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Il Resto del Carlino – Joey Saputo: “Daremo il massimo per creare una squadra competitiva e di cui essere fieri”

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Pietro Pieralisi


Montreal e Bologna, due città lontanissime ma unite da un filo comune: Joey Saputo. Il patron dei due Club di football è imprenditore di successo e, come per ogni capo d’azienda che si rispetti, la sua personalità è pacata ma decisa, contornata da una calma più britannica che canadese. Sulle colonne del Resto del Carlino Doriano Rabotti ha intervistato in esclusiva il chairman rossoblù:

Recentemente ha visto Sinisa? Come sta?

“L’ho incontrato giovedì e l’ho visto abbastanza carico e ottimista. Sono stato molto contento di vederlo così in forma, lui ci crede tantissimo. Mi ha detto che le cure stanno andando bene”.

Il Bologna ha reagito alla notizia come una famiglia.

“Io lo dico sempre, è nei periodi difficili che abbiamo bisogno di essere sostenuti, vale anche nello sport. Quando le cose vanno bene è tutto bello, ma è quando vanno male che serve l’aiuto di chi ci sta vicino. Come in famiglia. Questa è la mia filosofia, non ci abbiamo pensato neanche due volte, all’ipotesi di cambiare allenatore”.

Quanto inciderà la sua assenza?

“Difficilissimo rispondere. Speriamo che l’entusiasmo dei giocatori possa aiutare quando l’allenatore non ci sarà, ma lo scopriremo strada facendo. Sinisa è uno che durante la partita può fare la differenza, speriamo che i calciatori siano abbastanza maturi da farsi carico di questa situazione e ottenere risultati positivi. Finora ci stanno mettendo l’entusiasmo che serve, abbiamo visto che la squadra e il capitano sono attenti, e sono sempre in contatto. Sanno che Sinisa li guarda”.

Lei come vive la città?

“Molto bene, anche nei periodi difficili i bolognesi mi hanno sempre portato rispetto. La prima volta che sono venuto a Bologna mi sembrava di essere a Montreal”.

Perché?

“Era il 2012, ero venuto per trattare l’ingaggio di Marco Di Vaio per gli Impact. Il Bologna doveva giocare in casa contro la Juve, ma la partita fu rinviata perché la città era coperta di neve, sembrava il Canada. Arrivai da Firenze in treno, mangiai al Diana, il giorno dopo ci accordammo per Di Vaio e ripartii”.

Quando è a Montreal come vede le partite del Bologna?

“Quasi sempre registrate, soffro troppo. Quando non sono allo stadio, non riesco a vedere in diretta tv né il Bologna né gli Impact: troppa tensione. Il giorno della partita contro l’Inter, la prima di Mihajlovic, ero talmente teso che sono andato a fare due ore di sci di fondo in montagna, vicino a Montreal. Quando ho riacceso il telefonino ho visto i messaggi di felicitazioni”.

Contro Minnesota ha perso il suo solito aplomb, per un errore dell’arbitro.

“Ma quello che si è visto nei video non corrisponde alla realtà dei fatti. Non scendo mai in campo, quella volta l’ho fatto perché nell’intervallo era prevista la premiazione di una nostra vecchia gloria. Mentre scendevo ci hanno dato il rigore contro e ho visto sugli schermi che non c’era. Allora ho detto al mio allenatore, indicando gli schermi: se devi criticare gli arbitri fallo pure, la multa la pago io perché non era rigore. Ma all’arbitro non mi sono rivolto, non lo faccio mai. L’ultima volta che l’ho fatto ho preso tre giornate. Quando guardo una partita mi sforzo di restare equilibrato perché un presidente non deve mostrare eccessi, secondo me”.

In famiglia siete appassionati di calcio?

“Sì, tanto che ho conosciuto mia moglie Carmie, che è di Montreal, a Pasadena in California, durante la finale del mondiale di calcio del 1994 tra Italia e Brasile. I miei quattro figli giocano o hanno giocato tutti. Mio figlio Luca era milanista, è arrivato a buoni livelli, ora a 22 anni fa l’università e ha smesso, come il secondo, Simone, che ne ha 20. Joey jr. ha 17 anni e l’anno prossimo farà una scuola dove potrà giocare a calcio. Il piccolo Jesse forse è il più bravo di tutti, dorme col pallone, ha 12 anni e gioca nell’Academy degli Impact”.

