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A TU per TU – Intervista esclusiva a Francesco Della Rocca: “L’esordio contro l’Inter, che emozione. Malesani è una persona vera, forse troppo. Senza tanti infortuni…”

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Ha vissuto tutte le fasi con il Bologna, dalle giovanili alla prima squadra. Spesso è stato condizionato dagli infortuni che ne hanno rallentato la carriera, ma Francesco Della Rocca resta comunque uno dei calciatori più amati e apprezzati dai tifosi del Bologna. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo per fare un viaggio attraverso i suoi ricordi, dall’esordio in Serie A fino alla situazione attuale dei rossoblu.

La tua storia con il Bologna iniziò nel 2003, nelle giovanili. Che ricordi hai di quei 2 anni?

“Ho avuto la fortuna di fare tutto il percorso con i rossoblu, dalle giovanili fino alla Serie B e alla Serie A; è stato il coronamento di un sogno, ho dei ricordi bellissimi perché ho trovato dei veri amici, con molti di loro mi sento ancora oggi. Ho avuto anche la fortuna di avere allenatori fantastici, mi hanno insegnato tanto: sono stato molto fortunato e ho davvero ottimi ricordi dei primi anni a Bologna”.

Il salto in prima squadra cosa ha significato per te?

“La ciliegina sulla torta, la consacrazione dal mondo dei piccoli a quello dei grandi. In quel momento capii che per me, il calcio, finalmente era diventato un vero e proprio lavoro. Tutto ciò è successo con il Bologna e non potevo chiedere di più, perché in rossoblu sono stato sin da bambino e poter esordire con quella maglia è stato fantastico”.

La tua migliore stagione in rossoblu l’hai trascorsa nel 2010/2011.

“Quell’annata lì fu importante, ho dei ricordi straordinari. Facemmo un ottimo campionato, questo perché avevamo costruito non una semplice squadra ma una famiglia. Ho diverse partite nel cuore, come la storica vittoria contro la Juventus; è stato l’anno del mio esordio in Serie A, ho esordito contro l’Inter e fu una sensazione bellissima perché lo stadio era pieno, quel giorno lì fu magico”.

Hai avuto compagni come Di Vaio, Perez; com’era il tuo rapporto con loro dentro e fuori dal campo?

“Oltre che due compagni di squadra straordinari, loro due sono stati due ottimi esempi e tutt’ora sono dei miei grandi amici. Spesso ci sentiamo, usciamo con le famiglie ricordando vecchi tempi. Il Bologna è fortunato ad avere nello staff persone come Di Vaio che, come Mudingay, è un ottimo professionista”.

In quella stagione hai avuto Malesani come allenatore: che tipo di mister è stato per te?

“E’ stato il mister per eccellenza, ha sempre creduto in me e mi ha fatto esordire in A. Ero un po’ il suo pallino, infatti quell’anno lì ho fatto il mio miglior campionato anche per la fiducia che Malesani ha sempre riposto in me. Lui era un allenatore poco convenzionale, aveva le sue stranezze ma era una persona vera ed era preparatissimo professionalmente. Forse era un po’ troppo vera, ma gente così non si trova spesso in giro”.

Senza diversi infortuni credi che la tua carriera avrebbe potuto prendere un’altra strada?

“Gli infortuni hanno condizionato tutta la mia carriera: ho iniziato a infortunarmi quando avevo 15 anni, e quei primi stop me li sono portati avanti con il tempo. Quando ti infortuni da giovane è dura, perché è difficile recuperare completamente. L’infortunio che ho avuto a Bologna nell’anno della retrocessione è stato il peggiore: sono stato fermo un anno, poi sono tornato facendo qualche buona stagione in B ma ormai non ero più come prima. A 32 anni ho dovuto abbandonare, ma era già un paio di anni che non stavo bene. Mi è mancata la continuità, altrimenti avrei potuto fare una carriera diversa”.

Dal tuo allenatore, Malesani, a quello attuale, Mihajlovic. Quanto è forte il legame tra il serbo e il Bologna?

“Sinisa ha dimostrato di essere un uomo con la U maiuscola. Il Bologna ha una fortuna incredibile ad avere un allenatore così; la stagione terminata qualche settimana fa l’ho vissuta a Casteldebole, all’inizio lui era assente ma, fidati, era come se ci fosse. Un grande merito anche allo staff di Mihajlovic, perché senza di loro le cose sarebbero state diverse”. 

Oggi ti rivedi in qualche calciatore rossoblu?

“Mi piacciono molto Svanberg e Schouten: per qualità e visione di gioco sono davvero forti. Svanberg deve ancora trovare una collocazione tattica ben precisa, quando la troverà potrà fare benissimo. Schouten, invece, ha dimostrato di avere grandi qualità di palleggio, una certa corsa e una visione di gioco importante. Sono il futuro del Bologna”.

Hai qualche obiettivo per il futuro o sogno nel cassetto?

“L’anno scorso sono stato collaboratore tecnico dell’Under 15 del Bologna, quindi ho iniziato ad allenare e a vivere questo nuovo mondo. Ora sto facendo il direttore tecnico di una scuola calcio, per il futuro vedremo. Spero di essere un po’ più fortunato rispetto a quanto ho avuto da calciatore, anche se comunque non posso lamentarmi perché sono stato bravo e fortunato ad arrivare in Serie A. Questi primi anni mi servono per fare esperienza, poi dovrò capire bene la strada da prendere”.

 

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