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FINALI – La rinascita dell’Araba Fenice: il Bologna batte il Chievo e torna in Serie A

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“La Fenice sa volare nell’aria, trovare sorgenti d’acqua, rinascere dalle ceneri. E’ il simbolo di chi, nonostante gli ostacoli, trova la forza per andare avanti”.

Bologna è calore, cuore e passione. Aspetti che sono il riflesso – da sempre – della società rossoblu. Anche quando ti crolla il mondo addosso, anche quando in alcuni periodi regnava l’incertezza del futuro.

Gli anni ’90 furono infausti, dopo la cocente retrocessione in Serie B del 1991. Il dramma doveva ancora arrivare, bastava attendere l’alba dell’anno successivo con la discesa in C1. Non solo perché, sei giorni più tardi, venne notificato il fallimento del club felsineo. La causa fu un passivo di 2 miliardi di lire ed un’esposizione bancaria di quasi 40 milioni. Furono alcuni dei giorni più neri della cronaca rossoblu. Fino al 29 giugno, quando un tale Giuseppe Gazzoni Frascara – insieme a una cordata di imprenditori – strappò al fallimento totale la società. Quel giorno nacque il Bologna Football Club 1909. Da lì la ripartenza, proprio come un’Araba Fenice.

Tutto ripartì e, dopo un gran campionato in Serie C, arrivò la promozione in B.

La stagione 1995/96 iniziò con poche aspettative, soprattutto per il grande agonismo di alcune corazzate, che portava in secondo piano la squadra rossoblu. Una di queste fu il Verona di Attilio Perotti, che poteva contare su calciatori di spicco come Antonio De Vitis e Damiano Tommasi, senza dimenticare il Palermo e il Pescara. Il Bologna non ebbe mai paura. Gazzoni costruì una squadra all’altezza per risalire subito in A. L’orchestra, diretta da Renzo Ulivieri, aveva tra le file interpreti come Francesco Antonioli, Michele Paramatti e Carlo Nervo

Fu un’insolita annata, tra clamorose debacle e insospettabili sorprese. Mentre un giovanissimo Vincenzo Montella iniziò a farsi conoscere con la maglia del Genoa, nei piani alti della classifica ci furono avvincenti sorpassi e controsorpassi. 

Il Verona, dopo un lungo primato, tremò. Il 26 maggio, sul campo della Lucchese, un beffardo pari mise in discussione il gran lavoro fatto dagli scaligeri in stagione; il Bologna, intanto, espugnò il Barbera di Palermo. La penultima giornata assunse contorni decisivi. I gialloblu rimasero in vetta, ma il fiato sul collo dei rossoblu – a quattro punti dalla vetta – era sempre più asfissiante

Si giunse alla settimana seguente, quando la resa dei conti non fu mai così vicina. Il Verona fu sempre più ossessionato da un primato che ormai era in discussione, ma il Bologna pensava solo alla promozione. Un chiodo fisso. I campi interessati erano il Bentegodi, per Verona-Reggiana, il Dall’Ara, per Bologna-Chievo e l’Arechi di Salerno, dove i campani avevano bisogno di una vittoria contro il Palermo. Ai ragazzi di Ulivieri, invece, serviva la vittoria per la matematica certezza, ma anche un pari – con altri favorevoli risultati – poteva bastare. Ma non ci si poteva accontentare, bisognava vincere.

2 giugno 1996, Stadio Dall’Ara di Bologna. Sui tabelloni elettronici apparve la scritta “Bologna è una fede, crediamoci insieme”.

Ulivieri mandò in campo la formazione migliore. Antonioli tra i pali protetto da Tarozzi, Paramatti, Bergamo, De Marchi e Torrisi. Spazio poi a Scapolo, Morello, Olivares, mentre in avanti agirono Doni e Cornacchini. Partì dalla panchina Bresciani. Dall’altra parte, il Chievo di Alberto Malesani doveva assolutamente vincere per raggiungere una storica salvezza. Tra i pali fiducia a Gianello, in difesa D’Anna, Franchi, D’Angelo e Zamboni; poker di centrocampo formato da Rinino, Melosi, Gentilini e Melis, mentre in avanti spazio a Giordano e Antonioli.

