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Bologna FC, Mihajlovic si racconta: “La malattia? In fondo non ho mai avuto dubbi, sapevo che ce l’avrei fatta”

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Siniša Mihajlović continua a raccontarsi. Dopo il libro, presentato di recente: La partita della vita, scritto insieme al giornalista della Gazzetta dello Sport Andrea Di Caro, il tecnico rossoblù ha parlo di fronte alle telecamere. Una lunga intervista rilasciata ad Alessandro Alciato per Sky Sport, dove Sinisa ha raccontato diversi aspetti del periodo della malattia.

LE LACRIME – Miha ha voluto mettersi completamente a nudo di fronte alla telecamera. Raccontare alcuni risvolti privati della vicenda che lo ha visto sconfiggere la malattia lo scorso autunno. Sinisa si è aperto e ha raccontato anche le sue fragilità, una volta nascoste dietro la figura dell’uomo duro, ora alla luce del sole attraverso questo periodo duro e inquieto: “Quando passi quello che ho passato io, poi ti godi tutto al massimo – ha detto il tecnico parlando della vita in generale – Sono nato due volte, la prima il 20 febbraio 1969, la seconda il 29 ottobre 2019, a 50 anni di distanza”.
Miha è andato nel profondo, nel privato del suo periodo di convivenza con la malattia: “Con questa malattia ho imparato a tirare fuori le emozioni, ho imparato a piangere e non mi vergogno di farlo: nessuno deve vergognarsi di farlo. Prima tenevo tutto dentro, poi ho capito che piangere è una cosa positiva”.

PAURA – La paura lo ha accompagnato, ma è il coraggio derivato da quel timore ad averlo spinto, dice il tecnico. “Avevo voglia di vivere, di combattere. Non potevo permettermi di andare via. Non potevo permettermelo per mia moglie, per i figli, per mia madre. Non è quello il giusto ciclo – e ancora oltre alla voglia, la paura – Certo, avevo paura. Sognare, anche diverse volte, il proprio funerale è strano. Ma non ho mai perso la speranza, legata alla mia voglia di vivere: mi nutrivo del mio coraggio”.

LE PERSONE – Tutta la gente che lo ha circondato, che lo ha accompagnato, tutti coloro che lo hanno aiutato in qualche modo in questa battaglia, Sinisa ha ringrazia tutti: “Se non c’erano i dottori e le cure potevo anche essere coraggioso, ma non ce l’avrei fatta. L’affetto della gente provocava in me due sentimenti contrastanti: ero contento quando dal balcone li vedevo radunati, venuti apposta per salutarmi. Ma provavo anche tristezza per il fatto di non poter essere lì con loro, insieme alla gente. Ma in fondo non ho mai avuto dubbi sapevo che ce l’avrei fatta”.

ATTACCHI DI PANICO – Ora c’è un nuovo nemico da sconfiggere, e Sinisa lo sta facendo con le sue armi, coraggio e forza. Racconta: “Gli attacchi di panico so quando mi arrivano e so come domarli. Ora. All’inizio invece, mi hanno colto di sorpresa. Mia moglie in passato li ha avuti e io e dicevo sempre: ‘scusa, se sai che è un attacco di panico, perché ti spaventi?’. E lei mi rispondeva: ‘Speriamo non ti succeda mai…ma se dovesse essere vedrai che capirai’. La prima volta non ho capito, la seconda invece sapevo, ma non riuscivo a gestirlo. Mi sembrava come se stessi per morire”.

LA GUERRA – Un altro capitolo duro e triste della vita del tecnico è la guerra. Le guerre della Jugoslavia all’inizio degli anni ’90. Nel periodo in cui Sinisa e la Stella Rossa conquistavano la Coppa dei Campioni appunto: “Vorrei in un certo senso non ricordarmi nulla della guerra e per un altro verso ricordarla per tutta la vita. In guerra non c’è un vincitore, e il colore dominante è il rosso del sangue, della gente innocente”.

IL CALCIO – La malattia è stata il momento per ripercorrere i momenti felici della vita. Uno di quelli più felici glielo ha regalato il calcio: “La vittoria della Coppa dei Campioni con la Stella Rossa, la mia squadra del cuore”. La squadra che Miha è certo che, un giorno, allenerà, perché fa parte dei suoi sogni, li ha realizzati quasi tutti.

 

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