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Stefano Cieri: «È un Bologna qualitativo e dalla forte identità, Motta il valore aggiunto. La Lazio spesso messa in difficoltà dai rossoblù»

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bolognafc.it

Cosa poter dire ancora del match in programma domani sera? Di cosa poter parlare, insomma, dopo aver già ascoltato le varie conferenze stampa, analizzato i convocati, le designazioni arbitrali, le possibili formazioni e le parole dei due mister? Forse la domanda migliore sarebbe chi far parlare, e noi abbiamo pensato di rispondere aprendo il microfono a una voce avversaria: il giornalista della Gazzetta dello Sport, e inviato per la Lazio, Stefano Cieri. Che domani sarà proprio qui a Bologna, per seguire l’avventura della sua squadra impegnata alle 20.45 nel match del Dall’Ara contro i rossoblù.

Ciao Stefano, vorremmo fare una piccola introduzione della tua figura quale giornalista sportivo e inviato sponda Lazio. Come ti racconteresti? I tuoi esordi, l’approccio con l’universo biancoceleste?

Certo, anche se non sarà facile, facendo questo lavoro ormai da più di 30 anni! È dal 1993, infatti, che sono all’interno nella redazione della Gazzetta dello Sport, dopo aver studiato giornalismo a Milano e svolto – per qualche tempo – la professione al di fuori dell’ambito sportivo. Dopo aver lavorato nella sede centrale, nel 1995 sono arrivato a Roma: qui mi sono prima occupato delle squadre del centro-sud, poi dal 2001 è iniziata la mia avventura personale con la Lazio (proprio l’anno dello scudo ai cugini!).

Se potessi descriverlo in qualche riga, come racconteresti la dinamica che ti vede seguire così da vicino una realtà sportiva ben definita e localizzata?

Partiamo col dire che per un giornale sportivo, la dimensione di approfondimento su una squadra è una delle cose più belle, importanti ed esaltanti: si tratta certamente di oneri e onori, spesso diventa un compito anche pesante, ma per una testata del genere risulta – come detto – fondamentale. Personalmente, comunque, quando ebbi l’incarico fui felicissimo. Si tratta di iniziare letteralmente a vivere all’interno di una squadra, sentirla pulsare dalle sue fondamenta, offrendo la possibilità di vivere dinamiche spesso entusiasmanti.

È facile tenersi al di là della propria fede sportiva?

Questa è un’ottima domanda! La verità è che la fede calcistica, elemento assolutamente vitale di questo sport, si attenua naturalmente svolgendo questa professione. Anche se è difficile da comprendere, ma il funzionamento è simile a quello del calciatore: può avere una passione per una squadra specifica, ma è un professionista, e deve adattarsi al suo contesto di riferimento. Fondamentalmente, fatte le dovute proporzioni, noi siamo chiamati a fare lo stesso.

Cambiando argomento, come valuteresti la Lazio di quest’anno? Un inizio col freno a mano tirato, poi la risalita, tanta qualità ma spesso la percezione di una squadra altalenante, a volte carente in termini di grinta e determinazione.

Penso tu abbia scattato una perfetta fotografia di come stanno le cose. L’anno scorso la Lazio ha condotto un’ottima stagione, un’annata definibile – almeno in campionato – quasi come straordinaria, chiudendo addirittura al secondo posto. Probabilmente, andando anche le proprie possibilità, ed essendo indubbiamente brava a capitalizzare l’occasione del percorso in Champions che ha tenuto le milanesi occupate sino a maggio. Quest’anno c’è stato, con ogni probabilità, un equivoco sul mercato estivo: la squadra si è indubbiamente rinforzata nel complesso (ricordando sempre i limiti forzati della gestione Lotito) ma Sarri chiedeva giocatori già pronti per il definitivo salto di qualità (Berardi, Zielinski), mentre ne sono arrivati di promettenti (come Guendouzi, Rovella o Castellanos) ma ancora tutti da scoprire tra le fila del nostro torneo. Il brutto inizio laziale è stato un mix di situazioni, tra l’adattamento di molti elementi della squadra ancora scarso, un po’ di scontentezza dell’allenatore e l’addio – non dimentichiamolo – di un elemento chiave come Milinkovic-Savic, vero faro di queste ultime annate biancocelesti, che garantiva qualità, compattezza e pericolosità nelle palle inattive. In ultimo, aggiungiamo la crisi di Immobile, un giocatore che ha sempre fatto dell’esplosività e della lucidità le sue armi principali e che ora inevitabilmente sta pagando un po’, tra frequenti infortuni ed età che inesorabilmente avanza.

