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Esclusiva RadiaBo – Emilio De Leo: «Il Bologna di quest’anno mi ha stupito, ma con questa società alle spalle tutto è possibile»

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Damiano Fiorentini / 1000cuorirossoblù.it


Ed è proprio Emilio De Leo, collaboratore storico di Sinisa Mihajlovic, il grande ospite della puntata di stasera di 1000 chiacchiere rossoblù, il programma di RadiaBo condotto da Deborah Carboni, Stefano Utzeri e Omar Riahi. Dal 2019 al 2022 in rossoblù, De Leo è sempre stato una pedina fondamentale dello staff del Bologna, soprattutto in quei momenti in cui Sinisa era assente a causa della malattia. Ai nostri microfoni Emilio ha parlato del presente e del passato con l’occhio critico di chi quegli ambienti li ha vissuti da molto vicino, anche quando le cose non andavano benissimo. E ovviamente, non potevano parlare le parole d’affetto rivolte a tutti coloro che ancora oggi lo ringraziano per l’estrema professionalità che ha dimostrato a guida dei felsinei. Ecco quindi le sue dichiarazioni.

Emilio ti aspettavi una crescita del genere del Bologna dall’arrivo di Sartori? Qual è per te il segreto della squadra di quest’anno?

«Sinceramente non mi aspettavo una crescita così rapida in così poco tempo. Era nelle aspettative un po’ di tutti perché venivamo da anni in cui si era costruito tanto e probabilmente aspettavamo proprio questo momento che finalmente è arrivato. Motta personalmente non lo conosco, ci ho scambiato qualche parola l’anno scorso con il corso UEFA Pro di Coverciano. Secondo me il segreto di questi anni è stata la programmazione, che parte da Bigon e poi con Sartori ha avuto un’accelerata. E poi, il fatto che la società consenta sempre a tutti di lavorare con serietà, con la piazza che sa scaldarsi nei momenti giusti e allo stesso tempo ti rispetta».

Come vedi la partita di sabato contro l’Inter?

«Credo che mai come questa volta sia una partita aperta. Il Bologna ha tutte le carte per giocarsela, sia dal punto di vista del morale e delle motivazioni, sul quale paradossalmente  forse ha anche qualcosa in più rispetto all’Inter, ma anche dal punto di vista tecnico e tattico. Il Bologna non tema nessuno. I giocatori non danno punti di riferimento, la squadra può cambiare molto durante il corso della stessa partita e tutti sono coinvolti, anche chi parte dalla panchina. Ci sarà sicuramente da soffrire ma comunque è una partita aperta e il Bologna saprà farsi rispettare».

In tutti i tuoi anni al Bologna hai potuto osservare da vicino Riccardo Orsolini. Secondo te ha fatto uno step in avanti rispetto a qualche anno fa e se sì in cosa eventualmente è migliorato?

«Sta continuando a crescere. Forse prima del nostro arrivo faceva fatica a trovare una collocazione dal momento che il Bologna scendeva in campo con il 3-5-2. La sua maturazione è partita quando siamo passati al 4-2-3-1, visto che da lì in poi Riccardo ha iniziato a giocare come esterno di destra che veniva in mezzo al campo. Guardandolo a distanza adesso vedo che è migliorato molto nelle scelte, e vedo anche che sa interpretare bene le diverse fasi del gioco. Le rotazioni e gli scambi di posizione non gli sono mai mancati, forse sta diventando più razione e più equilibrato nella gestione delle diverse fasi. Per lui poi non posso che spendere pareri positivi perché comunque sono affezionatissimo al Riccardo calciatore e ragazzo, quindi non potrei dire diversamente. Mi piace anche che quando entra dalla panchina da sempre il suo contributo e questo non è da tutti, fa parte della crescita di un grande calciatore».

Vedendolo in allenamento, avevi intuito che Joshua Zirkzee avesse tutto questo potenziale?

«Quando lo vedemmo tra i calciatori che potevano arrivare, catturò subito la nostra attenzione. Fisicamente è un giocatore importante, ma comunque riesce ad essere molto tecnico e difficilmente perde palla. Quando si abbassa diventa un centrocampista aggiunto ed effettivamente Sinisa era stuzzicato dall’idea di avere insieme in campo due giocatori così forti come Joshua e Arnautovic. Le doti si notavano sicuramente ma a dir la verità ha avuto una crescita incredibile, e di questo va dato atto alla gestione tecnica attuale, e poi c’è anche da dire che certi giocatori giovani come lui hanno bisogno di essere coccolati, ed il loro estro per esprimersi ha bisogno di continuità. Quando lui l’ha trovata è sbocciato a pieno».

