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‘A tu per tu’ con… Chiara Stanzani: “Ecco come l’ultima supercar di Lamborghini divenne la Bugatti EB110”

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L’Ingegner Paolo Stanzani è stato uno dei più grandi progettisti di auto che la Motor Valley abbia mai conosciuto, ma non solo. Fu anche dirigente e amministratore delegato, unendo in una sola figura le elevate competenze nell’ingegneria meccanica e le doti nella gestione di un’azienda.

L’Ing. Stanzani nacque a Bologna il 20 luglio 1936 e, dopo essersi laureato nel 1962 in ingegneria meccanica presso l’Università della sua città natale, venne assunto da Ferruccio Lamborghini nella neonata Automobili Lamborghini SpA come assistente dell’Ingegner Dallara, direttore tecnico dell’azienda. Fu il padre di vetture iconiche come la Miura e la Countach, oltre ad altre vetture storiche della produzione della Casa del Toro come la Espada e la Urraco.

Il cuore di Paolo Stanzani ha smesso di battere nel gennaio del 2017 ma, oltre a una lunga intervista video concessa a Davide Cironi, vero patrimonio per gli amanti della storia dell’auto e dei retroscena sulla nascita di uno dei miti della Motor Valley, l’Ing. ha lasciato alla famiglia tutto il suo ricco archivio personale e le sue agende personali.

La figlia Chiara sta da mesi consultando e riordinando tutti i documenti del padre e si è resa disponibile per condividere con noi, in una lunga chiacchierata, alcuni dei dettagli emersi durante questa attività. “Durante il lockdown mi sono decisa a riordinare l’archivio di mio padre, che è molto esteso e non avevo avuto fino a quel momento il coraggio di affrontarlo. Leggendo i suoi appunti e le sue agende,” ci spiega Chiara, “mi si sono rinverditi i ricordi di ciò che raccontava durante le sue esperienze professionali e mi ha permesso di verificare alcuni dettagli che sono stati raccontati negli anni dopo la sua morte. Mio padre teneva tre agende per ogni anno: in una si segnava gli appuntamenti, nella seconda, più grande, appuntava ciò che veniva detto e deciso durante le riunioni importanti mentre la terza era quella che lasciava nel suo ufficio personale. Con tutti questi documenti posso quindi confermare le informazioni in mio possesso e circostanziare ciò che dico”.

 

La chiacchierata con Chiara Stanzani parte dall’inizio della storia professionale dell’Ing. Stanzani, ovvero dagli anni trascorsi a Sant’Agata Bolognese: “Nel 1968 era direttore generale dello stabilimento e anche a capo dell’ufficio tecnico, che poteva contare sul lavoro di una decina di persone. Nel 1972, nove anni dopo la fondazione, Ferruccio Lamborghini cedette la maggioranza dell’Automobili a Georges-Henri Rossetti, con il quale mio padre si trovava molto bene e si frequentavano anche oltre il lavoro. Più tardi Lamborghini uscì definitivamente dall’azienda, vendendo le quote restanti a René Leimer”.

I rapporti tra Paolo Stanzani e questo nuovo socio furono però via via sempre peggiori e i fondi scarseggiavano, nonostante le promesse. “Inoltre Leimer,” continua la Stanzani, “attribuiva le colpe dei rallentamenti nello sviluppo a mio padre e quindi alla fine del 1974, all’uscita della Countach definitiva, che ebbe una lunga gestazione proprio per i problemi economici, si dimise. In realtà ho scoperto recentemente che le responsabilità dei problemi della Lamborghini non erano di mio padre, come invece diceva Leimer. Ho parlato poco tempo fa con l’Ing. Franco Baraldini, che lo succedette come Direttore Tecnico. Mi disse che, con il passare dei giorni, si rese conto delle ingiuste accuse mosse verso mio padre, che in realtà aveva fatto i miracoli per anni riuscendo a far proseguire le attività aziendali nonostante la mancanza di soldi”.

