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VIRTUS: Messina ricorda la Coppa delle Coppe – 13 Mar

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Oggi, 13 marzo, sono passati esattamente 25 anni da quando la Virtus alzò al cielo, sul parquet di Firenze, quella Coppa delle Coppe contro il Real Madrid. L’allenatore di quella impresa era Ettore Messina. Marco Tarozzi lo ha intervistato e noi vi riportiamo l’intervista, presa dal sito ufficiale della Virtus.

 

“Un ricordo tra tutti? Quando abbiamo salito la scaletta che portava al campo e improvvisamente mi sono trovato davanti un muro bianconero. Un’emozione intensa, e ancora oggi vivissima, indelebile”.
A poche ore dalla sfida tra San Antonio e Cleveland, che finirà con la sconfitta di misura degli Spurs (125-128) dopo un supplementare e in fondo a quella che ad oggi è stata forse la più bella partita della stagione Nba, Ettore Messina trova una manciata di minuti, in una giornata frenetica, per aprire il libro dei ricordi e spostare indietro il tempo di un quarto di secolo. A quel 13 marzo 1990, a quella prima vittoria continentale della Virtus, la Coppa delle Coppe. A quel Messina non ancora trentunenne, subito vincente alla prima stagione da capoallenatore della V nera.
“Fu un cammino molto particolare. La Virtus non aveva mai vinto un titolo internazionale, e all’inizio camminammo un po’ sottotraccia, non erano molti quelli che ci davano delle chances”.

Poi la bella vittoria sul Maccabi nel girone eliminatorio, e soprattutto la sfida in semifinale col Paok.
“Vincemmo di venti punti in casa, 77-57, e limitammo i danni in Grecia, 100-94 per loro. Così approdammo alla finale col Real. Che in quella stagione aveva vissuto il dramma della scomparsa di Fernando Martin, ai primi di dicembre, una perdita incommensurabile per tutta la pallacanestro. Ma restava una signora squadra, allenata da un mito come George Karl. Ricordo quando lui in persona venne a vederci a Bologna, era una leggenda della pallacanestro”.

E lei un ragazzo di trent’anni, in qualche modo “costretto” a farsi uomo sul campo…
“Ricordo bene il clima di trepidazione che aleggiava intorno a noi. I cartelli con scritto “Chiuso per Finale” che comparvero sulle serrande di molti negozi in città. Avevamo vinto la Coppa Italia, si giocava a Firenze e questo facilitava l’esodo di massa. C’erano attesa ed entusiasmo. La società aveva invitato diverse “vecchie glorie”, in parterre c’era Lucio Dalla e persino Gigi Maifredi con buona parte del Bologna. Ma tutto questo non contagiò né la squadra né la società. Eravamo tranquilli, consapevoli. Direi anche sanamente ottimisti, pur sapendo che tra il giocare una finale e vincerla passava un oceano…”

Della partita cosa ricorda?
“Poche cose, perché c’ero immerso. Può sembrare un paradosso, ma è così. Ricordo che tutti fecero qualcosa di importante, e che dopo l’infortunio di Roberto nessuno perse serenità. La squadra si affidò a Coldebella, io misi in campo Romboli e tutto funzionò. Sì, la prima parola che mi viene da spendere è proprio questa: serenità. La usammo per affrontare, vivere e gestire nel dopo quella finale”.

Già, il dopo. Una festa infinita.
“Altri ricordi sparsi. La felicità dei nostri tifosi, l’invasione festosa e colorata, la cena a Barberino del Mugello, nel locale di alcuni miei carissimi compagni di scuola, tutti assieme, tutti felici. E il servizio meraviglioso di Luca Corsolini sull’attesa, sull’esodo, sulla partita, sull’epilogo. Bellissime immagini, anche nella memoria”.

A trent’anni, al debutto da head coach, Messina si trovò ad allenare una leggenda come Richardson. Bell’inizio…
“Sugar fu semplicemente straordinario, quell’anno. Fece una stagione memorabile. In quella squadra c’era lui, ma anche uomini come Brunamonti, Gallinari, Binelli, giovani di personalità come Coldebella. Prendo a prestito una frase di Popovich: sono stato fortunato, perché quel gruppo di giocatori mi permise di allenarli. Nel senso che mi accolsero come guida, con le mie capacità e le mie debolezze, con il mio modo di interpretare questo mestiere. Non è mai matematico che questo succeda, loro mi hanno permesso di farlo, e proprio come intendevo. Li ringrazio ancora per questo”.

Venticinque anni dopo, questa è la Granarolo di Giorgio Valli, uno cresciuto alla sua scuola. Sta seguendo la stagione della Virtus?
“Mi informo, leggo, tengo i contatti. Mi sembra che le cose stiamo andando nel verso giusto. Sono contento che Giorgio abbia avuto la fiducia della società per altri due anni, merita di poter lavorare a un progetto con tranquillità e determinazione”.

Già rinnovati tecnico e capitano. Che segnale è?
“Importante. Una scelta “vecchio stile”, diciamo. Che mi piace. Significa gettare le basi per il futuro, credendoci. La Virtus deve ragionare in questo modo”.

 

(Foto: Virtuspedia)

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