Divise classiche per le due squadre, rossoblu per i felsinei e gialloblu per i clivensi. Quasi 35 mila spettatori, due obiettivi opposti, un’unica voglia di vincere. La partita si svolse sotto un caldo rovente ma, nonostante l’afa, Ulivieri non rinunciò al cappotto nero e alla sciarpa.  

Si iniziò dopo il fischio del direttore di gara, Domenico Messina da Bergamo. Le intenzioni furono chiare: i padroni di casa partirono forte ma determinati a non scoprirsi troppo, anche perché – dall’altra parte – gli ospiti non si trovavano a Bologna per una gita a San Luca

L’inizio non fu divertente, anzi. Tanto caos e poche azioni pericolose, la trama della gara fu chiara. Ci provarono prima Cornaccini, seguito da Giordano e Antonioli. Nessuno dei due portieri venne impensierito. Il primo tempo si chiuse tra la noia generale. Nel frattempo, all’Arechi di Salerno, i padroni di casa si trovarono in vantaggio sul Palermo, grazie al gol – allo scadere della prima frazione – firmato da Pisano. Tra il pubblico iniziò a regnare il timore.

Ulivieri non parve soddisfatto della prova dei suoi, per questo optò velocemente per un cambio: fuori Morello, poco convincente, dentro Valtolina; pochi istanti dopo, nella mischia venne buttato anche Bosi, a sfavore di Scapolo. Il secondo tempo iniziò con il medesimo copione del primo. Gli affronti offensivi risultarono troppo sterili per impensierire i due portieri. Al 65′ il primo avvenimento chiave. Altro cambio per i rossoblu: fuori Cornacchini, entrò Giorgio Bresciani. Dall’altra parte sostituzioni anche per Malesani, tutte nel finale: D’Anna, Antonioli e Giordano fecero spazio a Guerra, Carparelli e Faciotto.

Scoccò il novantesimo, ma la partita ancora non si sbloccò. Ormai i pensieri della maggior parte dei rossoblu erano diretti alla prossima gara, la trasferta a Cosenza. Intanto la Salernitana vinse. Il Palermo venne regolato da una doppietta di Pisano, eroe di giornata. Il Chievo iniziò a esultare. Quel pareggio vorrebbe dire salvezza raggiunta.

Ma il fato, a Bologna, dalla vetta di San Luca, non si era ancora espresso. Al terzo minuto di recupero, la svolta. Torrisi appoggiò per Tarozzi nella propria metà campo, Bosi disimpegnò di nuovo sul numero 16, pronto al lancio lungo per la torre di Bresciani, in anticipo su D’Anna. Venne liberato Valtolina sul lato corto di destra dell’area avversaria. Si sovrappose Doni che venne servito e di prima disegnò perfettamente un cross al bacio: la palla arrivò sulla nuca di Bresciani che lasciò lì tutti. Salì in cielo, prese l’ascensore. Incornò il suo quarto gol stagionale e fece esplodere di gioia il Dall’Ara. 1-0.

Esplose lo stadio, l’intera entrò in campo e sommerse Bresciani, l’uomo chiamato dal destino per riportare il club felsineo nel calcio che conta. L’uomo della provvidenza. Nel frattempo Ulivieri, dopo un timido accenno di esultanza, riportò i propri uomini alla calma. Dopo un ultimo tentativo da parte degli ospiti arrivò il triplice fischio di Messina. Il primo a esultare fu proprio l’allenatore rossoblu, che però corse subito verso gli spogliatoi. Intanto ebbe luogo una passionale invasione di campo, il calore dei tifosi si riversò sulla squadra rossoblu.

Come dopo un brutto sogno si svegliarono tutti, e l’incubo finì all’istante. Il Bologna rinacque dopo aver quasi toccato il fondo. Non fu una semplice promozione anche perché, la vittoria esterna sul Cosenza della settimana successiva, avrebbe regalato alla squadra la vittoria del campionato. Come un thriller di Hitchcock, un finale entusiasmante e inaspettato.

Dall’Inferno al Paradiso. Come un’Araba Fenice, pronta a rinascere dalle proprie ceneri.

 

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