 

L’Ing. Paolo Stanzani insieme a una delle sue creature più affascinanti, la Lamborghini Countach (credits e copyright: driveexperience.it)

 

Chiuso il capitolo Automobili Lamborghini, l’Ing. Stanzani si occupò di altri progetti, tra i quali quello della Diga di Ridracoli, che sorge in provincia di Forlì-Cesena.

Successivamente divenne per qualche tempo divenne amministratore delegato di Cebora, un’azienda del bolognese, mentre nel ’78 creò un suo studio di consulenza per l’ingegneria e l’economia aziendale, che sorgeva a Bologna sul Colle dell’Osservanza e che è poi diventato il Gruppo PRO, che si è specializzato man mano anche nel campo dell’IT e dei software gestionali, lavorandoci fino alla vendita del Gruppo”.

L’apporto dell’Ingegnere alla Motor Valley non terminò con quanto fatto a Sant’Agata Bolognese. Negli anni ottanta, come raccontato nell’intervista rilasciata a Cironi, ci fu il tentativo di Ferruccio Lamborghini di rientrare nel mondo delle automobili, appoggiandosi all’Ingegnere che gli aveva dato tante soddisfazioni negli anni precedenti.

Nel novembre del 1984 Ferruccio e mio padre”, continua Chiara Stanzani, “andarono al Salone di Torino per iniziare a guardarsi intorno e cercare forze fresche e risorse economiche per questo progetto. Subito fu della partita anche Bertone, mentre l’anno successivo entrò nel gruppo di lavoro Romano Artioli, che avrebbe avuto il ruolo di investitore. Subito uscì Bertone per incompatibilità con lo stesso Artioli e per via del conflitto di interessi che vedeva protagonista l’imprenditore bolzanino (sebbene mantovano di nascita): egli infatti gestiva uno dei più grandi concessionari Ferrari al mondo e ciò non lo mise sotto una buona luce agli occhi di Bertone. Artioli venne presentato a mio padre e a Ferruccio Lamborghini dall’Ing. Baraldini, che all’epoca era direttore di Autoexpo, l’azienda di Artioli importatrice italiana per Suzuki. Come mi raccontò lo stesso Baraldini,” prosegue la figlia dell’Ing. Stanzani, “Artioli era però innamorato del marchio Bugatti. Probabilmente questo amore si rafforzò dopo aver conosciuto in Francia l’ultimo discendente di Ettore Bugatti e, da questo incontro, venne a conoscenza della possibilità di rilevare il marchio dell’azienda, all’epoca in mano ad una matrioska di imprese controllate dallo Stato francese.”

Da quel momento l’idea di Artioli fu solamente quella di far rinascere il marchio Bugatti. Inizialmente sia Ferruccio Lamborghini che Paolo Stanzani furono in disaccordo ma, mentre Lamborghini si defilò per ovvi motivi, l’Ingegnere bolognese si appassionò al progetto Bugatti.

Ferruccio non poteva accettare di far parte di un progetto che avrebbe portato in auge un marchio altrui. Uno dei nomi inizialmente papabili era quello di FLC, che stava per “Ferruccio Lamborghini Cento” e questo appunto che ho trovato nell’agenda di mio padre ha trovato riscontro anche in un confronto che ho avuto con Tonino Lamborghini. Man mano che il progetto andò avanti Lamborghini si disinteressò gradualmente, poco entusiasta di produrre vetture a marchio Bugatti. Mio padre nel frattempo andrò avanti con due vie, dal momento che aveva molto interesse nel tornare a lavorare con Lamborghini, e nel 1986 cominciò la progettazione del motore. Per fare questo collaborò anche con lo studio Tecnostile di Modena, fatto da tre soci che lavorarono in passato in Automobili Lamborghini e che furono coinvolti anche nella progettazione della Cizeta Moroder. Maurizio Reggiani, all’epoca neoassunto all’interno di Tecnostile, mi disse che Ferruccio Lamborghini in persona fece inizialmente visita allo studio per verificare l’avanzamento lavori di questo nuovo progetto”.