Avremo un Saputo calciatore allora?

“E’ presto, e poi io non sono un genitore che vive di riflesso sui figli. Credo che il nostro ruolo sia quello di aprire delle porte, poi tocca ai figli mettersi alla prova e costruire il proprio cammino”.

Nel basket tifa Fortitudo?

“Non sono tifoso né della Virtus, né della Fortitudo. Mi piace tantissimo l’ambiente del tifo del palasport, così caldo. E sono contento per i Toronto Raptors campioni della Nba, il proprietario è un mio amico. Anche se ha pure il Toronto calcio”.

Torniamo a parlare di calcio: l’arrivo di Sabatini è l’inizio di un progetto tra i suoi due mondi calcistici?

“In realtà era un’idea che avevo in mente ancora prima di comprare il Bologna: quando pensavo di prendere un club in Europa avevo in mente una specie di gemellaggio, è importante per lo sviluppo del calcio in Nordamerica. Ci è voluto solo un po’ di tempo perché prima c’erano cose da fare per rimettere in piedi la società, a Bologna, ma penso che abbiamo trovato la persona e i tempi giusti”.

Intanto a Montreal il nuovo acquisto Lappalainen si è presentato con una doppietta.

“E altri due gol li ha fatti Okwonkwo, a Montreal hanno scritto che quella partita è finita: Bologna 4, Philadelphia 0. Lappalainen è un’idea di collaborazione, speriamo sia l’inizio di un progetto. Magari un giorno potrà venire in serie A come un grande giocatore”.

Dopo averli affrontati mentre la contestavano per la sconfitta contro il Frosinone, cosa si sente di promettere ai tifosi del Bologna?

“Io posso solo promettere che faremo tutto quanto è nelle nostre capacità per dare un club di cui la gente sia fiera. Anche io vorrei vincere sempre, ma dobbiamo capire la nostra realtà. Faremo il massimo per creare una squadra competitiva, non voglio più rivivere un anno come l’ultimo. Credo che la società sia maturata, possiamo assicurarci che in futuro se le cose vanno bene possiamo anche entrare in Europa, ma se vanno male non rischiamo la retrocessione”.

Si può confermare il decimo posto?

“Dovremo metterci tutti qualcosa in più, ci vorrà un po’ di fortuna. Ma l’assenza di Mihajlovic non deve essere una scusa o un alibi”.

Saputo, dove si vede tra dieci anni con il Bologna?

“Non sono il tipo di persona che fissa obiettivi che non sono raggiungibili con certezza o che non dipendono solo da noi, come uno scudetto. Per me è importante inseguire obiettivi raggiungibili con il nostro sforzo: voglio continuare a essere coinvolto nella città e in uno sport che cresca con obiettivi realistici. Continuerò a fare le cose giuste per portare gioia alla città di cui facciamo parte”.

Parliamo dello Stadio. A che punto siamo?

“Quello sul Dall’Ara è un investimento che aiuterà il Bologna a crescere, a diventare una piazza più importante. Però è importante anche capire che l’investimento deve essere giustificato e sostenibile. A Montreal costruimmo lo stadio in due fasi, partimmo con troppa fretta e ci costò molto più del previsto, quindi quando abbiamo affrontato il discorso Dall’Ara ho detto a Fenucci che non mi volevo buttare in un progetto di cui non conosco la fine. Volevo tempi, costi e finanziamenti tutti chiari e definiti”.

Al Saputo Stadium di Montreal c’è una grande campana che suona quando segnano gli Impact.

“Montreal è la città americana che ha più chiese per abitante, è chiamata anche la ‘città delle cento campane’. I nostri tifosi, che si chiamano 1642 dalla data di nascita della città, hanno comprato la campana che è diventata un simbolo. Ogni volta che c’è un gol suona, la colpiscono attori, personaggi famosi. È una cosa in più che hanno voluto fare i tifosi. Una volta venne George Saint Pierre, un campione di arti marziali miste, e perdemmo senza fare gol. Da allora non ho più voluto sapere chi veniva a suonarla. Sono molto scaramantico, troppo. Però mi piacerebbe qualcosa di simile alla campana, a Bologna”.

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