Visto l’infortunio importante di Soumaoro, giocatore che hai allenato, come credi che stia affrontando questa situazione il ragazzo?

«Dall’esterno non è facile conoscere quello che sta provando. Non sarò sicuramente preciso. Posso dire però che lui è un ragazzo molto riservato, riservato, ma che quando viene chiamato in causa dà sempre tutto sé stesso. Quando subentrava tirava sempre fuori gli artigli per riguadagnarsi il posto. All’apparenza è grande e grosso ma è molto sensibile. Nei suoi confronti bisogna sicuramente avere molto tatto».

Di che cosa ti occupi adesso Emilio?

«Quest’anno ho portato a termine il corso UEFA Pro, ed era un obbiettivo che mi ero prefissato da un po’ di tempo dato che vorrei iniziare come primo allenatore. Poi da qualche mese è nata la mia prima bimba, un’ulteriore gioia che sono riuscito a realizzare. Diciamo che quest’anno l’ho dedicato a questi aspetti, sono arrivate un po’ di proposte ma non credo fossero quelle giuste. A giugno spero, dopo tanti anni di gavetta, di trovare l’impiego giusto. In più vorrei ringraziare tutti coloro che hanno riconosciuto e il mio lavoro e la mia professionalità al Bologna».

Quanto è importante la leadership di Lorenzo De Silvestri nello spogliatoio, anche in un momento come adesso in cui gioca meno?

«È importantissima. In quel periodo particolare poi c’erano diversi leader: Soriano, Medel, lo stesso Dominguez, Palacio, Danilo e tanti altri. In un momento così complicato erano tutti completamente a disposizione, c’erano davvero dei calciatori che erano dei grandi uomini, perché assumersi certe responsabilità di attaccamento e serietà come hanno fatto loro non era scontato. Lollo da questo punto di vista è stato il migliore. Anche con lui ho un rapporto particolare, di vecchia data, e Sinisa lo conosceva da ancora più tempo. Lui è un ragazzo colto, in gamba, sensibile, che parla diverse lingue e che sa sempre rapportarsi nel modo giusto. Sapeva anche legittimare il mio ruolo in quel momento e quindi è stata sicuramente una grande spalla».

Secondo te Emilio la coppia Castro – Zirkzee è simile a quella Joshua – Arnautovic?

«Secondo me Arnautovic in sostanza è abbastanza simile a Zikzee. Era un rifinitore quando si abbassava, sapeva mandare in porta i compagni e sapeva anche trattare bene la palla, quindi loro due erano quasi interscambiabili. Uno poteva diventare complementare dell’altro a seconda dell’altezza del gioco. Castro sinceramente non lo conosco molto, ma per quel poco che ho visto può essere più quel giocatore che gira più intorno e si infila negli spazi, mentre Zirkzee può fare la boa di riferimento. Poi va anche detto che per come stanno giocando in questo momento credo che di grandi problemi non ce ne siano: i calciatori cambiano posizione e funzioni continuamente. L’importante è essere calati a pieno nella realtà, il resto viene tutto più facile».

Nel gruppo di quest’anno nessuno è escluso, sono tutti partecipi. Pensi che questo sia uno dei diversi punti di forza del Bologna di Motta?

«Sicuramente questo è un elemento determinante. È anche vero che grazie ad una società così strutturata e organizzata, faccio fatica a trovare nella mia esperienza al Bologna gruppi non solidi. Anche quando le cose non andavano benissimo. Se la società è seria e l’allenatore è competente, è facile che il gruppo sia sano. Una cosa poi è il gruppo e una cosa è la squadra. La squadra è quella in cui ognuno ha il suo ruolo ben definito e lo accetta. Anche chi entra nei minuti finali sa che sarà determinante e, secondo me, quest’anno è proprio accaduto questo. Vedo calciatori che dalla panchina quando vengono chiamati in causa ritrovano la loro dimensione, e spesso sono determinanti. Ovvio che quando si sta costruendo qualcosa di bello tutti poi vogliono partecipare».

Cosa ne pensi dell’alternanza dei portieri di quest’anno?

