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Bologna

A tu per tu con…Daniele Corazza – 28 nov

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In esclusiva per 1000cuorirossoblu abbiamo intervistato Daniele Corazza, responsabile del settore giovanile del Bfc.

 

Corazza, la prima domanda è sulla Primavera di mister Colucci. Come ne giudica la stagione a quattro gare dal giro di boa?

Nelle prime giornate la squadra ha sicuramente dimostrato di possedere un’identità, che è frutto di un lungo ed intenso lavoro svolto soprattutto durante la preparazione. Ciò le ha anche permesso di togliersi diverse soddisfazione a livello dei risultati.

 

Cosa la colpisce maggiormente di questa squadra?

Ciò che apprezzo di più è la filosofia e la mentalità del gruppo, che è molto unito sebbene non manchi mai una dose di sana concorrenza, cosa normalissima a questi livelli. Diciamo comunque che finora c’è stata una buona rotazione di giocatori, attuata in modo tale che ciascun ragazzo potesse avere la propria occasione.

 

Allargando il raggio d’azione, ci può dire in che modo secondo lei si potrebbe dare maggiore visibilità al settore giovanile?

Io sono convinto che la visibilità la dia il lavoro sul campo, il lavoro di tutti gli allenatori del settore giovanile che devono portare avanti un progetto necessariamente condiviso da tutti. Tutto questo ha diverse conseguenze, come l’aumento del pubblico alle partite e un maggiore interesse da parte dei tifosi. Bisogna, tuttavia, evitare l’errore di dare troppo peso ai risultati, perché quel che realmente conta è la crescita dei ragazzi.

 

In Nazioni come Spagna o Inghilterra le principali società calcistiche iscrivono nelle serie minori una Squadra Riserve nella quale militano le giovani promesse che, in questo modo, possono già entrare in contatto con il mondo del professionismo. Come giudica questo sistema?

La Primavera è una categoria complessa, che racchiude in sé diverse annate. Si va dai tre ’94 che puoi avere in gruppo ai ’95 e ‘96, senza dimenticare la possibilità di avere un fuori quota proveniente dalla Prima Squadra. Già in questo modo si ottiene una sorta di seconda squadra. Certo che se si volesse creare un campionato riserve sul modello di altri Paesi europei personalmente non avrei nulla in contrario, in quanto ciò darebbe di sicuro maggiore visibilità ai giovani.

 

Quali sono i migliori settori giovanili che abbiamo in Italia e che cosa hanno in più degli altri?

I settori giovanili delle grandi squadre hanno budget importanti, un continuo ricambio di giocatori e la possibilità di mettere la mani su un gran numero di stranieri. I vivai, per come li intendo io, dovrebbero avere una priorità: raccogliere un certo numero di giovani interessanti provenienti dalla propria regione. Poi, se capita la possibilità di prendere un talento che viene fuori, ben venga l’investimento, ma per i club sarebbe meglio valorizzare in primis la propria città ed il proprio territorio. Purtroppo, capita sempre più spesso che le società si lascino sfuggire qualche talento locale.

 

Ha anche lei l’impressione che in Italia più che altrove si fatichi a dare fiducia ai giovani?

Il compito del nostro settore giovanile è quello di arrivare ad avere ogni anno quattro o cinque giocatori pronti per il professionismo. Da qui alla Serie A il passo è tutt’altro che breve. Il livello della nostra massima serie è alto e non è affatto facile trovare dei giovani da subito pronti, anche perché in Italia i risultati sono parecchio condizionanti; una squadra la si valuta per i punti che fa, non per quanti ragazzini ha in campo. Secondo me non andrebbero neppure eccessivamente colpevolizzate le società, perché se un giocatore ha qualità, gioca a prescindere dall’età. Dobbiamo pertanto essere più bravi anche noi a formare giovani di livello superiore e -perché no?- magari subito pronti per la Serie A.

 

Come mai da questa stagione si è scelto di disputare le partite casalinghe della Primavera al CS Cavina di Borgo Panigale anziché a San Lazzaro?

Abbiamo voluto cambiare impianto sportivo per cercare di raggruppare il più possibile tutte le squadre giovanili. Giocare sparsi nella provincia non ci faceva sentire in casa, mentre, a mio parere, il Bologna deve giocare a Bologna, in un unico campo. Mi piace considerare il Cavina come un piccolo stadio che è veramente casa nostra.

 

Siamo quasi a dicembre e si avvicinano le festività natalizie. Quando lei si occupava della Scuola Calcio Bfc, di questi tempi vi siete resi protagonisti di una divertente iniziativa indirizzata ai più piccoli. Ce ne può parlare?

Negli ultimi due anni con la Scuola Calcio abbiamo organizzato una festa di Natale molto particolare ed apprezzata: uno spettacolo a teatro in cui hanno recitato gli stessi allenatori, riscuotendo grande successo tra i bambini. Quest’anno la recita non si terrà, ma per la prima volta  faremo un’unica festa a cui parteciperanno tutti, dai bambini di cinque anni della Scuola Calcio ai ragazzi della Primavera. Questo sta a sottolineare l’unità di intenti che caratterizza l’intero nostro settore giovanile, che è gestito tutto allo stesso modo e con la medesima mentalità.

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