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Calcio

Tutta colpa di Helenio Herrera – 16 Mag

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La Vita mi ha costretto, assestandomi qualche sonoro ceffone, a capire quali sono le cose da prendere sul serio. Ho sbattuto il grugno più volte, ma alla fine ci sono arrivato. Bene, nonostante il mestiere che mi dà da mangiare fin da adolescente, in questo (scarno) elenco non è compreso il calcio. In un mondo impazzito, dove basta avere un accesso a internet per credersi medici o un accesso a una piattaforma digitale per sentirsi statisti, un mondo in cui abbiamo azzerato religioni e ideologie, pare che il calcio debba fare razza a parte. E non si capisce perché. O meglio, forse si capisce, ma sarebbe meglio non capirlo: siamo tutti presidenti (con i soldi degli altri), tutti direttori sportivi (con le competenze degli altri) e tutti allenatori (con gli schemi degli altri) perché – appunto – il calcio è un gioco, non una cosa seria, e in un mondo come questo sentirsi qualcuno, quando non si ha né arte né parte, pare sia una necessità primaria. È di ieri lo scazzo a Casteldebole fra chi era al di qua della recinzione e Donadoni, ben documentato dalle riprese effettuate da 1000CuoriRossoblù. Non mi interessa stabilire chi abbia ragione, perché in realtà ha ragione il tifoso frustrato, che spende soldi e tempo per seguire una squadra che lo delude, e ha ragione chi invece quella stessa squadra la segue per lavoro, vorrebbe determinate risposte dai giocatori e soprattutto gli piacerebbe non essere insultato mentre lavora con serietà. Ma non è questo il problema. E forse il problema non è neanche quello dei tifosi juventini, che invocano il licenziamento di Allegri: in quattro anni, “Acciughina” ha vinto quattro scudetti e altrettante Coppe Italia, ma – secondo loro – “si può fare di più”. E ancora il problema non è nemmeno quello di Sarri, ex dirigente bancario che ha dato al Napoli uno splendido gioco ma – per dirla con Mourinho – “zero tituli”, tanto da aver già pronte le valigie. Insomma, ragazzi, qui non è più la storiella che chi ha il pane non ha i denti e viceversa: mi sa che siamo tutti sdentati e intolleranti al glutine… E allora? Allora, come diceva San Filippo Neri, che allenava con ottimi risultati plotoncini di ragazzi difficili, “state buoni, se potete” (qui il video in questione). Nel frattempo, cioè in attesa che anche a voi la Vita rifili qualche bel ceffone che vi faccia rimettere in ordine le priorità, io ho scoperto IL COLPEVOLE. Già, vi piaccia o meno, è tutta colpa di Helenio Herrera. Chi sia stato HH, vi prego di andarlo a leggere nel dettaglio su Wikipedia. Io vi dico solo che era un personaggio straordinario, un argentino naturalizzato francese che da allenatore conquistò la Spagna convincendo Angelo Moratti a ingaggiarlo nel 1960 per la sua Inter. All’inizio, l’allenatore altri non era che uno dei giocatori, magari quello più carismatico, chiamato a scegliere gli undici da mandare in campo. Poi cominciò l’evoluzione tattica e quello di allenatore diventò un vero e proprio mestiere. Inglesi, Danubiani, ma ovviamente pure gli Italiani salirono in cattedra. L’allenatore era importante; con Helenio Herrera diventò fondamentale. HH strappò un ingaggio altissimo, che servì da apripista per tutti i suoi colleghi che, bravi o meno che fossero, iniziarono a guadagnare più dei centravanti. L’aumento degli onori portò ovviamente pure l’aumento degli oneri: per capirci, prima di Herrera, un presidente come Zamparini l’avrebbero ricoverato a Villa Baruzziana. Negli ultimi sessant’anni, la tendenza si è sclerotizzata, consegnando ai tecnici assegni ricchissimi in cambio di una precarietà degna di un porta-pizza. Da quel giorno, ogni tifoso ha nella sua scatola cranica la personalissima lavagnetta per disegnare schemi e sa, nel suo intimo, come cavare il sangue da una rapa (i gol da Acquafresca, no: lì non c’è arrivato nessuno). È per questo che la frustrazione nei confronti degli allenatori è cresciuta a vista d’occhio: fanno il lavoro che vorremmo fare tutti, guadagnano cifre importanti e allora, beh, cazzo, falla giocare meglio la squadra, proprio come farei io! Così ci ritroviamo, come le star, a bere del whisky al Roxy Bar parlando della catena di destra, del taglio difensivo e del possesso palla come se fosse il nostro pane quotidiano. E non va bene. Perché sapete che c’è? Se Donadoni (o Allegri, o Sarri) venissero in redazione a dirmi che non sono capace di scrivere, o non so fare titoli e occhielli, o scelgo le foto come farebbe Bocelli, beh, io mi incazzerei: voi no?

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