Contemporaneamente infatti, l’acquisto del marchio Bugatti si rivelò più difficoltoso del previsto e la questione fu sbloccata proprio dall’Ing. Stanzani, il quale mise infatti in contatto Artioli con Jean-Marc Borel, giornalista che scrisse diversi libri sulla Lamborghini e che sbloccò la situazione grazie a una presentazione accurata che mostrò al Governo francese e al Ministro dell’Industria. “Successivamente,” prosegue Chiara Stanzani, “Ferruccio Lamborghini si disinteressò definitivamente dal progetto, non in linea con la visione di Artioli. Il progetto Bugatti comunque andò avanti. Ho trovato un appunto di mio padre, che trova altri riscontri, dove si può capire che il presidente sarebbe dovuto essere Michel Bugatti, figlio di Ettore. Quel ruolo, inizialmente promessogli da Artioli, non gli fu assegnato, nonostante i tentativi di mio padre e di Borel di far cambiare idea ad Artioli”.

Al tempo stesso cominciò la progettazione e la costruzione dello stabilimento di Campogalliano, disegnato dall’Architetto Giampaolo Benedini, cugino di Romano Artioli, che segnò i primi contrasti tra l’Ingegner Stanzani e Artioli. “Mio padre intendeva fare come fece Lamborghini, costruendo lo stabilimento man mano, senza strafare, dato che nei primi tempi non c’era un prodotto da vendere per coprire gli investimenti. La sua idea era anche quella di vendere i primi prototipi ai clienti, coinvolgendoli e facendo fare loro da collaudatori, al fine di raccogliere fondi per far avanzare il business. Al momento della fondazione ufficiale della Bugatti Automobili, nell’ottobre 1987, mio padre entrò in società con il 35%, mentre il restante 65% era in mano alla Bugatti International, società di Artioli con sede a Lussemburgo che era proprietaria del marchio.”

Una porzione del maestoso quartier generale della Bugatti Automobili a Campogalliano (credits: petrolicious.com, copyright: Markus Haub/Garage X)

 

Tra gli accordi tra le parti era previsto che nei primi tre anni, in caso di aumenti di capitale, se Stanzani non avesse sottoscritto le quote necessarie per poter conservare il suo 35%, avrebbe avuto la possibilità di acquistarle da Bugatti International pagandole al valore nominale. “Questo gli garantiva di abbassare il suo rischio imprenditoriale. Per i primi anni mio padre lavorò bene con Artioli, che si occupò solamente dello stabilimento ma non mise bocca sul progetto dell’automobile. Nel 1988, se non erro, la Ferrari scoprì il progetto di Artioli e rescisse l’accordo che aveva per le concessionarie. Da lì entrò sempre di più all’interno del progetto, cercando di mettere del suo anche nella progettazione del mezzo meccanico, la nascente EB 110. Le tensioni erano crescenti e mio padre cercò di arginare la voglia di maestosità di Artioli, che voleva nel frattempo costruire anche una foresteria di lusso per sé stesso e per i suoi ospiti, facendo entrare un terzo socio. Aveva individuato allo scopo Mandelli di Piacenza, fornitore della catena di montaggio, ma non riuscì nell’intento. Il bilancio della società era naturalmente negativo, avendo al momento prodotto solamente i prototipi dell’auto, ma il passivo eccedeva rispetto al business plan previsto da mio padre. Successivamente mio padre scrisse a Bugatti International esprimendo la sua volontà di avvalersi del diritto di rientrare in possesso del suo 35%, come reso possibile dagli accordi presi inizialmente, ma anche in questo caso gli venne negato questo diritto. Fino a quel momento lui fu amministratore unico dell’azienda, mentre nel maggio del venne creato un CDA, che comprendeva anche Borel e Benedini, e divenne amministratore delegato. Allora mio padre, con un appoggio finanziario esterno, esercitò il suo diritto di acquisire le quote di Bugatti Automobili rimaste inoptate dopo gli aumenti di capitale”. Anche in questo caso il tentativo dell’Ingegner Stanzani non sortì l’effetto sperato, dal momento che “Artioli si oppose in Consiglio di Amministrazione. Con questa mossa sarebbe diventato il maggiore azionista, la sua volontà era quella di riprendere le redini dell’azienda evitando che Artioli distruggesse quello che aveva costruito in quattro anni di lavoro”.

