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Virtus – 7 aprile 1976: quarant’anni fa lo scudetto numero sette – 7 apr
Quarant’anni dopo, oggi. Era il 7 aprile 1976, quando la Virtus vinceva al palasport di piazza Azzarita la partita di poule-scudetto contro la Snaidero. Un netto 94-68 che assicurò alla truppa bianconera un vantaggio di 4 punti sulla Mobilgirgi Varese, battuta anch’essa nel turno precedente, a domicilio. Così, a una giornata dalla fine (mancava soltanto la sfida casalinga con Cantù, che sarebbe andata in scena l’11 aprile), la V nera si assicurò la matematica certezza di essere tornata sul trono della pallacanestro italiana.
La storia, che quasi sempre manda avanti i numeri a raccontare sé stessa, dice che quel 7 aprile lo scudetto diventò certezza. Ma non c’è dubbio che il momento più importante di quel girone finale fosse arrivato tre giorni prima, con la vittoria nell’inespugnabile Masnago contro la Mobilgirgi di Sandro Gamba, che aveva appena conquistato il titolo di campione d’Europa a Ginevra . Risultato finale, 82-75 per Driscoll e soci, in quella partita destinata a entrare nella storia bianconera.
La Mobilgirgi aveva dominato la stagione regolare, forte della conferma di Morse, convinto dalla società a tornare dopo che nell’estate aveva già in pratica deciso di restarsene definitivamente negli States, e le certezze che un gruppo di italiani come Meneghin, Ossola, Iellini, Gualco, Bisson, Zanatta assicuravano. Ma nella poule-scudetto la cavalcata bianconera fu inarrestabile: 13 successi consecutivi, e quello pesantissimo a Varese, contro i freschi campioni d’Europa, che aprì la strada al trionfo.
L’impresa della V nera riuscì con Dan Peterson al timone, che trovò la perfetta quadratura del cerchio alla sua terza stagione bianconera: prima erano arrivate la Coppa Italia del ’74 con John Fultz protagonista, la stagione ’75 del gioiello McMillen, ora finalmente era il momento dell’equilibrio degno di una corsa tricolore, portato da Terry Driscoll e in cabina di regìa da Charlie Caglieris. L’alchimia giusta, quella che ogni coach insegue e ricerca, in un gruppo che poteva contare sull’esperienza di Gigi Serafini e Gianni Bertolotti, il capitano, sulla carica di gioventù di Marco Bonamico, sulla tenacia di Massimo Antonelli, Aldo Tommasini, Piero Valenti, Mario Martini, sulla fedele applicazione quotidiana di Massimo Sacco.
Andò in crescendo dopo una partenza faticosa, quella squadra, chiudendo al terzo posto la stagione regolare. Fu perfetta nella poule finale che assegnava il tricolore, come detto con 13 successi consecutivi, culminati nella vera e propria impresa di Varese. Una stagione ad alta quota anche in Europa, dove la squadra di Peterson (coadiuvato dal vice John McMillen, tesserato anche come secondo straniero di Coppa) si fermò alle semifinali di Korac.
Uno scudetto atteso. Vent’anni esatti. Dai tempi della Sala Borsa. Fu il coronamento della ricostruzione voluta da Gigi Porelli, che aveva affidato la presidenza a Fiero Gandolfi, scomparso nel maggio 2015, e chiuso uno storico contratto di sponsorizzazione con Sinudyne, l’azienda di Ozzano Emilia di Bruno Berti e Antonio Longhi che sarebbe rimasta sulle maglie della Virtus per dieci lunghe stagioni, conquistando tre scudetti.
La squadra campione: Bertolotti (capitano), Antonelli, Bonamico, Caglieris, Driscoll, Martini, Sacco, Serafini, Tommasini, Valenti, Baraldi, Frabboni, Generali. Allenatore: Dan Peterson. Vice: John Mc Millen (anche straniero di Korac).
Realizzatori: Bertolotti 826 punti; Driscoll 662, Serafini 484, Antonelli 458, Caglieris 358, Bonamico 177, Valenti 57, Martini 56, Tommasini 43, Sacco 37.
Nella foto, la Sinudyne campione d’Italia 1975-1976.
In piedi da sinistra Marco Facchini (fisioterapista), Gianni Bertolotti, Aldo Tommasini, Gigi Serafini, Mario Martini, Terry Driscoll, Marco Bonamico, John McMillen (viceallenatore), Dan Peterson (allenatore). Accosciati da sinistra Giorgio Moro (preparatore atletico), Carlo Caglieris, Piero Valenti, Pietro Generali, Massimo Antonelli, Massimo Sacco, Stefano Frabboni.
Ufficio stampa Virtus Pallacanestro
Foto: Virtus.it
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