Bologna FC
Calciomercato Bologna “Vintage” – Kennet Andersson
Arrivato a metà anni ’90, il centravanti svedese ha lasciato un segno profondo nella storia rossoblù. Con 140 presenze e tante reti decisive, è diventato uno dei simboli più amati di quel periodo indimenticabile.

Nuovo martedì e nuovo episodio di Calciomercato Bologna “Vintage”. Il nostro viaggio nella memoria prosegue passando dal Nord-Europa, più precisamente dalla Svezia, dov’è nato un calciatore che ha totalizzato più presenze a Bologna che in qualsiasi altro club in cui ha giocato, Kennet Andersson. Un attaccante senza doti naturali eccelse, ma che è saputo entrare nel cuore dei tifosi rossoblù.
Andersson-Bologna, un incrocio ideale
Come abbiamo visto anche negli scorsi racconti, la stagione 1996/97 fu la prima dopo la vittoria del campionato di Serie B per mano degli uomini di Renzo Ulivieri, che riportarono i felsinei in Serie A. E quello di Igor Kolyvanov non fu l’unico acquisto per rinforzare il reparto attaccanti. Nella stagione precedente si mise in mostra con la maglia del Bari un attaccante svedese, Kennet Andersson, che, insieme al compagno di reparto Igor Protti, formò una coppia d’attacco da 36 gol (ma che non evitarono la retrocessione ai galletti). Il presidente Frascara colse l’occasione e acquistò Andersson per 3,36 milioni di euro dal Bari.
L’impegno, la dedizione e il sacrificio da parte sua fecero la differenza nel rapporto con i tifosi.

Kennet Andersson (@Bologna FC 1909)
Nel nuovo ambiente, le sue qualità non vennero subito fuori: il suo primo gol in campionato arrivò il 17 novembre, alla nona giornata in casa della Reggiana, quando i rossoblù batterono i padroni di casa per 1-3. In seguito nacque l’intesa con il suo allenatore, che gli affidò le chiavi dell’attacco. L’inizio di una lunga storia d’amore.
Ritorna a casa, Andersson
Il sogno di Kennet, comunque, rimaneva solo uno: unirsi ad un top club. Per tutta la carriera ha provato a scavalcare madre-natura, cercando di dimostrare che il duro lavoro può battere il talento. Prima lo ha fatto in Francia, quando il Lilla gli diede fiducia e lui segnò 11 reti, che, però, non bastarono a farsi accorgere da un top club europeo. Successivamente si trasferirà prima al Caen e, al termine di un altro ottimo campionato, al Bari. In tutte queste esperienze si dimostrò efficace, ma nessuna squadra sembrava accorgersene veramente. Quelli furono i primi segni che il gioco del calcio stava cambiando, diventando più tecnico, e che i “giganti” come Andersson erano apprezzati sempre meno.
Ma per la stagione 1999/00 arriva la chiamata della Lazio, che lo acquista per 7,75 milioni di euro. La sua esperienza in biancoceleste si rivelò breve. Le cose per lui, infatti, non funzionarono: lo spazio fu poco ed in campionato fece soltanto 2 presenze. In più, la Lazio di quei tempi giocava un calcio molto tecnico, in cui l’attaccante svedese non riusciva ad imporsi. Così, il Bologna, poco dopo il subentro in panchina di Guidolin, studiando la situazione in campionato e sul mercato, decise di correre ai ripari e richiamare Kennet. L’amore con il club era ancora vivo e con la Lazio, alla fine, non fu nient’altro che un brevissimo flirt.

Andersson saluta i suoi tifosi (@Bologna FC 1909)
Rapace come pochi
Il suo calciatore preferito era uno che con il suo stile di gioco c’entrava poco: il brasiliano Socrates. Quest’ultimo un trequartista tecnico, con visione di gioco e la ginga dentro il cuore. Qualità estranee ad Andersson. L’unica caratteristiche simile fra i due era il fisico lungilineo. Alto più di 190cm, il suo punto forte non poteva che essere il gioco aereo, spesso un arma letale per le difese avversarie (ad oggi viene considerato, insieme a Ralf Edström, il più forte colpitore di testa della storia del calcio svedese).
Dopo esser stato il punto di riferimento nel Mondiale del 1994 con la sua Svezia, fornendo sponde e assist importanti al millimetro per Brolin e Dahlin, lo diventò anche a Bologna. In 140 partite ufficiali con i colori rossoblù, ha segnato 38 gol e 24 assist. Si può quindi considerare un regista offensivo a tutti gli effetti, un precursore di profili come gli odierni Džeko e Müller. Nel 1998 contribuì al successo nella Intertoto Cup, in cui ha anche segnato un gol.
Negli ultimi anni, Andersson è tornato più volte a Bologna, portando con sé anche le figlie per far conoscere loro una delle tappe più significative della sua carriera. Durante queste visite, non ha mancato di concedere interviste in cui ha manifestato tutto il suo affetto per la città, come dimostrano le sue parole nel 2016: «Questa è casa mia, quando vedo Paramatti e De Marchi mi sembra di non essere mai andato via da qui. Per uno che in carriera ha cambiato tante squadre come me, si può dire che Bologna sia la mia seconda famiglia».
Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook
