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7 Giugno 1964 – “Storia RossoBlù dalla nascita fino all’ultimo scudetto” – 29 Set

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12 – E a Torino spuntò una rivoltella

A metà degli anni Venti, il Bologna, preso in cura da Felsner, è pronto per salire sul trono. È chiaro a tutti già nella stagione 1923-24, quando i rossoblù arrivano alla finale di Lega Nord contro il Genoa imbottito di stelle come De Prà, De Vecchi, Santamaria, Burlando, Barbieri. È la finale vera, anche se poi per cucirsi lo scudetto sulla maglia bisognerà battere la finalista dell’altra metà d’Italia, rappresentata dalla Lega Sud. Una formalità. Il Bologna la perde, questa prima grande sfida col Genoa. Ma con qualche strascico che aleggerà, ingigantito, sulla stagione successiva. Il fatto è che il Genoa è arrivato all’appuntamento faticando non poco nel proprio girone, e c’è voluta la questione-Rosetta per togliere di mezzo la Juventus. Riassumendo: la Federazione penalizza la Juve, togliendole punti a posteriori, per presunte irregolarità nel passaggio del difensore, che poi diventerà una colonna bianconera, dalla Pro Vercelli a Torino. I bianconeri sono tagliati fuori dalla corsa, e il Genoa ha vita facile a vincere il girone, arrivando alla finale col Bologna. Ma come tutti i potenti è poco amato, non ispira simpatia alle tifoserie avversarie. Meno che mai dopo questo caso. Così, la finale assume toni accesi: 1-0 per De Vecchi e compagni a Marassi, clima infuocato nella gara di ritorno allo Sterlino. A cinque minuti dalla fine, sull’1-1 (ma con un rigore dubbio concesso al Bologna dall’arbitro Panzeri più per placare gli animi che per reale convinzione, e poi trasformato da Pozzi) il pubblico  alza i toni e la partita viene sospesa. Tutti a casa, vittoria a tavolino per gli ospiti che poi andranno a vincere lo scudetto.

Un anno dopo, quando le due squadre si ritrovano di fronte nella stessa finale di Lega Nord, il ricordo di quei fatti è ancora vivo. L’aria è avvelenata, si capisce subito. Si parte allo Sterlino il 25 maggio 1925, il Bologna domina ma vincono gli altri. 1-2. C’è di mezzo anche il famoso gol di “Ciccio” Alberti, tacciato per questo di tradimento dai tifosi. Sarà Leandro Arpinati in persona, già ai vertici del calcio nazionale, a ricucire lo strappo con una cena di riappicificazione nella trattoria dei genitori del bomber sfortunato, in via Arienti. Sembra finita, comunque, per i rossoblù. E invece una settimana dopo, a Marassi, il Bologna riesce a ribaltare il risultato, davanti a milleduecento tifosi saliti apposta a Genova con treni speciali. Felsner sorprende Garbutt, altro mago della panchina, schierando “Teresina” Muzzioli ala sinistra. E Muzzioli segna. Pareggia Santamaria e a tre minuti dalla fine Genovesi, spostato in attacco, dà a Geppe Della Valle l’assist per il gol-vittoria: 1-2, serve la bella.

 

Che va in scena il 7 giugno a Milano. Clima incandescente, 20mila spettatori nello stadio del Milan, all’epoca il più capiente d’Italia, due treni speciali arrivati da Bologna (45 lire viaggio più ingresso). E Bologna in maglia verde, perché il rossoblù lo indossano i campioni d’Italia, e il bianco non lo vuole più nessuno. Porta male, dicono da entrambe le sponde. La gente è accalcata anche ai bordi del campo, l’arbitro Mauro, un avvocato, vorrebbe sospendere tutto ma capisce che non è il caso. Il Genoa va sul 2-0 con Moruzzi e il solito Alberti, ma nella ripresa Muzzioli accorcia con un gol contestatissimo. È fuori, dicono gli avversari, e l’arbitro assegna il calcio d’angolo. Allora protesta il Bologna, e dopo un quarto d’ora Mauro ci ripensa. Rete. Poi segnerà Schiavio, 2-2, ma il Genoa rifiuta di disputare i supplementari.

Di reclamo in reclamo, complice anche una tournèe della Nazionale, si arriva al 4 luglio.

Quarta partita. Si gioca a Torino, questa volta, e le misure di sicurezza sono notevoli: agenti anche a bordo campo, la partita fila via liscia. Segna Schiavio, pareggia Catto e nemmeno i supplementari sbloccano l’1-1. Serve un’altra sfida. Ma alla stazione di Porta Nuova, dove il controllo è meno rigido, accade l’impensabile. I treni dei tifosi del Bologna e del Genoa sono troppo vicini, a quattro binari di distanza. Nessuno ci aveva pensato. O semplicemente nessuno immagina ancora un calcio capace di generare atti di violenza. Fatto sta che partono grida, insulti, sassaiole. E dal treno dei bolognesi anche un paio di rivoltellate. Un tifoso del Genoa è ferito di striscio. Esplodono nuove polemiche tra Federcalcio e Bologna, c’è anche un’interpellanza alla Camera dei deputati. Un pasticcio: dimissionari gli organi della Federcalcio, dimissionario il consiglio rossoblù. 

Serve un mese per calmare gli animi e mettere in scena la quinta sfida. Ma il Prefetto di Torino non ne vuole più sapere. E allora si torna a Milano.

 

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