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Tanti punti e qualche scivolone: l’annata tormentata di Pietro Aradori

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Diciamoci la verità, è un po’ l’annata di Pietro Aradori. Nonostante sia il secondo miglior realizzatore della Fortitudo, in cui gioca dal 2019, con 246 punti dietro a Sua Maestà Banks, mattatore della sfida con Brescia, a quota 346, le spine in una stagione che un po’ per tutta la squadra è stata tormentata, non sono mancate e continuano a non latitare. Dopo diverse prestazioni opache, le critiche dei tifosi, e un atteggiamento non sempre consono a quello spirito fortitudino che è la password per entrare dalla parte biancoblù di Bologna, non sono mancate anche due uscite poco felici che con il campo hanno poco a che fare, accadute tra l’altro a breve distanza l’una dall’altra.

Lo scorso 24 marzo è salito alla ribalta il suo gradimento per le parole pubblicate su Facebook dal controverso blogger Cesare Sacchetti. Il quale parlava di “dittatura mondialista”, di un “sistema che gonfia l’emergenza”, e di “persone che si distruggono da sé col vaccino”. Parole forti, e stavolta la diatriba con un altro Sacchetti, ex coach della Effe e responsabile della esclusione di Aradori dalla Nazionale nell’agosto 2019, quando “Meo” aveva preferito Della Valle al suo posto e lui, irritato, non le aveva mandate a dire: “Avete fatto i furbi, vi ho tutti nel mirino. Non dimentico”.

Ebbene, il nostro, quelle parole controverse, le ha condivise in pieno. “Non sono parole mie, ma è esattamente quello che penso”, aveva scritto il cestista sulla sua pagina Facebook. Cose che fanno audience e innescano sempre un dibattito così caldo che se fosse fatto per questioni serie e pratiche come la crisi in cui versa il basket italiano, chissà a quali risultati porterebbe. La libertà di opinione è sacra, anche se è pur vero che parlano proprio tutti, su vasta scala e vari argomenti, anche coloro che non dovrebbero avere voce in capitolo. Ma tralasciando questo particolare, Aradori crediamo avesse tutto il diritto di esprimere la sua idea, e soprattutto sposare quella altrui. Chi scrive, non si sente di condividere, ma tant’è. Certo, sarebbe bene, soprattutto se sei un personaggio in vista, centellinare gli interventi e pesare ogni parola, compito dolente, ce ne rendiamo conto. Ma necessario, soprattutto in un’epoca dove qualsiasi miccia finisce per creare un incendio.

Il secondo “scivolone” è di poche ore fa, e riteniamo sia ben più grave. Sedici persone, tra cui lui, riunite in una foto pubblicata sull’account Instagram di uno dei partecipanti al ritrovo. Intente a trascorrere la Pasqua “all together”, in un locale di Lido di Savio, sulla riviera romagnola, in barba alle norme in vigore. Ora, che siamo di fronte a un’uscita che definire infelice è un eufemismo, non c’è dubbio. Non si capisce perché, con un minimo di sale in zucca, non si possa evitare di incappare in questi equivoci che non mettono in difficoltà solo il giocatore, ma possono irritare il club e soprattutto i tifosi, in una stagione dove l’equilibrio e la serenità generale devono essere alla base per scongiurare una retrocessione. Ma, con tutta l’onestà intellettuale possibile e senza l’intento di alimentare l’incendio, parliamoci chiaro: non potrà mai venir fuori ciò che è successo nelle case degli italiani soprattutto nelle passate festività, e intendiamo pure quelle natalizie. Ma siamo proprio sicuri che chi accusa o chi si dà alla delazione abbia tutte le carte in regola per farlo? Sicuri che, al netto dell’inefficienza della macchina organizzativa e degli intoppi che ancora ostacolano l’uscita del virus dalle nostre vite, tutti si possano sentire in dovere di non guardarsi dentro (la propria casa) e puntare il dito ancora una volta, sport nazionale per eccellenza? 

Siamo nell’epoca della “indignazione”, del “j’accuse” e dell’immediatezza. Di tutto: di giudicare, di pubblicare, di puntare il dito. Tutto, subito. Semaforo rosso per Aradori, più per il secondo episodio che per il primo. Ma le regole valgono per tutti, anche per coloro che non sono sotto i riflettori. Il futuro di Aradori in Fortitudo dipenderà soprattutto dalle ultime prove, e magari anche da queste cose extra campo che restano tra il giocatore e la società. Sperando che finalmente, intanto, si torni a parlare solo di pallacanestro.

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