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Bologna, il romanticismo di chi gioca per qualcosa che supera il campo

Emanuele Atturo racconta il legame profondo tra calcio, provincia e appartenenza: un filo che unisce bomber, tifosi e comunità.

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Stadio Dall'Ara, Bologna (© Damiano Fiorentini) Fort Dall'Ara
Stadio Dall'Ara, Bologna (© Damiano Fiorentini)

Dalle emozioni dei campi di provincia alla dimensione europea del Bologna oggi, Emanuele Atturo analizza come l’identità di un club e di una città plasmi i suoi giocatori. Tra nostalgia, ambizioni e gesti simbolici come le lacrime di Pessina, emerge un calcio che è prima di tutto relazione. E sotto questa luce, il Bologna diventa un esempio perfetto. 

Ogni domenica, in un qualsiasi campo di provincia, basta un rimbalzo strano del pallone per trasformare la giornata del pubblico in qualcosa di memorabile: un gol splendido come quelli descritti da Nick Hornby, oppure un episodio buffo capace comunque di restare. È questo il calcio, la sua magia sottile, la sua essenza popolare. Simile a quella dei giocatori diventati eroi locali, persone che nella propria comunità sono ricordate per un’esultanza, un duello, una sfida superata.

Il mito del bomber secondo Atturo

Nel suo libro “Il mito del bomber di provincia”, Emanuele Atturo (Direttore Responsabile di Ultimo Uomo), ripercorre proprio il fascino di questi personaggi: calciatori degli anni ’90 che sembravano partire dal nulla e che sono diventati simboli come Hubner o Riganò. Personaggi capaci di trasformare la provincia in un sentimento condiviso, perché per Atturo la provincia è soprattutto un luogo di passione e vicinanza, dove il calcio restituisce un senso di appartenenza più forte di qualsiasi risultato.

Chi è davvero un bomber di provincia?

Atturo spiega che il bomber di provincia non è definito solo dai gol, ma dal modo in cui la sua storia personale si intreccia con quella della comunità che rappresenta. È un giocatore che incarna un certo tipo di calcio, legato alla quotidianità delle persone e alla vita del territorio. Partendo da questa idea, ad Atturo viene chiesto se una figura come Orsolini possa essere considerata bomber di provincia: “Da un lato no, Bologna gioca in Europa, è un progetto ambizioso di cui Orsolini è rappresentante nobile di cui si riconosce il talento da quando era giovane, non può essere considerato un incompiuto alla Flachi. Ma rientra nella categoria per il legame viscerale coi tifosi, la città, il giocare non solo per sé e la squadra ma per far felice una comunità. Lo si vede da come vive le partite e il post, cosa significa per lui giocare a Bologna“.

Stadio Dall'Ara, Bologna (© Damiano Fiorentini) Fort Dall'Ara

Stadio Dall’Ara, Bologna (© Damiano Fiorentini)

La scelta di restare e il valore del legame con la città

Di Vaio è passato dalla Juventus e dalla Nazionale, ma ha trovato il suo posto felice a Bologna ed è rimasto. Anche Palacio, a suo tempo, aveva raccontato che quando inizi davvero a comprendere cosa significhi giocare in questa città diventa difficile non sentirsi parte di qualcosa di più grande, quasi un legame identitario.

Una squadra che sembra d’altri tempi

Bologna-Napoli 2-0, ora i rossoblù sono quinti (©Bologna FC 1909)

I rossoblù festeggiano la vittoria casalinga contro il Napoli davanti alla propria curva (©Bologna FC 1909)

Il Bologna secondo Atturo, dà l’impressione di provenire da un’altra epoca calcistica: da un periodo più rozzo e genuino, lontano dall’iper-professionalizzazione di oggi. In questo gruppo si ritrova la gioia romantica del giocare insieme per la propria città, inseguendo traguardi più grandi di ciascuno di loro. È una squadra che sembra vivere una missione, che si nutre di ogni minuto passato in campo.

Le immagini di Pessina in lacrime, portato in trionfo dai compagni, raccontano una felicità contagiosa, il senso autentico del vivere il pallone. Ricordano che il calcio è più di uno sport: è un linguaggio emotivo e condiviso.

Negli ultimi anni il calcio ha vissuto una forte espansione economica, spesso sulle spalle dei tifosi, trasformati quasi in semplici consumatori. Eppure esiste ancora una resistenza genuina, fatta di chi continua a vivere il pallone come passione comunitaria, sociale, identitaria, che va oltre la partita.

Il Bologna ne è l’esempio perfetto.

 

Fonte: Repubblica, Luca Bortolotti

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