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Bologna

Livori in corso

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Fare seriamente il mestiere di giornalista – è giusto ricordarlo ai miei giovani colleghi ed è giusto che lo sappiate anche voi – comporta qualche piccola rinuncia, ma ne vale la pena. Per esempio, bisogna essere in grado di mettere da parte simpatie e antipatie. O ancora, bisogna affrontare solo argomenti che si conoscono davvero. Infine, e questa forse è la parte meno facile, bisogna rinunciare a cavalcare il Malcontento, un puledro che ti regala “likes” a non finire ma che spesso galoppa nella direzione sbagliata. Nel mio piccolo, ho sempre cercato di fare seriamente il mio mestiere senza rinunciare alla capacità di sorridere, preziosa alleata contro lo stress diffuso. La regola vale in ogni campo, ovviamente pure in quello calcistico. Prima del settimo turno di campionato, il Bologna ha già vissuto parecchi stati d’animo. Siamo passati da una pacata euforia agostana (il superamento o meno del primo turno di Coppa Italia vale niente, ma da queste parti gli aruspici ne traggono sempre presagi di sventura, peraltro mai concretizzatisi, o di futuri radiosi, e qui staremo a vedere). I rossoblù, quindi, superano il turno e c’è chi sogna traguardi lontani. Poi comincia il campionato, la Spal passa al Dall’Ara e il Bologna è ormai in Serie B (prima che sia iniziato settembre…), verdetto ribadito dal pareggio con il Frosinone e dalle sconfitte con l’Inter e il Genoa. Sul declinare di settembre, si riaccende l’acqua calda di questa eterna doccia scozzese: i ragazzi di Pippo battono la frastornata Roma, allora si può addirittura vincere, allora non tutto è da buttare, salvo che tre giorni dopo gli stessi pagano dazio sul terreno dei Campioni d’Italia (che loro sì lo scudetto l’hanno vinto prima di cominciare a giocare). Una sconfitta che non permette ai profeti di sventura di ridare subito fiato alle trombe, ma consente loro di… riscaldare il fiato. Ecco quindi un’altra rinuncia, che affronto volentieri: parlare “prima” invece che “dopo”, un esercizio che ti espone inevitabilmente al contropiede dialettico degli altri, i fautori del “dopo”, ma al quale non rinuncerei per niente al mondo. È per questo che non mi va di aspettare l’esito di Bologna-Udinese, perché quello che voglio scrivere è a lunga conservazione, non teme l’1, l’X o il 2. Se lo chiedeva pure Vasco qualche anno fa, e non sono sicuro che si riferisse a Bologna: cosa succede in città? Succede, secondo me, che le aspettative sono troppo alte. Bologna è un bellissimo paesone che si immagina metropoli e nessuno si è mai preso la briga di spiegarlo ai bolognesi perché certe cose non portano “likes” (o voti, fate voi). La Bologna che conosco io è una splendida città di nobili tradizioni che – per fortuna, ai miei occhi – non ha mai compiuto il balzo decisivo verso la spersonalizzazione metropolitana. Nonostante questo, le aspettative sono sovradimensionate. Dice: abbiamo in bacheca un sacco di scudetti. Vero. Però nell’ultimo cinquantennio il Bologna ha rubacchiato solo una Coppa Italia al Palermo e nient’altro, quindi smettiamola di vivere di ricordi o almeno abbiamo l’onestà di datarli, i ricordi. Dice: a Saputo non interessa niente del Bologna. Vero, secondo me, ma in Serie A – restiamo in categoria per rendere omogeneo il ragionamento – non esiste un solo “presidente-tifoso” (quello del “Viperetta” è un discorso troppo lungo e ridicolo da fare in questa sede) per il semplice motivo che i due termini, presidente e tifoso, non possono coesistere. Il presidente è quello che immette soldi in società sperando che ne generino altri o, nella più bonaria delle ipotesi, che bastino a non fargli rompere le scatole. Anche il tifoso spende, certo, ma spenderebbe (a chiacchiere, tanto non sono i suoi…) qualunque cifra pur di vincere. Quindi, primo punto da imparare a memoria, il presidente non è un tifoso. Io di presidenti-tifosi in epoca recente ne ricordo soprattutto uno, Franco Sensi, che ha dilapidato il proprio patrimonio personale per vincere uno scudetto: per quanto mi riguarda, rispetto la sua memoria ma lo non porto ad esempio. Dice: Bigon non sa fare il suo mestiere, era meglio Corvino. Io ho sempre preferito avere a che fare con gente che antepone il bene societario a quello personale, però i gusti son gusti, a patto che non si  dimentichi – andando a memoria – che su piazza è stato al massimo sopportato Oriali, è stato perculeggiato Cipollini, è stato massacrato Salvadori, è stato guardato di sguincio Longo e non è stato preso sul serio Fusco. Insomma, o sono tutti scarsi i direttori sportivi passati da Bologna o il mestiere non viene capito dai bolognesi, fate voi. C’è poi l’allenatore. Pippo Inzaghi, dopo lo stentato avvio, è stato definito inadatto, addirittura da qualche parte ho sentito rimpiangere Donadoni (il che, se non altro, rende giustizia a un bravo allenatore che è anche un grande uomo). Ma Pippo non se la deve prendere più di tanto, perché vorrei ricordare in ordine sparso Guidolin, Arrigoni, Malesani, Delio Rossi, Pioli e lo stesso Donadoni, tutti crocifissi in nome di un’eterna Pasqua rossoblù. E siamo a oggi, anzi a ieri, forse a domani. Il Bologna ha giocato sei partite. Prima dell’inizio del torneo, che cosa ci si poteva legittimamente aspettare? Diciamo una vittoria o un pareggio con la Spal, una vittoria o un pareggio con il Frosinone, un pareggio o una sconfitta con l’Inter, una sconfitta con il Genoa, un pareggio o una sconfitta con la Roma, una sconfitta con la Juventus. Tirando le somme, da un minimo di 3 a un massimo di 8 punti: prudenziale la prima previsione, fuori dal mondo la seconda. Il bottino reale, invece, è stato di 4 punti. Perdonate la domanda: il dramma dov’è? Semplice, il dramma non c’è, ma in compenso c’è dell’altro. Non essendo utile rispettare il cartello “Lavori in corso” (ricordate che il campionato finirà in maggio?), i poveri di spirito – tanti, troppi per i miei gusti – ne hanno preparato un altro, “Livori in corso”, che va di moda da molti anni, oltre ogni ragionevole dubbio. Da una parte, chi va a Casteldebole a rinnovare la propria fede; dall’altra, chi preferisce rimpiangere (Zanetti meglio di Saputo, Corvino meglio di Bigon, Chiunque meglio di Inzaghi) anche il non rimpiangibile cavalcando il Malcontento. Io sto con i primi. E, a proposito, mi direte com’è finita Bologna-Udinese?

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