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Bologna FCEuropa League

Bologna da applausi, fermato solo dall’arbitro

Una serata di calcio, cuore e ingiustizie: i rossoblù brillano nonostante tutto.

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Bologna-Brann
Bologna-Brann (© 1000 Cuori Rossoblù)

Un Bologna così meriterebbe solo applausi: grinta, ritmo, mentalità da grande squadra. I rossoblù hanno dominato per settanta minuti, spinti da uno spirito quasi “vichingo”, e non hanno mai smesso di crederci, nemmeno quando il vento – o meglio, l’arbitro – ha soffiato contro. La partita sembrava segnata a loro favore, finché la decisione discutibile di espellere Lykogiannis dopo appena 23 minuti, non ha cambiato tutto.

Un rosso che cambia tutto

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Un’espulsione inventata, o comunque eccessiva, ha ribaltato l’andamento della gara. Il Bologna, che fino a quel momento stava dominando, si è ritrovato costretto a reinventarsi. Come reagire quando ti viene tolta la possibilità di giocartela ad armi pari?

Da squadra in controllo, è diventata una formazione di resistenza: compatta, coraggiosa, mai disposta a cedere. E il pubblico del Dall’Ara, infuocato come sempre, non ha mai smesso di crederci.

Bologna-Brann: lo show (negativo) dell’arbitro

La curva ha continuato a cantare, a fare spettacolo, mentre in campo la vera protagonista – in negativo – era la giacchetta nera. L’arbitro tedesco Schlager ha perso completamente la bussola: un rosso assurdo a Lykogiannis, poi un’ammonizione incomprensibile a Miranda, e nel mezzo una gestione confusa, piena di contraddizioni.

Possibile che un arbitro di quel livello si lasci condizionare così tanto da un episodio? Difficile spiegarlo. Fatto sta che il Bologna si è ritrovato a dover lottare non solo contro il Brann, ma anche contro le decisioni arbitrali.

In dieci, ma con il cuore di undici

Eppure, dal rientro dopo l’intervallo, la squadra di Italiano ha mostrato tutto il suo carattere. In dieci uomini, ha comandato il gioco come se nulla fosse, con coraggio e determinazione. Il Brann, spaventato, si è chiuso a riccio, perdendo il ritmo.

Italiano non ha sentito il bisogno di fare cambi fino al 75′. E questo non è forse il segno più chiaro della fiducia nei suoi uomini?

Lucumí monumentale, Bernardeschi ispirato

Jhon Lucumì (© Damiano Fiorentini)

Jhon Lucumì (© Damiano Fiorentini)

Lucumí ha disputato una partita colossale, guidando la difesa con autorità e lucidità. Bernardeschi ha alternato eleganza e grinta, creando spesso scompiglio nella retroguardia scandinava. Anche Orsolini, pur senza trovare la giocata risolutiva, ha messo in difficoltà gli avversari con dribbling e accelerazioni.

E non è forse questo lo spirito che serve nelle serate complicate?

Centrocampo tra solidità e nostalgia

L’assenza di Freuler si è sentita, ma il centrocampo ha retto. Ferguson ha preso in mano la squadra, mentre Moro ha faticato di più a trovare ritmo e tempi giusti. Lewis, sempre preciso e affidabile, ha mostrato ordine e visione, anche se a tratti è mancato quel guizzo, quella giocata imprevedibile che un tempo sapeva spaccare le partite.

Un finale amaro ma pieno d’orgoglio

Alla fine resta una sensazione chiara: il Bologna avrebbe meritato di più. Ha giocato meglio, ha mostrato identità e coraggio, e ha saputo emozionare anche in inferiorità numerica. Solo l’arbitro è riuscito a rovinare una serata che, senza il suo intervento discutibile, avrebbe potuto chiudersi con un applauso ancora più grande.

Ma si sa: quando giochi così, il risultato conta fino a un certo punto. Quello che resta, davvero, è l’orgoglio.

 

Fonte: Repubblica, Emilio Marrese

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