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Bologna

E se fosse per sempre?

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Gli occhiali Ray-Ban ne salvano l’onore: e forse, a suo modo di vedere, anche la dignità. Che non son la stessa cosa. Perché l’uomo, sulla mezza età, sta piangendo calde lacrime: che gli scendono copiose, una dopo l’altra. Fino a rigargli le guance. Ma ci si può commovere per un allenamento? In Italia, a Bologna, sì.

La moglie accanto, muta. Come dire: ti capisco. O meglio: non comprendo, ma posso sforzarmi per. Tutt’attorno un turbinio di bandiere, fumogeni e colori: con la tribunetta di Casteldebole che diventa il Dall’Ara, come per magia. Centinaia di persone, in pochi metri: donne, uomini, giovani, anziani. Di destra, sinistra, centro: e chissà cos’altro. Col sangue rossoblù ad accomunarli: il minimo comune denominatore. Il grande filo che tutti unisce: dal centro alla periferia, dalla provincia al confine. Da Funo a Porretta, da Ozzano a Loiano.

Dal cinno estasiato, che guarda Santander come fosse Ronaldo, all’umarell  silenzioso, muto come un pesce: che guarda l’allenamento con classica postura, cioè braccia dietro le schiena, e se apre bocca è solo per lamentarsi. Di quanto fa caldo, di quanto fa freddo, e di quanto è tristo Dics. Chi? Dijks, s’intende: detto alla sua maniera. E poi cos’altro? L’ultras, l’occasionale, il bello e il brutto: un universo di voci, diverse, che all’ingresso della squadra si fondono fino a diventare un tutt’uno. Con l’urlo che si disperde fino alla Meridiana: forse oltre. Con San Luca, sullo sfondo, che guarda vigile. Come a dire: son con voi.

La squadra applaude, Inzaghi pure: facce serie, contratte, cariche di tensione. Si spera positiva: ma sì, certo. La Roma, almeno per una mattina, non fa più paura: la classifica nemmeno. Le polemiche svanite: almeno per un’ora. Forse due. La squadra e il suo pubblico: l’una di fronte all’altra. L’amante e l’amata: il resto non conta. Che si parlano, come a dirsi: ci siamo capiti eh. Ripartiamo da qui. Da questa mattina: sempre in due. Che in coppia è più facile, affrontare i problemi.

Pillole di un sabato sui generis: di cui sentivamo tutti un disperato bisogno. Per riscoprire il calcio, quello vero: per riscoprire noi stessi. Come tifosi, persone, esseri umani. Come bolognesi. E se poi va male? Pazienza, va bè. Tanto prima o poi la ruota gira. Un padre e un figlio cantano all’unisono i cori, facendo a gara per chi urla di più. Il vicino li segue. Forse non tutto è perduto: forse, per la felicità, basta davvero poco. A volte è proprio lì dietro lì angolo, che ci aspetta. E noi, fessi, che manco ce ne accorgiamo.

 

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