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Il Punto sul Bologna – Je suis Donadonì

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È fatta. Il vociare si alimenta in strade e piazze, condominii e quartieri. Il colpevole è alfin svelato. Trattasi di Donadoni Roberto, nato a Cisano Bergamasco il 9 settembre 1963. Di professione: allenatore. Ha scritto, appuntato?
Più o meno, è questa l’aria che si respira dopo la già terribile zaffata arrivata dal campo erboso dello stadio Olimpico Grande Torino. E da lì, nell’immediato, è salita sul banco degli imputati la tattica. La famigerata tattica. La Santissima Tattica che tutti noi veneriamo e che conosciamo perfettamente. Perché l’abbiamo studiata sui libri, perché abbiamo giocato a calcio, perché abbiamo il patentino per allenare sia qui che lì, perché siamo abbonati a Sky quando ancora si chiamava Telepiù, perché abitiamo vicino a Coverciano, perché seguiamo il calcio da quando si era dei balilla, perché mio fratello è allenatore o lo è mio cognato e via dicendo. Praticamente l’intera popolazione maschile ha una buona motivazione per parlare di tattica. Ora, tuttavia, una buona motivazione non giustifica la presunzione. Una buona motivazione è una buona motivazione. E stop.
Ma Donadoni è sul banco degli imputati. E allora mi faccio qualche domanda. Ad esempio: per qualcuno il mister non è capace. Mi chiedo: come Ballardini? Come Lopez? Per dire due che abbiamo vituperato a lungo e che, al momento, stanno facendo bene con Genoa e Cagliari. Oppure il nostro mister è incapace come Oddo (abbiamo detto anche questo)? Eppure, Oddo ci ha dimostrato che così incapace non è. Si è detto, sempre tra le vie della nostra amata città, che anche Mazzarri non è uno buono. E ci ha rifilato tre pere. Insomma, di allenatori incapaci ne abbiamo additati tanti. E spesso ci siamo sbagliati. Ma è la cosa più semplice di tutti, è la cosa che ci viene più comoda.
Torno, con la memoria, alla partita. E mi ricordo di appoggi sbagliati a cinque metri, di scalate in ritardo, di facce turbate. E la colpa sarebbe della tattica? Siccome in molti si rendono conto che la tattica non può essere così distruttiva si è passati al: “Donadoni non riesce a motivare i giocatori”. Quindi, stiamo dicendo che ragazzi (di 26 anni di media) debbono essere motivati da qualcuno quando scendono in campo. Lo chiedo ai detrattori di Donadoni: qualcuno di voi ha bisogno di essere stimolato quando va al lavoro? Non è un obbligo di chi va in campo dare il massimo? Davvero uno di 25 anni ha bisogno delle pacche sulle spalle per guadagnarsi lo stipendio?
Ma mi salgono altri dubbi. Innanzitutto, vedo giocatori che sono migliorati. Pulgar e Verdi su tutti (ma anche Destro). Tanto da diventare i migliori pezzi di casa nostra. Mi si potrebbe dire: son cresciuti da sé. Ma questa teoria decade nel momento in cui supponiamo che i giocatori abbiano bisogno di uno stimolo esterno (il motivatore). Dunque: o questo motivatore fa il suo lavoro ma non sempre i ragazzi lo dimostrano sul campo, oppure l’allenatore sbaglia in continuazione e la squadra cresce da sola come la gramigna. Delle due, io credo nella prima.
In conclusione, sto dalla parte di Donadoni pur non essendo un donadoniano. Sto dalla parte di chi, sempre con garbo, fa il suo lavoro ogni giorno senza pagliacciate o campanelli tintinnanti. Senza interessarsi di ci crede e chi no. Ha delle colpe? Forse. Come i giocatori che vanno in campo. Ma penso anche che si trattino di errori e non di colpe. Queste ultime, lasciamole ai peccatori. Qui non c’è nulla da espiare.

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