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Il Punto sul Bologna – Le mele di Montreal

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Sono convinto di una cosa: anche a Montreal conoscono le mele. Ma non solo. Sicuramente anche a Montreal, senza essere un coltivatore che va al campo tutti i giorni, il canadese medio riesce a distinguere le mele buone da quelle che buone non sono. E questo non per un particolare acume del canadese medio. Più semplicemente, perché le mele sono mele. E lo sono in tutto il mondo.
Ecco, più o meno bisogna che ci si immagini il calcio come una mela. Il calcio è uguale in tutto il mondo. Magari in Mls, la lega dove risiede il Montreal, è da minor tempo che si sta sviluppando, e quindi il gusto della mela… pardòn, il gusto del calcio è meno accurato e, di conseguenza, è chiaro che va poi bene qualunque cosa. È più facile essere di bocca buona.
Tuttavia, sfortuna vuole che qui a Bologna campiamo di calcio da quasi centodieci (110) anni. Per carità, viviamo anche di altro e di più importante. Ad esempio, è stato il nostro Guglielmo Marconi a civilizzare con la radio altri paesi, a nord del Sudamerica. Poi, abbiamo l’Università, la più antica del mondo. La più antica del mondo! Che vorrebbe dire che, quantomeno, sappiamo distinguere il sapore delle mele. E via dicendo. Giusto per sottolineare che non siamo proprio degli sprovveduti.
E se qualcuno ci viene a dire che la mela è buona anche quando non lo è, non è che ci deve convincere per forza. Lo sappiamo perfettamente che la mela non è buona e sulle nostre bancarelle, quelle mele le lasciamo lì dove si trovano.
Questo preambolo (e mi rivolgo a chi continuerò a ringraziare vita natural durante) per suggerire di non insistere nel farci credere che i frutti che stiamo mangiando siano i più buoni del mondo. Nemmeno se me lo dice chi ha l’effigie ufficiale del nostro benamato Bologna sulla giacca o sulla  t-shirt. Perché non è così. Perché, altrettanto, non è garbato pensare di spacciare per buono ciò che buono non è. È una roba che non si fa neanche negli autogrill. I bolognesi non sono scivolati giù da una montagna di sapone. Quando Celine Dion è nata, Lucio Dalla già esisteva da venticinque anni. Giusto per dire.
Personalmente, ho sempre utilizzato, in 25 anni di questo lavoro, la tolleranza e l’educazione come strumenti basici. E continuerò a farlo. Ma ritengo inaccettabile che, al pessimo saluto dato alla città, nell’ultima partita casalinga, ci si senta poi dire che le mele erano fantastiche. Non sarò becero nel rivolgermi alla Società tutta con uno sfrontato “Bàn, c’sa dit?” però, ribadisco, questa non è una città di sprovveduti. E se viene chiesta pazienza e tolleranza, questa meravigliosa e antica città avrà pazienza e tolleranza. Qui ne abbiamo la cultura di ciò. Perché lo facciamo da sempre e provo orrore nei confronti di chi non lo fa. Ma sia ben chiaro: se la mela non è buona al nostro gusto, evidentemente non lo è davvero. Al di là delle modalità con cui questo concetto venga espresso.
Perché, a volte, è più semplice ed educato, riconoscere i propri sbagli, se ce ne son stati. Se così non è, se errori non son stati fatti, non serve scusarsi. Ma nessuno venga a regalarci una sveglia che trilla a campanella come artefatto della più moderna tecnologia. Qui in Europa l’abbiamo già fatto, sbagliando. E chilometro più chilometro meno, proprio in quelle terre. Ma anche lì e a quel tempo, sapevano distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è.

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