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SILVERSTONE – La storia a quattro ruote

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Formula1.com


18 luglio 2021. Max Verstappen parte in Pole position dopo aver vinto la prima Sprint Qualifying Race della storia della Formula 1. Max e Lewis Hamilton partono carichi come dei leoni e sanno che la gara si potrebbe decidere già nel primo giro. Nasce così uno dei più drammatici duelli della storia recente della F1 che si concluderà alla Hamilton Straight (si, perché dato il suo dominio in questo sport lo hanno omaggiato prima del ritiro) con il contatto tra i due. Prima di parlare del presente, però, bisogna capire il passato di questo circuito, che non avrà il glamour e il fascino mondano di Montecarlo, ma resta l’accademia dei motori: il circuito storico della F1.

GOD SAVE THE KING… AND THE QUEEN. Con la fine delle ostilità belliche in Europa (terminate in Europa nella primavera del 1945), la Royal Air Force britannica decide che l’aeroporto militare di Silverstone può mutare in una pista per le competizioni motoristiche. Siamo nel 1947 e si sta scrivendo, inconsapevolmente, la storia del Motorsport. Nel dopoguerra le prime gare utilizzano le tre piste di decollo, utilizzate durante la guerra dai bombardieri. Le piste vengono collegate con tre curve secche realizzate con balle di paglia. Si genera così un circuito velocissimo che entrerà nei cuori di tante case motoristiche, che decideranno di posizionare il proprio quartier generale nei pressi del circuito inglese.

Ma non dobbiamo meravigliarci se questo posto è così magico e storico. Sin da inizio medioevo entra a tutto gas nella storia della cultura britannica. Nel 1085 Guglielmo il Conquistatore ordinò il censimento delle proprietà del regno: ne venne fuori il Doomesday Book, uno dei libri di culto della letteratura inglese (definita la Divina Commedia britannica) e dentro, ovviamente, è menzionato il villaggio di Silverstone in tutta la sua bellezza.

Siamo nel 1950. La Formula 1 è appena nata e si è deciso che il primo gran premio della storia della competizione si svolgerà tra le curve di Maggots e Becketts. Con Elisabetta che entro due anni sarà regina, a Silverstone nel 1950 si può riconoscere in tribuna un certo re Giorgio VI: “L’unica volta – scrivono le cronache – in cui un monarca regnante è andato a una gara automobilistica in Gran Bretagna. Quel giorno, al primo Gran Premio della storia, manca la Ferrari che non concorda sui premi di partecipazione. Come dire, certe pretese sono ataviche. Si vede invece un giovane Bernie, che di cognome fa Ecclestone, e nella sua vita cambierà la storia della Formula 1.

FARINA E NON SOLO. In quella gara si legge Alfa 158, che realizza il primo “treble” della storia: pole in qualifica, giro veloce, corsa sempre al comando e tripletta finale con Farina, Fagioli e Parnell. Nel 1951, invece, è la prima volta della Ferrari, che non solo partecipa alla corsa, ma ottiene anche il primo successo iridato grazie ad un omone con una testa enorme e delle mani di velluto: José Froilán González. La vittoria dell’argentino inaugura così l’inizio del mito del cavallino proprio ai danni dell’Alfa Romeo. Il primo di una lunga serie per la Rossa, quasi fosse un segno del destino. Per decenni Silverstone diventa così la pista simbolo del panorama automobilistico: pista molto veloce (con il vecchio modello) e curve larghe e veloci, che consentono ai piloti vincitori di diventare leggende di questo sport.

Silverstone, 13 maggio 1950. Dove tutto iniziò (La Settimana Incom –  YouTube) 

IL LEONE CON IL BAFFO. Un circuito come quello di Silverstone ha significato tanto per le leggende di questo sport come Michael Schumacher, Ayrton Senna, Alain Prost, Nigel Mansell e Lewis Hamilton. Diverse le soddisfazioni ma anche i momenti delicati. Il primo grande Gran Premio della storia recente lo troviamo nel 1987. Dopo una qualifica dominata dalla Williams la gara sembra essere poter essere di due piloti: Nelson Piquet e Nigel Mansell. Ad onor del vero è bene ricordare che le Williams denunciano una superiorità evidente sulle rivali più accreditate, McLaren e Lotus e con un Mansell velocissimo, azzardoso, che aggredisce l’asfalto con un’eleganza “british” alla ricerca della vittoria.

