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Forcing – Maietta: “Bologna non è una piazza, Bologna è la piazza”

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Il 25 aprile scorso, un ragazzo (anzi, un uomo) sta attendendo il semaforo verde per attraversare Via Marconi, al fine di dirigersi verso Piazza Maggiore, accompagnato dalla moglie e dal passeggino sotto mano. Lui indossa gli occhiali da sole, probabilmente per non farsi riconoscere, ma tutti quelli che lo incroceranno – anche senza salutarlo – penseranno: “Magari vuole godersi una giornata tranquilla con la famiglia, ma credo non sarà così. Povero Mimmo”. Sì, quell’uomo con l’aria indistinta ma decisa era Domenico Maietta.

Si è affezionato presto ai colori rossoblù, ricevendo in cambio un affetto incredibile. Tutto è nato quando lo ha chiamato Fusco, il Direttore Sportivo di allora, per andare a pranzo, firmare e conoscere Lopez.
Una “sveltina” che poi si è trasformata in una storia appassionata ma, come in tutte le vicende amorose, non dev’essere stato facile all’inizio: Mimmo giocava nell’Hellas Verona dal 2010, ed è riuscito a portarla dalla Lega Pro alla Serie A in tre anni, affezionandosi alla città veneta. Si scherzava durante il campionato: “Con un Maietta così accanto, chiunque può fare il difensore centrale”. Nella stagione dell’approdo in massima serie, però, qualcosa cambia: il difensore calabrese non dà più la sicurezza di qualche anno prima e la sua avventura con gli scaligeri finirà in discussione con società e stampa, ma mai coi tifosi. Nel Bologna-Hellas (0-1, gol di Samir) di due anni fa, infatti, non appena la formazione allenata da Donadoni si sistema in campo – dalla parte di San Luca – per iniziare il secondo tempo, i tifosi gialloblù accolgono con una standing ovation l’ex difensore.
Meglio ricominciare, tuttavia (ancora una volta), dal basso. Che palle, dopo i passaggi dalla Juve di Serie A a L’Aquila di C1 (2001-02), dal Perugia di Serie A al Crotone di Serie B (2004-05), dall’Avellino di Lega Pro al ritorno in Calabria (2008-09), dal Frosinone di Serie B al Verona in Lega Pro (2011-11) – respiro – ora si passa nuovamente nella serie cadetta a Bologna? La vita proletaria di Mimmo continua.

Nel capoluogo emiliano non trova un ambiente serenissimo, seppur la società avesse cambiato la presidenza da Guaraldi alla premiata ditta Tacopina&Saputo. Quell’anno, i rossoblù centrano la risalita in Serie A dopo un doppio pareggio con il Pescara, ma il gruppo creato da Fusco viene messo in secondo piano da quello portato da Corvino. La vera svolta per Mimmo, quindi, è stata il cambio di allenatore, con l’insediamento di Donadoni. Non sa perché Delio Rossi lo accantonasse; sa solo che l’esordio contro l’Atalanta è stato il primo bacio con la maglia felsinea, quello che ha dato il via alla storia d’amore.
In totale, il difensore di Cirò Marina totalizza 94 presenze sotto le Due Torri, mettendo a referto un solo gol, contro il Frosinone. La marcatura più importante, però, viene registrata il 22 giugno 2016, quando si sposa con Angela Martinoche è innamorata di Bologna come me. Ha legato con la moglie di Da Costa, con tante altre, tre giorni alla settimana sta lì, e io la capisco”.
Di quegli anni, Mimmo non si è fermato solamente al cuore, ma ha fatto un’analisi concreta al cervello della sua avventura in rossoblù, in un’intervista rilasciata a “la Repubblica”: “Abbiamo sempre dato tutto per raggiungere la salvezza, poi non si riusciva ad andare oltre. Forse, inconsciamente, ci si cullava. Invece Bologna è una piazza strutturata per fare grandi cose. Il presidente Saputo ha grandi ambizioni”.
Le stesse che si cercheranno di raggiungere senza di lui, perché oltre al legame con l’altra (non la moglie, qui parliamo del Bologna), bisogna mettere in conto che ci sarà una terza persona a mettere i bastoni tra le ruote, come in ogni storia. Maietta, dopo aver firmato con l’Empoli, richiama tutta la squadra nello spogliatoio, chiedendo a Mirante di chiudere la porta, e dà la brutta notizia. Scoppia a piangere, Di Francesco esclama la sua incredulità, il neo-difensore toscano si calma, arrivano le due signore addette alle lavatrici, iniziano a piangere e Mimmo segue a ruota.
Una scelta sofferta, che così in velocità non avrebbe voluto fare. No, non è stata colpa di Fenucci (il quale aveva proposto un ulteriore anno di contratto) e nemmeno di Donadoni, che invece ha subìto la scelta. Non fa nomi, se non per elogiarli. Saputo, ad esempio: “M’ha persino telefonato Saputo, per dirmi che mi ringraziava di tutto. Che persona, il presidente. È stato fantastico, e mentre mi ringraziava si capiva che era dispiaciuto. Lo eravamo entrambi e gli ho detto che ero io a ringraziarlo dell’esperienza vissuta. Poi di recente c’è stata ‘sta cosa tremenda, ho perso mia sorella che aveva appena 41 anni, e lui mi ha scritto una lettera di suo pugno. Il presidente. Poi devo dire che tutto il Bologna mi è stato vicino, in questo momento qui, terribile, la cosa più tremenda della mia vita. Ringrazio tutti”.

Domenica le strade – sul campo – si incroceranno, ma qualcosa ci dice che lo rivedremo ancora molte volte spingere quel passeggino, con la moglie accanto, in direzione Piazza Maggiore: “In Toscana ho trovato un paradiso, ma non me ne sarei mai andato da un posto così. Bologna non è una piazza, Bologna è la piazza. Punto. Giocavo per i tifosi. M’è dispiaciuto andar via senza salutare, ma è successo tutto così in fretta”

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