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Bologna

7 Giugno 1964 – “Storia RossoBlù dalla nascita fino all’ultimo scudetto” – 6 Apr

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39 – Dopoguerra amaro: primi brividi, retrocessione sfiorata

Sulle macerie, si ricostruisce. Il Bologna ha immolato alla guerra altre giovani vite, come era successo tra il 1915 e il 1918. Come Dino Fiorini, anche Brunelli e Bazzeghin cadono dopo essersi trovati sulla sponda sbagliata, mentre sotto un bombardamento resta il giovane Gaiani, potenziale talento bruciato dal destino. Mario Pagotto detto”Rino”, arrestato dai tedeschi dopo l’armistizio, torna da una lunga prigionia nella quale si è salvato proprio grazie al calcio, “inventando” insieme ad altri italiani il Cernauti, lo squadrone che spopolava nei lager, e guadagnandosi in quel modo quel minimo di qualità della vita, se così si può dire in un ambiente dove tutto è pura sopravvivenza, che gli permette di tornare a casa. Gli stenti patiti non gli permetteranno di tornare il grande difensore che aveva vinto tre scudetti e il Torneo dell’Esposizione a Parigi, ma resterà comunque rossoblù fino al 1948.

Si riparte senza gli uruguagi. Via Puricelli, al Milan in cambio di Gino Cappello, via Andreolo e Sansone, anche se “Faele” resterà fedele al Bologna in altri ruoli. E un anno dopo addio anche a Carletto Reguzzoni, tronato a Busto Arsizio dopo quattordici stagioni rossoblù. Con Popovich al timone il Bologna è fuori dal Campionato Alta Italia 1945-46, e agguanta a maggio, col nuovo tecnico Giuseppe Viola, almeno la Coppa Alta Italia. L’anno dopo un inizio da 13 punti in sette partite, con tanto di record di imbattibilità (663 minuti) del numero uno Glauco Vanz, fanno sognare i tifosi. Ma lo squadrone “che tremare il mondo fa” resta un ricordo, si chiude al quinto posto glorificando l’ungherese Bela Sarosi e prendendo atto della crescita di Dino Ballacci, bolognese “doc”, destinato a diventare uno di quei difensori dalla faccia dura, tutto grinta e coraggio, e ad alimentare storie impareggiabili, come quelle degli agguerriti faccia a faccia con il presidente Dall’Ara ogni volta che si tratta di ridiscutere un contratto.
Nel 1947-48 c’è il ritorno di Felsner, prossimo alle sessanta primavere. Il vecchio maestro resta legato al Metodo, ma il futuro del gioco è nel Sistema che quasi tutti hanno iniziato a sperimentare e adottare. Felsner direttore tecnico e Lelovich allenatore è un’accoppiata che dura poco, ma intanto dall’Ungheria arriva un nuovo talento, Istvan Mike Mayer, per i bolognesi “Stefanone” Mike e basta. Attaccante dal fisico che spaventa, centravanti che rende anche da ala pura, arriva da Budapest. Ha giocato quattro anni nel Ferencvaros e si era appena accasato allo Stade Francais prima di lasciarsi convincere dalle buone argomentazioni del connazionale Lelovich a prendere la strada di Bologna. Resterà fino al 1950, sparando bordate col suo destro micidiale e tenendo alta la testa nelle aree avversarie: 41 reti in 77 partite, media da bomber di razza. Addirittura 21 in 28 partite nel ’48-49. Poi un paio di stagioni in prestito, prima a Lucca e poi a Napoli, e il ritorno in rossoblù per altre due stagioni, fino al ’54.

Ma niente, il Bologna veleggia a quote meno nobili. Ottavo nel ’47-48, quinto l’anno dopo con Tony Cargnelli in panchina (e sarà proprio il tecnico viennese a utilizzare sistematicamente Mike all’ala destra), addirittura quindicesimo, peggior risultato della sua storia, nella stagione 1949-50. Parte male Cargnelli: l’Atalanta alla prima giornata espugna il vecchio Comunale con un clamoroso 2-6. Presto Dall’Ara corre ai ripari: cambio al timone, Pierino Genovesi direttore tecnico e la scelta di abbandonare definitivamente il vecchio Metodo. Il sistemista di turno arriva dall’Inghilterra, si chiama Edmund Crawford, ma l’inizio è fallimentare perché cambiare il gioco con gli stessi uomini non dà frutti. Serve un altro innesto, e arriva dalla Danimarca: Ivan Jensen, ventisette anni, di Copenaghen, laterale sistemista. Cresce Cesarino Cervellati, a diciannove anni già titolare fisso con la maglia numero 7, fa miracoli il portiere Boccardi e il Bologna risale, fino alla salvezza conquistata all’ultima giornata, pareggiando in casa con la Lucchese.
Brutto spavento. “Mai più”, promette a sé stesso e ai bolognesi un Dall’Ara che si confronta con le prime contestazioni della sua gestione. Riparte Craword, che ha firmato la salvezza. Ma la strada per tornare in vetta al calcio italiano sarà ancora lunga.

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