accettato il rischio di difendere alto, e lo confermano i numeri sui contrasti: 13 totali contro i 5 dell’Inter, con una superiorità anche nei duelli aerei (59%) e una percentuale di dribbling riusciti del 63%. È stato un lavoro di reparto, in grado di interrompere la costruzione nerazzurra e di portare l’Inter a commettere più falli (12 contro 8). In quella fase nasce la fiducia che porta al pareggio.

Il Bologna arriva meno spesso nell’area rivale (14 tocchi contro 30), ma quando lo fa lascia il segno. Otto tiri complessivi, sei dei quali dall’interno dell’area di rigore: una squadra, quella di Italiano, che non spreca conclusioni dalla distanza (solo due) e cerca soluzioni pulite e incisive. Il rigore trasformato da Orsolini non un è quindi un colpo di fortuna. E anche il dato delle grandi occasioni — due create, una realizzata — è perfettamente in linea con una partita giocata sul filo.

Bologna-Inter: la partita difensiva

Dopo l’intervallo, lo spartito cambia. Il Bologna cala fisicamente, e qui i numeri diventano più duri: meno ingressi nel terzo offensivo (44 contro 57), meno passaggi riusciti in zona avanzata (57% contro 66%), più palle perse (7 contro 2). L’Inter prende campo, ma il Bologna non crolla. Anzi, si compatta. Le 33 chiusure difensive contro le 15 dei nerazzurri sono un manifesto di resistenza organizzata, di letture preventive, di sacrificio collettivo. È una difesa attiva, fatta di intercetti e recuperi (45), spesso dentro la propria area.

E qui entra in scena il volto simbolico della serata: Ravaglia. Cinque parate totali, tre definite “grandi parate”, nessun errore che porta al tiro avversario. Il Bologna concede tanto in termini di volume (14 tiri subiti), ma poco in termini di pulizia. Anche questo è un dato che pesa: l’Inter tira più spesso, ma raramente è libero. Il lavoro dei centrali e dei mediani riduce la qualità delle conclusioni, così che l’uomo tra i pali possa prevedere dove e come intervenire.

Arrivati ai rigori, la partita entra in un’altra dimensione. Ma non è un altro sport. È la prosecuzione emotiva di quanto visto prima. Il Bologna arriva alla lotteria avendo già dimostrato di saper reggere la pressione, e di saperci convivere. I rigori diventano così la sintesi estrema di una serata di personalità: freddezza nei tiri e ancora Ravaglia protagonista.

È così che viene ribadito un’altra volta lo stesso concetto: il Bologna non è arrivato fin qui per caso.

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