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Il Resto del Carlino – Renato ‘il Mitico’ Villa: “Ecco la mia infanzia in campagna. Motta? Ha grandi meriti ma ha gestito male Arnautovic”

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Prima di diventare “il Mitico”, Renato Villa era un ragazzo di campagna: in un’intervista con Il Resto del Carlino, l’allenatore ed ex calciatore classe 1958 ha raccontato la sua infanzia a Cornaleto, un paesino di trecento abitanti immerso nei campi della provincia di Cremona. “Il Bologna sabato va a Cremona? Io ci vado una o due volte alla settimana. Papà Luigi a 97 anni accudisce ancora le sue dieci galline e mamma Maria, di 93, gli dà una mano. Vado là, pranzo con loro, faccio un giro in paese per salutare i vecchi amici e porto a casa le uova” ha raccontato.
Di ruolo difensore, Villa ha esordito in vari club dilettantistici lombardi e poi ha indossato la maglia del Bologna dal 1986 al 1992, collezionando 230 presenze e rendendosi protagonista della promozione in Serie A nella stagione ’87-’88. Il giocatore è stato soprannominato “il Mitico” grazie ai suoi velocissimi recuperi difensivi.
 
Di seguito riportiamo alcuni spezzoni dell’intervista con Massimo Vitali.
Anche lei ha fatto vita di cascina. Come no: e ne vado fiero. Da bambino, quando l’aiutante non poteva venire, aiutavo mio padre a mungere le mucche. Mi svegliava nel cuore della notte e così andavo nella stalla con il secchio a raccogliere il latte. Non mi è mai piaciuto studiare, sono arrivato alla terza media e poi ho salutato tutti. Già da bambino avevo una sola cosa in testa: il pallone. A Cornaleto davanti alla scuola c’era un campetto da calcio a sette: ogni volta facevo venir sera“.
Zero voglia di studiare, ma tanta di lavorare. Perché c’era bisogno di portare i soldi a casa. Il mio primo impiego è stato da tornitore, ho cambiato tre officine. Poi il presidente del Pizzighettone, la squadra in cui ero andato a giocare, mi ha dato un lavoro più stabile in una fabbrica di camicie“.
E intanto sul campo studiava da Mitico. Ho cominciato a 13 anni nel Pizzighettone: due anni dopo ero già in prima squadra, campionato di Prima Categoria. Giocavo terzino sinistro, nonostante fossi di piede destro. Tifavo Inter e crescendo mi ispiravo a Carletto Muraro: mi piaceva la sua rapidità di attaccante. Allo stadio Zini non andavo quasi mai: Cremona era lontana e io ero un ragazzo di paese“.
Sabato conta di più per il Bologna o per la Cremonese? “Mi verrebbe da dire che conta il giusto per entrambe. La Cremonese al 90 per cento è già retrocessa e il Bologna credo che abbia pochissime possibilità di ottenere un piazzamento utile per l’Europa“.
Anche lei vede una squadra un po’ sgonfia? 
Il calo nell’ultimo mese c’è stato. Corri e corri, se non hai tante alternative ai titolari qualcosa sul piano fisico alla lunga lo paghi. Ma per me c’è dell’altro: Motta ha grandi meriti nell’aver dato un’identità alla squadra ma non mi ha convinto per niente nella gestione di Arnautovic. Al di là degli infortuni, se hai un attaccante da 12-15 gol a campionato devi saperlo gestire meglio“.
Thiago resta? “Resta se non ha richieste da grandi squadre. Cosa che può succedere perché lui ha giocato ad alti livelli ed è stimato“.
E Arnautovic? Chi lo sa. L’unica certezza è che non possono restare sia lui che Motta“.
Il ragazzo cresciuto nella Bassa cremonese in lei non ha mai smesso di esistere. “Vivere in provincia mi ha trasmesso dei valori: è in quegli anni che ho imparato che l’impegno e la serietà pagano“.
 
(Fonte: Il Resto del Carlino, Massimo Vitali)

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