Spostandoci al Bologna, qual è la tua sensazione sul nuovo corso targato Thiago Motta, sul mercato fatto dalla società e sulla nuova stagione iniziata all’insegna di gioco e risultati?

Partiamo col dire che il Bologna, quest’anno, è indubbiamo più forte rispetto alle passate stagioni. Sicuramente il più forte degli ultimi dieci anni. Non solo come risultati in classifica, ma come sensazione che trasmette, come qualità del gioco espresso e identità di squadra. Ad oggi, pronosticare un Bologna in coppa, un suo ritorno dopo tanti anni, non è assolutamente un’eresia. La possibilità di lottare per i primi sette posti è concreta, anche se non sarà facile. E i meriti di Motta sono, a mio modesto parere, preponderanti: è un tecnico giovane, dalle idee innovative, e dotato di una caratteristica sempre più richiesta nel calcio di oggi: la capacità di adattarsi all’avversario; la facoltà di preparare, in altri termini, almeno due o tre piani gara per ogni singolo match, per cui il Bologna sa giocare una mezz’ora in un modo e una mezz’ora in un altro. E fare tutto questo come lo fa Motta, al suo livello, è un qualcosa di raro e importantissimo. Già ora gode di un’ottima considerazione, e in futuro penso abbia tutte le caratteristiche per diventare un grande, grandissimo della sua categoria.

Se ti chiedessi un giocatore del Bologna che ti piace particolarmente, sul quale magari punteresti per la stagione in corso?

Magari correndo il rischio d’essere banale, ma il primo nome che ti faccio è quello di Zirkzee: una rivelazione, decisamente un grande attaccante, dotato di classe e colpi da giocatore di categoria. Dovendotene fare un altro, ti dico Orsolini: è un giocatore che mi è sempre piaciuto particolarmente, e quando era più giovane pensavo potesse avere un’ascesa anche più verticale. Ma è uno di quegli innamoramenti di lungo corso, e penso abbia ancora molto tempo per dire la sua.

Ultima domanda, magari un po’ scontata ma doverosa: come vedi la partita di domani?

L’intero ambiente laziale sa che domani sarà una trasferta estremamente insidiosa. Perché il Bologna ha delle caratteristiche di gioco che possono mettere in difficoltà la squadra di Sarri, come del resto è successo negli ultimi incontri. E questo anche al netto dei risultati, perché nell’ultimo 0-0 in realtà la Lazio ha sofferto tanto, col Bologna che avrebbe sicuramente meritato qualcosa di più. E veniva da un filotto di vittorie non indifferente, a testimonianza di una squadra in gran forma poi comunque messa in difficoltà dai rossoblù. Quindi mi ripeto, la partita di domani sarà indubbiamente molto combattuta, equilibrata, con entrambe le squadre che proveranno a vincere, ma la mia sensazione è che il Bologna – prendendo come riferimento la gara dell’anno scorso sommata a una capacità offensiva maggiore – possa risultare ancor più aggressiva e pericolosa. Poi ovviamente la Lazio gode di maggior qualità nei singoli, il che può sempre avere un suo peso specifico, ed è magari più smaliziata, godendo di un’esperienza venuta fuori – ad esempio – nell’ultima gara vinta solo al 97’ contro la Fiorentina. Aggiungo un dettaglio: la squadra di Sarri ha davanti a sé il ritorno col Feyenoord (praticamente una finale) e in seguito il derby (probabilmente ancor più importante), quindi potrebbe scegliere di risparmiare delle energie, fisiche ancor più che mentali. Ad ogni modo, domani sera, avremo tutte le risposte a questi quesiti.

Ore 20.45. Stadio Dall’Ara. La partita, Bologna-Lazio.

 

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