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Virtus Bologna

L’affascinante storia della Virtus Pallacanestro. Terza puntata.

Il complesso del Ravone voluto dal Presidente della Virtus Alberto Buriani. Il mito di Giorgio Neri.

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Virtus Pallacanestro Terza puntata. Veduta aerea del complesso di Ravone negli anni '20
Veduta aerea del complesso di Ravone negli anni '20 (Foto Virtuspedia)

Quello di Firenze è un primo vagito della Sezione Pallacanestro della Virtus, che ancora non si può dire costituita, ma passeranno pochi anni per vederla nascere. Il Campo di Villa Maccaferri fu presto abbandonato, quel campo che la Virtus aveva ereditato fondendosi nel 1920 con il Gruppo Sportivo Bolognese. Da quella fusione la Virtus trasse un altro grande vantaggio, Alberto Buriani, che del Gruppo Sportivo era presidente e lo divenne della Virtus dal 1920 alla sua morte, avvenuta nel 1945.

Il complesso del Ravone

Buriani nel 1919 aveva acquistato un terreno tra via Saragozza e via Andrea Costa e lì nacque il complesso del Ravone ancora oggi sede della Virtus Tennis e dell’archivio SEF di tutte le sezioni. L’inaugurazione solenne avvenne il 18 settembre 1921. Buriani istituì anche le tessere, quella numero uno andò a Giorgio Neri, che allora aveva otto anni. Diventerà il Capitano per antonomasia. Lo fu della squadra di Davis e fu anche presidente della Federtennis e gli fu conferita la stella d’oro del Coni. Soprattutto portò alla Virtus tanti tennisti reclutati in giro per l’Italia, uno su tutti Paolo Bertolucci che raccontò: “Ci allenavamo tutti i giorni sui campi della Virtus sotto la direzione del maestro Lele Spisani. Ricordo bene che la prima persona che incontrai nella sede della Virtus fu un uomo alto e robusto come un armadio. Era Dado Lombardi, un cestista che ha fatto epoca. Mi chiedevo il perché a Bologna gli uomini fossero tutti alti. Lombardi mi portava a vedere gli allenamenti del basket. Quei giganti che infiammavano il palasport colpivano la mia fantasia di bambino. Da quel momento sono diventato tifoso della Virtus che seguo sempre con grande simpatia”.

Il mito di Giorgio Neri

Un giorno Giorgio Neri si fermò a prendere un caffè a Pievepelago. Gli dissero che quello era il paese meno ventoso e meno piovoso d’Italia. Allora lui fermò la macchina e chiese un colloquio al sindaco e gli prospettò un’idea: creare lì un centro federale, per giovani che volessero passare la vacanza imparando il tennis. E già progettava campi, alberghi, sicché il sindaco chiese scusa per assentarsi un momento e telefonò a Bologna per informarsi se quel Giorgio Neri fosse un matto. “Non ci risulta, gli risposero, anche se ha una clinica per disturbi mentali, Villa Baruzziana”. E la scuola tennis di Pievepelago divenne famosa.

Responsabile del settore giovanile del Bologna calcio, fornì cinque titolari alla formazione dell’ultimo scudetto: Furlanis, Tumburus, Pascutti, Capra e Bulgarelli. Più tardi scoprì un ragazzino che si chiamava Eraldo Pecci. Prima, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, in un periodo critico fu per due volte commissario straordinario della sezione pallacanestro.

Fine anni venti, il Bologna calcio sta diventando da grande a grandissimo, ha vinto lo scudetto del 1925 e del 1929 con Martelli, Muzzioli, solo il primo con Innocenti e Giordani, quest’ultimo deceduto poi nel 1927. Muzzioli segnò addirittura il gol decisivo nello spareggio contro il Torino del 1929. Erano tutti atleti provenienti dalla Virtus calcio che nel frattempo si era sciolta, non potendo sopportare l’onta di un sospetto illecito organizzato dai propri giocatori.

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