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IL GRILLO PENSANTE – Si riparte tra delusioni e speranze

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Si riparte. Dopo 3 mesi sulle montagne russe degli umori del mercato si rialza il sipario sul campionato di Serie A, davanti ad una platea smaniosa di campo e rivestita delle tradizionali aspettative di inizio anno. L’imminente riapertura delle danze sul manto verde non catalizza totalmente l’attenzione perché il calciomercato si avvia allo sprint finale, amplificando in tutti i tifosi patologie ansiogene (più o meno celate) nell’attesa che qualche testata giornalistica o notiziario annunci l’arrivo del rinforzo ardentemente desiderato.

Il Bologna aveva inaugurato la stagione di calciomercato denotando idee chiare ed agendo tempestivamente ma, dopo un intro promettente, lo spartito di Bigon ha smarrito le note proprio nel momento di piazzare gli acuti. La sensazione è che lo stesso direttore sportivo, per poter impreziosire la fanteria rossoblu, avesse disperatamente necessità di rimpinguare il suo scarno portafoglio monetizzando la cessione di alcuni giocatori; purtroppo però la merce esposta ha attirato acquirenti intenzionati soltanto a richiedere prestiti o a corrispondere inaccettabili prezzi di saldo, lasciando lo staff tecnico in mezzo ad un guado paludoso che gli ha impedito di arruolare la reale pedina individuata per elevare il pedigree della squadra (Rincon, volato al Torino). Ad aggravare la situazione, poco prima di Ferragosto, si è materializzata la Caporetto di Coppa Italia contro il Cittadella, ridente comune padovano di 20.000 abitanti sconosciuto alla Serie A ma capace di martirizzare con 3 schiaffi a domicilio una società dal blasone pluridecorato come il Bologna. Inevitabilmente il brusìo di malcontento che stava progressivamente montando decibel per il mercato low-profile è esploso in un boato con eco avvertibile fino in Canada, tant’è che patron Saputo sembrava potesse anticipare il suo arrivo in Italia per assistere di persona all’esordio in campionato…ma probabilmente non sarà così.

Buona parte delle accuse indiscriminate mirate a colpire gli ipotetici responsabili del mancato decollo del “progetto” sembrano dettate prevalentemente dalla rabbia del momento, ma di certo qualche punto di caduta è reale. Sul lato amministrativo ed infrastrutturale la gestione dell’attuale stato maggiore è ambizioso ed oculato, in quanto dotare Bologna ed il Bologna di un centro tecnico all’avanguardia ed uno stadio moderno è un pregio che irradia fierezza e conforto in tutti i tifosi bolognesi; in ambito marketing è evidente che sia in atto un consistente upgrade, l’accoglienza allo stadio è decisamente un altro film rispetto a quelli proiettati in passato, è nata BFC TV ed anche i canali di contatto con la società si sono moltiplicati. Senza contare l’attenzione focale nel risanamento progressivo dei dati di bilancio, garanzia imprescindibile per un futuro lungimirante. Appare però altrettanto solare che il lato sportivo di questo progetto non vada di pari passo con le altre parti che lo compongono: la mediocrità tecnica evidenziata durante la nefasta serata di Coppa non è accettabile al cospetto di oltre 9.000 persone presenti allo stadio a metà Agosto, una campagna abbonamenti che vede pareggiate il numero delle tessere dello scorso anno a 2 settimane dalla chiusura (quasi 14.000) e all’ottavo pubblico della serie A come presenze medie (oltre 21.000 nella stagione 2016/17). L’entusiasmo pesantemente minato e il timore di poter rivivere un altro campionato anonimo è culminato nel recente comunicato del Centro Bologna Clubs, nel quale viene ribadita la fiducia nel progetto ma viene richiesto con altrettanta fermezza un incontro con Saputo per chiarire una situazione più assimilabile ad uno stallo che ad un’effettiva crescita graduale.

Bigon, dal canto suo, è corso ai ripari riuscendo finalmente a chiudere una trattativa infinita con Palacio (a prescindere dalla bontà del giocatore, il fatto che occorra tanto tempo ad un 35enne autore di un solo gol nelle ultime 2 stagioni per accettare Bologna è sintomatico della scarsa attrattività della piazza in questo frangente) e presumibilmente condurrà ancora alcune operazioni (il suo proclama di mercato terminato in entrata è troppo mortificante per essere credibile) mutando significativamente la rosa definitiva che sarà agli ordini di Donadoni (anch’esso oggetto di critiche crescenti). Lo stesso allenatore aveva anche imboccato nel corso del precampionato la strada del 4-2-3-1 con la chiara intenzione di sfruttare la vasta scelta di giocatori offensivi a disposizione, ma il KO di Falletti e il crollo col Cittadella hanno sparigliato le carte in tavola (soprattutto perché appare esplicita la lacuna in mediana, dove almeno un uomo di reale spessore capace di supportare anche un centrocampo a 2 risulta indispensabile).

 

Il prologo di questa stagione è quindi piuttosto travagliato, ma a Bologna non fa certo notizia; inoltre il calciomercato non è ancora concluso e la storia calcistica è gremita di squadre partite in difficoltà ma capaci di scovare equilibri misteriosi generatori di cavalcate entusiasmanti. Per il primo atto arriva al Dall’Ara un Torino ancora più attrezzato dello scorso anno, tanto da dichiarare senza fraintendimenti l’obiettivo di un piazzamento europeo; sotto le Due Torri, invece, al momento non si ha l’ambizione di voler scorgere i Re Magi scendere da San Luca ma, semplicemente, potersi permettere di gonfiare il petto per una squadra che patron Saputo assicurò avrebbe reso orgogliosi i tifosi bolognesi.

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