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A TU per TU – Andrea Di Caro racconta “La partita della vita”: “Un libro di speranza. Siniša è vero, onesto”

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gazzetta.it


E’ un guerriero, dentro e fuori dal campo. La vita di Sinisa Mihajlovic è intensa, fatta di alti e bassi. Tutto ciò è raccontato nella sua autobiografia, “La partita della vita”, scritta insieme al vicedirettore della Gazzetta dello Sport, Andrea Di Caro. Abbiamo avuto il privilegio di intervistarlo per fare un piccolo viaggio attraverso questo libro.

Com’è nata l’idea di scrivere con Sinisa Mihajlovic la sua autobiografia “La partita della vita?”

“Devo fare un passo indietro. Conosco Sinisa da 10 anni, dai tempi in cui fu ingaggiato dalla Fiorentina e io lavoravo a Firenze. In quel periodo fu accolto in maniera ostile in città, anche per via di vecchie polemiche legate alla sua amicizia con Arkan e al necrologio dopo la sua morte, nonostante Sinisa avesse spiegato in più interviste il motivo del gesto e la tremenda esperienza dei conflitti balcanici. Gli feci la prima intervista da tecnico della Fiorentina prima del ritiro, in Sardegna. Andai a trovarlo, mi venne ad aprire a torso nudo. “Qui finisce male”, pensai. Gli dissi che non ero lì per giudicarlo, ma per permettergli di raccontarsi. Si aprì, spiegò nuovamente le sue posizioni e la sua mentalità. da quel momento si è creato un rapporto di stima e fiducia. Quello che era nato come un rapporto professionale si è poi trasformato in un rapporto di amicizia. Questo legame mi ha permesso di passare tanti momenti insieme a lui fuori dal campo e di  vivere da vicino l’ultimo difficile periodo della sua vita dopo la scoperta della malattia. Qualche tempo fa ci eravamo detti che un giorno l’avrei aiutato a scrivere la sua autobiografia. Durante il suo ricovero una una casa editrice famosa mi ha chiesto se avessi voglia di raccontare Sinisa: in quel momento l’interesse era soprattutto sul caso umano, dato che Sinisa era malato. Ho risposto che avrei raccontato tutta la sua storia e non solo la malattia. Quando l’ho proposto a Sinisa l’ho visto disponibile, ho capito che aveva voglia di ricordare e raccontarsi. Ma entrambi abbiamo deciso che avremmo raccolto la sua storia solo dopo il trapianto quando le sue condizioni fossero state buone, non quando stava male: questo libro racconta anche un dramma ma vuole essere soprattutto un libro di speranza. Ogni sera durante il primo lockdown abbiamo passato diverse ore insieme a parlare. E’ stato emozionante per me raccontare la storia di un grande amico, ho scritto questo libro con il cuore. In questo romanzo c’è tutto: la sua infanzia, le amicizie pericolose, le guerre balcaniche, le vittorie con la Stella Rossa fino all’arrivo in Italia. C’è la sua carriera, la sua famiglia, le sue gioie e i suoi dolori. Il libro ha una doppia lettura: ogni capitolo parte dal letto di ospedale e si apre ai flashback sul passato. Non è una classica biografia sportiva. C’è il calcio, ma c’è anche altro”.

L’infanzia di Sinisa quanto lo ha forgiato come uomo?

“Tantissimo. L’uomo di oggi è l’evoluzione del bambino che era. Fin da piccolo ha avuto carattere e costanza. Quando aveva 5 anni, i genitori lavoravano e non avevano soldi per mandare lui e il fratellino più piccolo all’asilo. Era lui a badare al fratello Drazen al mattino. Usciva da solo al mattino per comprare latte e pane, poi ritornando a casa si metteva spalle alla stufa, e guardava la porta impietrito per paura che qualcuno potesse entrare. Ha imparato a vincere la paura da piccolo. Questo coraggio si è fortificato grazie anche a una mamma tosta. “Sinisa, chi picchia per primo picchia due volte, non aspettare che ti colpiscano”. Vivere l’infanzia nell’ex jugoslavia, in un’epoca dura ha forgiato ha forgiato il suo carattere. Poi ci hanno pensato i campi della C Jugoslava a formare il giocatore; ci sono episodi nei campetti di periferia che significano poco dal punto di vista calcistico ma tanto da lato umano. Alzare l’asticella, questo è sempre stato il suo credo “.

Uno dei suoi mentori è stato Boskov.

“Un rapporto fondamentale, per lui è stato come un secondo padre. E’ l’uomo che la voluto in Italia: Boskov era furbo, sveglio, scaltro. Sinisa ha vissuto diverse fasi di Boskov, ne parla sempre con enorme affetto”.

Come giudichi il suo rapporto con la tigre Arkan?

“Non lo giudico, lo racconto. Arkan era un suo amico, conosciuto prima della guerra: era il leader della curva della Stella Rossa. Aveva una vita criminale, come tanti altri nella Belgrado di quegli anni che dopo Tito era diventata un far West. Entravi in un bar e vedevi le pistole sui tavoli: Arkan faceva parte di questo contesto. Solo dopo con lo scoppio della guerra la sua figura è stata associata a crimini di guerra ancora più efferati e sanguinosi. Sinisa nel libro dedica molte pagine al suo rapporto con lui, senza mai giustificare i suoi crimini, anzi condannandoli. Consiglio di leggere bene quelle pagine prima di lasciarsi andare a facili e superficiali giudizi”.

C’è un episodio che dovrebbe far capire alla gente quanto vale come persona, oltre che come allenatore?

“Quello che fece durante il primo conflitto, per tanti serbi che fuggivano dalla Croazia. Decine e decine di profughi trovarono in lui un punto di riferimento. Sinisa ha mantenuto un orfanotrofio di figli di vittime della guerra: tutti parlando di Sinisa amico di Arkan, pochi parlano di questo. Durante la guerra non ha comprato armi o aiutato truppe militari, ma cibo e medicine. Salvando povera gente che dalla guerra è stata travolta”.

C’è un passo o una parte del libro che la emoziona andandola a rileggere?

“Ce ne sono diverse. Questo è un libro molto duro, soprattutto quando si parla della guerra e della leucemia. Quest’ultima storia l’ho vissuta così da vicino che ancora mi emoziona. Le pagine in cui parla del rapporto con il padre sono molto toccanti”.

Sinisa ha detto che sarà felice quando verrà nuovamente chiamato zingaro di m…: questa affermazione quanto racconta di Mihajlovic?

“Racconta il suo modo di essere, ha bisogno di qualcosa che stimoli la sua voglia di combattere. Nel periodo della malattia ha avuto tanto affetto, giustamente; ma nella sua testa vuole sempre affrontare un avversario, non gli piace la vita tranquilla. L’unanimità può far piacere ma anche paura se scaturisce da pena o compassione. A lui piace dividere”.

Come descriveresti Sinisa Mihajlovic in tre aggettivi?

“Vero, coraggioso, onesto”.

L’obiettivo principale del libro?

“Quello di raccontare una vita intensa, mai banale. Sinisa si svela senza filtri, così com’è. E’ un libro con la sua voce, anche dura, io c’ho aggiunto una struttura narrativa. E’ un libro pieno di verità e passione. Di forza e di speranza. Che racconta la vita di un uomo che ha vissuto tante vite e sempre a testa alta”. 

 

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