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I-Football – Lucio, il calcio, Bologna…

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La musica, Bologna, il calcio. Amori immensi, ultraterreni. Lucio Dalla se n’è andato cinque anni fa, senza mai lasciarci veramente. Non ha lasciato Bologna, la sua Bologna. La città che amava come una donna. Città con cui faceva l’amore. Le sue poesie, le sue musiche, i suoi brani. Bologna vive ancora di quelle parole, di quel sax, di quelle armonie che solo lui sapeva creare. Così come vive ancora la sua ombra in via d’Azeglio, mentre suona a due passi dalla sua piazza, “Piazza Grande”. Lucio vive ancora nei suoi luoghi, nelle strade, nei posti dove ha suonato. E vive anche al “Dall’Ara”. Anche lì, la sua ombra non si schioda da quel seggiolino in cui ha sofferto e gioito, sperato e temuto. Vissuto. Il calcio, in fondo, per gli artisti della sua caratura può che essere fonte di ispirazione per nuove creazioni e, ovviamente, Lucio non si è fatto sfuggire l’opportunità di inventare un qualcosa che lo legasse in maniera indissolubile al suo secondo amore della sua vita dopo Bologna, il Bologna. E ha cantato le passioni che aveva a “modo suo, sotto le stelle in Piazza Grande”.

La Bologna del pallone, un disperato erotico stomp. D’altronde, la domenica era il suo giorno preferito proprio perchè c’era la partita. Una sintonia così forte con quel giorno, che decise di incarnarlo pienamente ribattezzandosi “Domenico Sputo”, per le sue uscite in incognito. Domenico, come la domenica. Un festa che durava appena ventiquattr’ore, prima dell’arrivo del maledetto lunedì. “Solo i parrucchieri sono felici il lunedì”, diceva con l’ironia di sempre e con quello sguardo perplesso e malinconico. Il giorno in cui poteva andare a vedere Roberto Baggio, a cui ha dedicato anche una canzone dopo averlo ammirato per diverse volte. Certo, il Divin Codino visto nella città delle Due Torri nella stagione 1997/1998 avrebbe ispirato anche il Commendator Domenico Sputo, figurarsi Lucio Dalla che aveva sempre a portata di mano un “materasso di parole, scritte apposta per te”. Lo vide dribblare, correre, calciare, segnare, esultare. Dalla vide Baggio incantare Bologna e ne rimase stregato anche lui. Baggio era l’emblema di quella forma d’arte, come Lucio definiva il calcio. Baggio Baggio, così si chiamava quel brano contenuto nell’album Luna Matana. “Sei mai stato il piede del calciatore/ che sta per tirare un rigore/ e il mignolo destro di quel portiere/ che è lì, è lì per parare”. Cantava Lucio al suo Baggio, e chissà quante volte avrà pensato a quel maledetto rigore di Pasadena ogni volta che il campione di Caldogno si avvicinava al dischetto prima di infilare il pallone alle spalle del portiere. Sì, perchè quell’anno Roberto Baggio sbagliò davvero poco: fu una stagione magica per lui, e un po’ anche per Lucio che poteva gioire a ognuno dei suoi 22 gol in rossoblu.

L’anno dopo Baggio andò via, tornò a Milano, sponda nerazzurra. E a Bologna restò un po’ di malinconia. E anche Lucio accusò un po’ il colpo. Ma è proprio in questi momenti che i campioni della musica, devono prendere il posto dei campioni passeggeri del calcio e risollevare l’umore di una città. Nel 2000 Lucio si mette a tavolino con altri tre fantasisti della musica, Gianni Morandi, Luca Carboni e Andrea Mingardi, “Le tue ali Bologna”. Oggi, diciassette anni dopo quella canzone è l’inno del club e accompagna tutte le domeniche, come avrebbe voluto Lucio, l’ingresso della squadra sul prato del Dall’Ara. Ed ecco che Lucio non va via, non si assenta mai. Prima e dopo le partite lui è lì, nello stadio del suo Bologna a cantare per la squadra della sua città. E la sua musica è come la sua “Canzone”, “va per le strade e per la gente” per dire qualcosa di molto chiaro, soprattutto a distanza di cinque anni. Stare senza di te, Lucio, non si vive.

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