«Anche in questo caso bisognerebbe conoscere meglio la gestione interna. Comunque credo che faccia bene perché Lukasz è sempre stato un punto di riferimento in questi anni e i ragazzi che si sono alternati dietro di lui lo hanno fatto sempre con molto rispetto. Penso quindi che a lui stesso non dispiaccia dare spazio ad altri giovani che stanno crescendo, anche perché poi quando è stato chiamato in causa Ravaglia ha fatto benissimo. Io sono contentissimo per Federico perché anche in questo caso stiamo parlando di un grande professionista e un grande ragazzo, un altro con il quale mi sento spesso. L’importante è essere sempre chiari con i giocatori e in questo è stata bravissima la società e l’allenatore a rapportarsi continuamente con Skorupski. Devi trovare le parole giuste, ma se questi sono i risultati evidentemente è stato fatto tutto nel modo adeguato».

Ci puoi raccontare quel famoso Bologna – Inter di due anni fa?

«Innanzitutto non ci ha fatto piacere il pre di quella gara, cioè il rinvio e tutto quello che è stato detto e scritto. Noi stavamo facendo un lavoro incredibile non solo tecnico ma soprattutto emotivo e forse anche per questa ragione meritavamo più rispetto. Allora passavamo sempre per la vittima sacrificale e non era giusto. Sicuramente questi discorsi ci hanno dato un ulteriore motivazione, ma in quel periodo volevamo solamente far capire che eravamo all’altezza e in grado di rappresentare bene il Bologna e la sua serietà. Quella partita è stata vissuta come se il Bologna avesse giocato alla morte senza alcun motivo, e nemmeno questo fu piacevole per noi. Al di là di tutto avevamo studiato e preparato bene la partita. Siamo stati bravi a non scioglierci dopo il gol subito nei primi minuti e poi ne siamo venuti a capo. Tutto era legato a come stavamo coltivando giorno dopo giorno i valori di quel gruppo, non solo le strategie tecniche e tattiche. Quando ti fidi dei tuoi giocatori, anche quando le cose vanno male riesci a non mollare la presa e a rimanere in partita, ed è proprio questa la sensazione che provavamo in quel preciso momento storico. Avevamo tutti i mezzi tecnici e morali e la spinta emozionale adatta a ribaltare le situazioni negative, ed infatti non a caso siamo riusciti a rimontare un avversario fortissimo».

Avevate una consapevolezza da grande squadra, giusto?

«Aggiungo che dall’esterno in realtà tante cose non si percepiscono. Ognuno fa la sua parte. Ma da dentro noi accumuliamo tanta tensione e frustrazione quando le cose non vanno bene. La cosa che va sottolineata è che i sacrifici che fa una squadra che deve vincere lo scudetto non sono diversi da quelli di una squadra che deve salvarsi, o deve andare in Europa ecc. Sono gli stessi sacrifici. Io se le cose andavano male per due giorni non uscivo di casa, ero colpito, ferito. Le responsabilità le sentono tutti, e quindi non è bello quando gli obbiettivi di  chi deve vincere lo scudetto sembrano essere più nobili rispetto a quelli di chi si deve salvare. Anzi, chi si deve salvare forse vive frustrazioni addirittura maggiori. Al netto dei valori tecnici, il rispetto ci deve sempre essere e con il nostro atteggiamento abbiamo cercato di onorare il percorso che stavamo facendo».

Hai un momento o una vittoria che ricordi con maggiore piacere?

«Ce ne sono diverse. Sicuramente ricordo il gol di Orsolini in casa contro l’Empoli, quella della stagione 2018/2019. In quella partita stavamo facendo benissimo ma con il gol degli avversari tutto sembrava complicarsi. Poi ci fu il 2-1 di Riccardo e fu un momento bellissimo, con lo stadio che sprigionava una magia incredibile. Anche il 3-2 a Roma con la doppietta di Barrow fu un momento speciale, oppure la vittoria contro a Napoli per 2-1. Tra tutti forse quello di Riccardo è quello più significativo».

Se dovessi scegliere un giocatore del Bologna da prendere in una tua futura e ipotetica squadra, chi prenderesti?

«Ti direi De Silvestri, così chiudiamo l’intervista e facciamo contento Lollo. Dal punto di vista tecnico invece ti potrei dire Zirkzee o Orsolini, oppure Calafiori che rompe gli equilibri dal basso. Aggiungo anche Ferguson, un giocatore dalle mille risorse che forse noi non abbiamo avuto l’opportunità di vivere a pieno. Dico questi anche se forse prenderei proprio De Silvestri perché è quello più a buon mercato (ride, ndr)».

Fonte: Radiabo

 

 

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