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La crisi dello streaming alimenta il ritorno alla pirateria digitale

L’aumento dei costi, la frammentazione dei contenuti e le limitazioni sulle piattaforme streaming hanno spinto molti utenti a tornare a scaricare illegalmente, facendo risalire gli accessi ai siti pirata.

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Per gli adolescenti degli anni 2000 ricorrere alla pirateria era una prassi. Lo si faceva per scaricare musica, film e serie tv. Erano sufficienti pochi minuti per rintracciare ciò che si cercava.

Dai torrent agli abbonamenti

The Pirate Bay (TPB), il sito web creato in Svezia nel 2003, era stato ideato come indice e motore di ricerca per file Torrent e permetteva agli utenti di scaricare e condividere file attraverso una tecnologia Bit Torrent che consentiva una distribuzione di grandi quantità di dati su internet. I torrent riguardavano principalmente film, serie tv, musica, videogiochi e libri digitali. La piattaforma fu poi oscurata e bloccata in molti Paesi tra cui l’Italia. Fu spesso al centro di controversie legali perché molti dei torrent rimandavano a contenuti protetti da copyright. Non a caso i tre fondatori furono processati e finirono in carcere.

A 15 anni dalla condanna molti sembrano rimpiangere il tempo in cui non esistevano ancora piattaforme streaming come Netflix, arrivata in Svezia alla fine del 2012 e Spotify, anch’essa nata nel Paese scandinavo alcuni anni prima, nel 2006 e ideata da Daniel Ek e Martin Lorentzon. A proposito del servizio di streaming musicale, nel 2011 l’allora amministratore delegato della Universal Music svedese, Per Sundin, disse: «Spotify non sarebbe mai esistito senza The Pirate Bay». La musica scaricata illegalmente, complice anche l’arrivo degli smartphone, è scomparsa. Adesso le canzoni si ascoltano con la pubblicità o pagando un abbonamento.

L’era dello streaming a pagamento (e con pubblicità)

Per accedere al catalogo offerto dalla piattaforma più importante ovvero Netflix, all’inizio erano sufficienti 7 euro (79 corone svedesi). Gradualmente, negli anni, il costo dell’abbonamento è aumentato. Per guardare gli stessi contenuti adesso invece si pagano circa 17 euro annuali (199 corone svedesi). Ma Netflix non è più sufficiente a soddisfare l’esigenze di un pubblico sempre più vasto. Perciò sono nate altre piattaforme streaming che, sempre a pagamento, impongono la pubblicità. Attualmente si stima che una famiglia europea all’anno può arrivare a spendere anche 700 euro per accedere a tre o più servizi streaming.

Secondo quanto afferma Gabriel V. Rindborg in un articolo comparso nel The Guardian, molti critici cinematografici si lamentano del fatto che per aumentare i profitti, le piattaforme hanno dato vita ad una sorta di “merdificazione“. Tra questi c’è chi, pur rimanendo anonimo, ha dichiarato che continua a scaricare file pirata in quanto alcuni contenuti che erano presenti nei cataloghi delle piattaforme legali o sono stati cancellati oppure messi a pagamento o a noleggio anche nell’arco di poco tempo.

Streaming senza certezze

Ad esempio è il caso della celebre serie tv storica, The Tudors, uscita il 1 aprile 2017 che inizialmente fu trasmessa in Italia su Canale 5 e La7, attualmente risulta introvabile gratuitamente non essendo più disponibile su Netflix. E’ necessario ora pagare l’acquisto o il noleggio su Amazon Prime o su Now tv. La disponibilità di questa serie così come di molte altre nonché di film e altri contenuti può variare anche nell’arco di poco tempo. Gli utenti sono costretti, dunque, a controllare periodicamente se ciò che interessa loro è ancora accessibile.

La stessa sorte è toccata ad un’altra fiction televisiva, I Medici, inizialmente visibile su Netflix. Attualmente appare inaccessibile anche su Disney+ e su piattaforme più piccole come Ray Play. Come nel caso dei Tudors, su Amazon Prime è possibile acquistare le singole stagioni. Tuttavia il rischio è quello di non avere nessuna certezza di poter visionare tutte le serie prodotte in quanto da un momento ad un altro potrebbero essere cancellate dalla libreria digitale. Le cancellazioni possono essere motivate dalla scadenza degli accordi di licenza che garantiscono la loro presenza sulle piattaforme oppure a causa degli ascolti. Netflix, infatti, ha annunciato la cancellazione di molti film e serie proprio a causa di queste motivazioni.

La pirateria procede a gonfie vele

A causa di tutte le problematiche e dei sempre più elevati costi sostenuti per gli abbonamenti si è registrato un sostanziale aumento degli accessi ai siti pirata che, dopo aver toccato il minimo storico nel 2020 con 130 miliardi, dal 2024 è salito a 216 miliardi, dato che è destinato a crescere. Come ha sottolineato Gabe Newell, cofondatore di Valve, l’azienda che gestisce la piattaforma di videogiochi per pc, «la pirateria non è una questione di prezzo ma di servizio» in quanto i titoli sono dispersi in piattaforme differenti e la qualità video cambia persino in base al browser utilizzato. Ecco che la maggior parte degli utenti, dunque, ritorna a sventolare il vessillo dei pirati e la pirateria ha spiegato di nuovo le vele mentre le case di produzione erigono barriere, alzano muri e chiedono un prezzo sempre più alto a chi vuole accedere.

(Fonte: Internazionale, Gabriel V. Rindborg)

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