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Romanzo Rossoblù – VAR, illusione di infallibilità: quando l’arbitro diventa arbitrario
Il VAR doveva eliminare gli errori, ma ha solo spostato il confine tra giudizio e arbitrio. Ecco quando la tecnologia smette di essere neutrale.
Errare è umano, perseverare è diabolico. In alcuni casi non si può fare a meno di chiedersi: come è possibile che l’arbitro non veda ciò che è evidente a tutti… ma è proprio così? Ci si può davvero appellare alla definizione di errore come un qualcosa che possa capitare a chiunque? La vicenda del Franchi suscita non poche domande e altrettante riflessioni. Far finta di nulla e cercare conforto del concetto di “poter sbagliare” significa fuggire da una responsabilità: quella di affrontare un problema grande, troppo, ormai fuori dalla storia. Perché quello di Firenze è solo l’ultimo, e forse nemmeno, di una lunga serie che penetra le sue radici in antichi terreni.
Responsabilità: l’ultima frontiera del calcio moderno
Il VAR, per definizione, è uno strumento usato dai giudici di gara per esaminare situazioni dubbie. Cosa significa? Che esistono quattro casi specifici in cui la direzione arbitrale può fare appello alla tecnologia: validazione di un gol, assegnazione di un calcio di rigore, espulsione diretta ed errore di identità (ovvero il caso di scambio del calciatore da ammonire con un altro). Quattro circostanze in cui a ad intervenire è la tecnologia: questo disinnesca automaticamente l’alibi del possibile errore umano, poiché il lavoro dell’arbitro e dei suoi assistenti si riduce alla capacità di osservare le immagini prodotte da decine di telecamere e codificarle. Codifiche che, nel tempo, hanno stabilito gli interventi fra VAR e campo, così come l’entità dei contatti che si verificano durante le partite. Ce lo ha ricordato anche Claudio Fenucci appena 24 ore fa, con una discreta dose di signoria.
E allora, dove cerchiamo una spiegazione a quanto accaduto, ieri sera e altre decine di volte? Scovare l’errore umano, in questi casi, risulta essere un difficile esercizio mentale. Possiamo forse dare la colpa a un pacchetto di regole poco chiare? O alla distorsione del termine “arbitro” in “arbitrario“? Sì, il regolamento di queste tecnologie fa ormai acqua da tutte le parti. Ma ricordiamoci: dietro ogni macchina c’è sempre, e ci sarà sempre, un uomo che la programma e la comanda.
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