 

 Uno dei primi prototipi della Bugatti EB 110, del quale si nota la mano di Marcello Gandini, al quale l’Ing. Paolo Stanzani dedicò anni di lavoro (credits: infullgear.com, copyright: unknown)

 

Dopo questi episodi però, nel luglio dello stesso anno, il Consiglio di Amministrazione di Bugatti Automobili revocò la delega a Paolo Stanzani, che rimase socio ma uscì dall’azienda. “A quel punto Artioli riuscì in ciò che voleva, ovvero modificare a suo piacimento il progetto della EB 110. Il telaio diventò in carbonio, mentre originariamente sarebbe dovuto essere in alluminio al fine di contenere i costi. Inoltre anche la carrozzeria fu leggermente modificata, ma nel complesso il progetto definitivo non cambiò di molto quanto deliberato nei prototipi”. Pur fuori dall’azienda come lavoratore effettivo, Stanzani continuò formalmente a far parte della Bugatti come socio di minoranza. “Dal 1990 in avanti mio padre intentò quattro cause nei confronti di Romano Artioli, compresa una per entrare in possesso del progetto dell’auto che stava progettando, ma gli esiti non furono positivi e si esaurirono con il fallimento dell’azienda nel 1995. Prima di quel momento lui aveva ben presente quali fossero i bilanci della società, molto negativi, e inviava un suo rappresentante ai CDA. Era l’unico che votava contrario”.

Dopo l’uscita dalla Bugatti, l’Ingegner Stanzani entrò nel mondo della Formula 1 come Amministratore Delegato della Scuderia Italia. Fu l’Ingegner Giampaolo Dallara a suggerirlo a Giuseppe Lucchini e divenne suo uomo di fiducia all’interno della scuderia. “Non so perché si racconti di una presunta rivalità tra mio padre e Dallara, in realtà erano in ottimi rapporti, di stima e amicizia. In Scuderia Italia mio padre prese una decisione difficile, che fu quella di abbandonare come telaista la Dallara per passare alla Lola, che stava vincendo tutto negli Stati Uniti. A posteriori, fu una scelta disastrosa. Nel 1994 si concretizzò la fusione con la Minardi, che invece poteva contare su un buon pacchetto tecnico ma con pochi fondi per lo sviluppo. Mio padre diventò vice-presidente e lavorò molto bene con Gian Carlo Minardi. Io stessa ebbi un ruolo, anche nel 1999, come addetta stampa e passai i due anni più bella della mia vita. Lucchini nel 1996 decise di uscire dalla Formula 1 e anche mio padre lo seguì, continuando poi in altre attività, tra le quali quella dello studio di consulenza”.

 

Una rara fotografia dell’Ing. Stanzani insieme a Gian Carlo Minardi, ai tempi della Minardi Scuderia Italia (credits: minardi.it)

 

Attraverso il racconto di Chiara Stanzani siamo riusciti a ricostruire gli anni successivi a quelli passati da suo padre all’interno dell’Automobili Lamborghini, chiudendo in un certo senso il discorso lasciato in sospeso nella lunga intervista dell’Ing. Paolo Stanzani. L’Ingegnere, infatti, non aveva terminato di raccontare l’evoluzione dell’ultima auto di Ferruccio Lamborghini nella EB 110.

L’ha fatto Chiara per lui, con il supporto della preziosa documentazione del padre e dei racconti dei suoi collaboratori dell’epoca, di valore inestimabile per tutti gli appassionati di automobili.

 

L’ultima intervista resa pubblica dell’Ing. Stanzani, nella quale racconta l’ultima supercar mai nata di Ferruccio Lamborghini. Quell’idea non fu altro che l’embrione della EB 110 (copyright driveexperience.it – Davide Cironi)

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