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Chiacchiere da Bar…bieri – Ducati, così non va!

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ducati.mediahouse.com

“Se non facciamo qualcosa, la Ducati conquisterà i primi sei posti nel Mondiale”. Questa è la dichiarazione a caldo di Aleix Espargarò, alfiere dell’Aprilia, al termine dei primi tre giorni di test MotoGP a Sepang, in Malesia. Piagnisteo preventivo o preoccupazione reale? Difficile dirlo, ma sta di fatto che Aprilia è nella posizione dell’inseguitore e mettere le mani avanti non mi sembra una prerogativa di chi ricopre quel ruolo. La disamina del maggiore dei due fratelli maggiori rispecchia quanto visto in questo primo antipasto del 2023. La Ducati può essere GP22 o GP23, del team ufficiale o dei team satellite, guidata dal campione del mondo Francesco Bagnaia o dal fratello d’arte Luca Marini, ma il risultato non cambia: è un razzo.

Proprio Marini è stato il più veloce dell’intera sessione, guidando la motocicletta dell’anno scorso, che per lui non ha più segreti. Secondo Bagnaia, con ottanta millesimi di ritardo, Quarto Bastianini, poi Martin quinto, settimo Di Giannantonio, ottavo Marco Bezzecchi, nono Alex Marquez seguito dal fratello Marc. A parte le Aprilia, con Vinales terzo ed Espargarò sesto, gli altri arrancavano, alle prese con i loro progetti dalle basi più o meno solide, ma con i propri evidenti limiti. Parola che, dalle parti di Borgo Panigale, hanno estirpato dal vocabolario, dopo essere stata impressa a fuoco per un decennio sulla pelle e nel cervello di tutti i ducatisti. 

La Desmosedici non è più una moto ostica da guidare: sembra facile e adattabile a tutti i tipi di pilota. Alex Marquez, che è pur sempre un due volte campione del mondo, dopo anni passati ad arrancare sulla Honda non sembrava più essere nemmeno lui. Sono passati dieci e più anni dai tempi in cui quel prototipo sembrava un cavallo pazzo indomabile, ma ora la realtà è diversa. E pazienza se la Federazione decide di bandire dispositivi innovativi, come il variatore di assetto inventato da Gigi Dall’Igna e dai suoi uomini e sacrificato sull’altare della sicurezza e, soprattutto, dei costi. Queste strategie messe in atto dagli altri costruttori non stanno ledendo lo strapotere della casa bolognese, che pare aver sviluppato, negli anni, una moto perfetta, gestibile in egual maniera sia dalla scuderia ufficiale che dai clienti.

In un campionato come la MotoGP, che vive anche grazie ai clienti, Ducati ha fatto centro, riuscendo a mettere chi acquista le loro moto quasi al livello degli ufficiali. Sembra di essere tornati ai tempi del dominio Honda della fine degli anni ’90 e dell’inizio degli anni ’00, ma decuplicato. Di fronte a una Ducati così, ne hanno ben donde gli altri marchi ad essere preoccupati e non solo per i loro team ufficiali. Diventa difficile mantenere i clienti, se la concorrenza è così superiore.

Arriverà il giorno nel quale tutto questo dovrà finire. Arriverà il punto in cui, se Honda, Yamaha, Aprilia e KTM non riusciranno a raggiungere Ducati, la raggiungeranno per forza. Ne va della sopravvivenza del modello di business alla base di questo sport. Non sono Nostradamus, ma se Ducati sparerà qualche colpo a vuoto, ci sarà una sorta di cartello che cercherà di batterla, dal momento che non potrà dominare per sempre. Questo è lo scotto che si troverà a pagare chi è stato troppo migliore rispetto ai suoi competitor.

Quindi, cari ducatisti, godetevi queste annate di dominio, perchè a breve non potrà più essere così. Arriverà un freno a questo dominio tecnico che rimetterà in equilibrio le cose, dando a tutti gli altri la possibilità per lottare seriamente per la vittoria dei titoli mondiali. La varietà di vincitori di gara c’è già, ed è quello che non ci fa allarmare più di tanto. Ma è evidente che a tutte le aziende in griglia questa storia stia cominciando a stare stretta.

Anche se la colpa di questa situazione è solo la loro, incapaci di stare al passo con l’eccellenza della Motor Valley a due ruote, quel Cucciolo diventato belva feroce.

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