La gara, dopo una serie di giri veloci tra Piquet e Mansell. Piquet sembra avere in pugno la gara dato che Mansell è costretto a dover recuperare terreno dopo una sosta ai box per problemi di pressione delle gomme. Mansell torna in pista con un ritardo di poco inferiore ai trenta secondi. Mancano 28 tornate al termine della gara e quel che succede da qui alla bandiera a scacchi è da antologia dell’automobilismo. Con una serie senza senso di giri veloci recupera Nelson. Al 59° giro, in pieno rettilineo, Nigel abbozza un sorpasso a sinistra, Nelson accenna un lieve spostamento e viene infilato inesorabilmente a destra. Alla curva “Stowe” i due portacolori Williams, ormai rivali diretti non più solo per la prova inglese ma anche per la corsa al titolo mondiale, sono fianco-a-fianco, l’uno che spinge per ultimare il sorpasso, l’altro che accenna la resistenza. Ma Mansell è più veloce, il coraggio è in effetti degno del leone indomabile e prende il largo, vincendo la corsa.

Mansell nel 1987 esaltò il pubblico di casa con uno spettacolare sorpasso vincente ai danni del compagno e rivale Piquet (KC’s Motorsport Blog – Sconosciuto)

SCHUMI: IL BENE E IL MALE. Non solo prodezze ma anche scenari impensabili. Come nel 1994, l’anno del primo titolo iridato per il sette volte campione del mondo Michael Schumacher. Per due volte il tedesco sorpassò Damon Hill nel giro di riscaldamento, rimediando cinque secondi di stop-and-go per condotta antisportiva. Si rifiuta, alla sua maniera, di scontare la penalità e per questo la FIA gli mostra la bandiera nera, che non lo ferma lo stesso. Inevitabile quindi la squalifica per un campione con eccessi di presunzione ma con un talento sfrenato.

Una delle giornate nere di Schumacher, soprattutto per il colore della bandiera che gli venne mostrata. Siamo a Silverstone nel 1994

Nel 1998 invece un trionfo strano, ma leggendario. Un po’ come Michael. A giri dalla fine della gara al tedesco della Ferrari viene inflitto uno Stop&Go di 10 secondi per un sorpasso effettuato in regime di Safety Car. In una gara bagnata come poche, un pit-stop a poche curve dalla fine condannerebbe il pilota tedesco e consegnerebbe la vittoria a Mika Hakkinen. Perciò al muretto box Ferrari si inventano la genialata. Dopo un’attenta valutazione di Ross Brawn decide di fermare Schumi solo all’ultimo giro, facendogli tagliare il traguardo nella pitlane e consegnandogli, di fatto, la vittoria su Hakkinen in un modo a dir poco controverso.

Michael Schumacher fa suo il Gran Premio di Gran Bretagna 1998 scontando una contestatissima penalità ai box

L’anno successivo è invece la Ferrari a non avere freni, ma non in senso lato: in Gran Bretagna la macchina di Schumi è una bara che vola ai 300 all’ora. Verrà ricordato come il più grave incidente in carriera del tedesco, che per colpa di un’avaria dell’impianto frenante della sua Ferrari sfonda dritto dentro le barriere di gomme alla Stowe. Il riscontro in Ospedale dice frattura di tibia e perone della gamba destra: addio al sogno del titolo andato e rientro in pista solo dopo tre mesi (dove al rientro in Malesia, una prova magnifica di Schumi fa capire le qualità del fenomeno tedesco).

OGGI: FERRARI, VETTEL E RE LEWIS. Dopo la dittatura ferrarista degli anni 2000 e il Gran Premio 2008, che passa alla storia per essere il primo assaggio di Re Lewis a Silverstone (doppiando anche sé stesso a momenti), si arriva al secondo decennio del 2000 con un protagonista imprevisto: la Red Bull. Siamo nella nuova generazione della F1 e le Ferrari faticano ad imporsi nel mondiale, ma grazie alle vittorie di Alonso nel 2011 e di Seb Vettel nel 2018 riescono a portare la Ferrari a “vincere a casa loro”. Si, perché alla fine vincere in Regno Unito vuol dire vincere un derby. Ieri contro la McLaren, oggi contro la Mercedes e Lewis, che da anni fa quello che vuole tra Maggots, Becketts e Stowe. Ma lo fa da fenomeno, perché quando lascia da parte tutto il suo ego da uomo per il sociale, domina 8 volte a Silverstone, vincendo anche su tre gomme. E per farlo, devi essere un dio con le parvenze da uomo. Ritornando all’ultimo Gran Premio di quest’anno si sono viste tante cose che fanno parte della natura storica di Silverstone. Velocità, sorpassi e brividi. Quelli veri del Motorsport. Ognuno poi dirà sempre la sua. E qualcuno sarà team Max e altri team Lewis oppure team Charles. Noi restiamo team spettacolo e Silverstone è e sarà per sempre uno spettacolo per la F1 con le sue curve magiche e il suo tifo da pelle d’oca. GOD SAVE THE MOTORVALLEY.

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