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La Repubblica – L’occhio del “Grande Fratello” Zunino

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FIGC


Non è di certo una passeggiata sorbirsi più di 10 partite al giorno, tra campionati più apprezzabili ed altri meno appassionanti. Bisogna essere allenati anche in questo. Allenamento che non sembra mancare a Marco Zunino, nome sconosciuto ai più, ma che da anni è al fianco di Bigon ed è sopravvissuto all’epurazione degli scout, dopo la “cacciata” di Maurizio Micheli e Leonardo Mantovani, rimpiazzati successivamente da Marco Arlotti e da Mattia Baldini, ex manager di Real Madrid, Roma, Tottenham ed Inghilterra. Coordinatore dal 2016 dell’area scouting rossoblù, per Zunino sono già 52 le primavere trascorse, spese soprattutto ad ampliare la propria banca dati riguardante il mondo del calcio. Non ama gli spostamenti come i suoi colleghi, ma se c’è un giocatore da valutare, Bigon in primis chiama lui. Il merito per la formazione di questo duo spetta a Matteo Marani: ai tempi del Guerin Sportivo, la rubrica “Zunino consiglia” era un punto di riferimento per gli appassionati di mercato, con quest’ultimo che manifestò il desiderio di collaborare con quello che ai tempi era il diesse del Napoli. Detto, fatto. Da allora lavora alacremente, con voci da Casteldebole che confermano come le uniche pause che si conceda dal proprio lavoro, siano quelle per visitare la propria Liguria, più precisamente Savona. Personaggio calcisticamente formatissimo, caratterialmente criptico, il suo “Manuale per l’osservatore calcistico” è lo strumento perfetto per apprezzare appieno la sua competenza. Non solo metodi di catalogazione dei prospetti del mondo pallonaro, ma anche tutte le indicazioni per diventare un osservatore modello. Diventato esempio per tutti gli altri, insieme a Filippo Fusco ed a Paolo Piani. ha dato vita al corso per osservatore nel 2017, che oggi sta riscuotendo un successo sempre più crescente. Ma per capirne la personalità torniamo indietro di un paio d’anni: interpellato sulla posizione di Nagy sul rettangolo verde, dispensò un sorriso sarcastico e sgusciò via tra la folla che stava guardando l’amichevole di quel giorno. Ora, dopo qualche anno, il dubbio sul ruolo dell’ungherese rimane: fisicamente minuto per comandare a centrocampo, forse poco troppo pericoloso per maturare ed esplodere come mezz’ala. Ad Inzaghi l’ardua sentenza.
Fonte: La Repubblica; articolo di Simone Monari

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