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Bologna, Italiano dopo la premiazione: «De Silvestri la nostra chioccia. A Casteldebole c’è un grande gruppo di lavoro»
Il tecnico rossoblù celebra il trionfo in Coppa Italia: dopo anni difficili, la squadra emiliana conquista un trofeo atteso da 51 anni. Per l’allenatore siciliano è una rivincita dal sapore speciale.

Vincenzo Italiano, dopo la premiazione con la Coppa Italia alzata al cielo di Roma da parte del suo Bologna, è tornato a i microfoni di Mediaset per parlare del successo.
Che vittoria è questa per Vincenzo Italiano?
«Diciamo che oggi è stata una giornata molto molto pesante per noi perché volevamo concludere questo percorso cominciato, con un po’ in difficoltà quest’anno, con l’ultimo passo disputando una grande partita. L’abbiamo preparata bene, abbiamo anche preparato qualche contromossa rispetto a quello che era successo venerdì. Ci siamo riusciti attraverso una grande prestazione. Secondo me, non abbiamo concesso niente al Milan, abbiamo giocato, abbiamo fatto questo gol che poi alla fine ci ha permesso di vincere. Però c’è la gioia incredibile. Venivo da tre amare sconfitte, ci tenevo tantissimo a prendermi questa rivincita e ci siamo riusciti».
Non ti rendi ancora conto di quello che hai fatto. Hai smosso anche chi non guarda mai il calcio come Tomba. C’è una città che ti sta aspettando. Ti rendi conto di quello che hai fatto? La Coppa Italia a Bologna la aspettavano da cinquantuno anni.
«Oggi circolava la mia prima conferenza dove ho detto che non so che cosa ci saremmo dovuti inventare per riportare l’entusiasmo e la gente in piazza. Qualcosina dovevamo fare, qualcosa dovevamo escogitare perché si pensava che la scorsa stagione fosse irripetibile con quella festa in piazza. Invece, il duro lavoro, l’abnegazione, la costanza, la cura del minimo dettaglio. E questo ci ha permesso prima di portare queste 30 mila persone. E qui a Roma e adesso vediamo cos’è. Un trofeo come questo è davvero una grandissima soddisfazione».
Ci sono due giocatori che sono i tuoi due pilastri?
«Diciamo che De Silvestri è la grande chioccia di questa squadra. Lui è veramente un valore aggiunto dentro e fuori dallo spogliatoio. È una guida per tutti, per l’esperienza che ha, per il fatto che anche in questa settimana raccontava di aver alzato lui una coppa al cielo e ci ha guidati a questo percorso. E in più poi ci sono i vari Freuler, Orsolini, che qui è un’istituzione e quest’anno ha battuto tutti i record con questa sua concretezza e questo suo cinismo. Questi ragazzi ruotano tutti che già l’anno scorso hanno raggiunto un traguardo incredibile. Quest’anno si confermano con la vittoria della Coppa Italia e penso che il Bologna stia crescendo anno dopo anno. Aggiungi anche la Champions League l’anno scorso e ora con questo trofeo e sono convinto che lo farà ancora perché è ambizioso».
Tornando indietro nel tempo, come hai fatto ad accettare subito Bologna dopo la scorsa stagione?
«Infatti non ho accettato subito. Sartori mi ha appena detto: “non volevi venire e t’ho dovuto convincere”. Me lo ha ricordato subito in campo. Diciamo che, come hai detto tu, nell’ultima parte della scorsa stagione non c’era nulla di deciso. Quindi, poi è finito il campionato e ho sentito il direttore, che avevo anche avuto tre anni al Chievo. Po ci sono stati diversi incontri: ho conosciuto Fenucci, ho conosciuto Di Vaio. Abbiamo parlato dei programmi, abbiamo parlato degli obiettivi di quest’anno. Sapevo che avremmo perso qualche giocatore importante, ma. che c’era una base su cui poter rimettere in piedi qualcosa di importante e alla fine è andata così».
E infine Vincenzo Italiano spiega il percorso di crescita di questa stagione col Bologna.
«Sapevo anch’io che era una panchina bollente, una panchina complicata perché dovevamo confermarci a quei livelli. All’inizio abbiamo faticato, poi abbiamo trovato la chiave giusta e abbiamo trovato quella coesione, quella alchimia che ti permette prima di iniziare a fare punti in campionato. E poi attraverso questa grande prestazione siamo riusciti anche a vincere questa Coppa. Però diciamo che c’è un grande gruppo di lavoro. Perché a Casteldebole davvero si sta bene, si lavora bene. C’è gente che ha voglia di crescere tutti, dalla cucina, al magazzino, alla segreteria».
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