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Meteore Rossoblù – Ibson, il fantasista “comparsa” che non ha lasciato il segno

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Ibson Barreto da Silva, in arte semplicemente Ibson. Basta un nome per far comparire un sorriso a 32 denti sulla bocca di qualunque bolognese appassionato di calcio. Persino i tifosi più giovani hanno imparato a conoscerlo, idealizzandolo grazie ai ricordi di coloro che lo hanno visto scendere in campo.

Ibson Barreto da Silva, brasiliano nato a Niterói nel 1983. Ruolo: centrocampista. Questo recita la pagina Wikipedia del giocatore, senza entrare troppo nei dettagli di quella che è stata la sua esperienza sotto le Due Torri. Un’esperienza difficile in una stagione drammatica, quella 2013-2014, costellata di insuccessi e caos societari (basti ricordare la cessione di Diamanti), che hanno fatto scivolare inesorabilmente in serie B la squadra allenata prima da Pioli e poi da Ballardini.

E il giocatore carioca, in un modo o nell’altro, è divenuto uno dei tanti simboli del naufragio rossoblù. Premettendo che la situazione nella quale si viene a trovare da gennaio 2014 – mese in cui viene acquistato dal Corinthians – è già a dir poco drammatica, nella lunga sfilza di calciatori sudamericani che il Bologna ha avuto negli anni, Ibson figura certamente tra quelli che meno hanno inciso, sia per apporto alla squadra, sia per rendimento individuale sul rettangolo di gioco.

Ma riavvolgiamo il nastro della sua sfortunata parentesi italiana. Ultimo giorno della sessione invernale di calciomercato, ore 22.55: il diesse Salvatore Bagni deposita il contratto del nuovo acquisto del Bologna. Il colpo di grazia sulle trattative, l’asso nella manica estratto sul gong finale, e a cui nessuno può controbattere. Colpo dell’ultimo minuto che suscita la curiosità del mondo calcistico italiano, figuriamoci dei bolognesi che stanno aspettando proprio un sussulto dal mercato in entrata dopo la delusione procurata dal fallimento dell’operazione Maicon. Il nome di Ibson comincia a filtrare dalle rigide trame della sede di Lega, e tutti che subito corrono ad informarsi sul pedigree del giocatore brasiliano. Talento del Flamengo, in cui esordisce ed esplode tra il 2003 e il 2005 portandolo alla conquista del titolo carioca, poi la militanza al Porto, allo Spartak Mosca e al Corinthians, collezionando altri due scudetti e una supercoppa di Portogallo. Il tutto condito da qualche apparizione in Champions League. Si d’accordo, il suo contributo alla causa dei Dragões non è stato certamente indispensabile, ma chi siamo noi per giudicare numeri e statistiche? Qualcosa ci avranno visto nel piccolo diamante di Niterói, no?

Quast que l’è bon, tal deg me”. E soprattutto è un centrocampista offensivo, adattabile quindi a trequartista: una collocazione in mezzo al campo che si rivelerà a dir poco fondamentale da lì ad alcuni giorni, vista la cessione di Diamanti in Cina a mercato europeo chiuso. Con buona pace dei tifosi abbattuti dalla dipartita del fantasista toscano c’è almeno una consolazione che aleggia in città: per fortuna abbiamo trovato un sostituto. E che sostituto, visto che in patria ha ricoperto la stessa posizione di un certo Zico, guadagnandosi le stimmate della stella.

Con i migliori auspici, la stagione di Ibson a Bologna comincia invece nel peggiore dei modi. Anzi, a dire il vero nel più esilarante: arrivato all’aeroporto Marconi, il brasiliano non trova nessuno ad accoglierlo, nessun signore con un cartello con il suo nome. Una dimenticanza che costa la sospensione di quattro dirigenti rossoblù e che alimenta ben più di qualche chiacchera da bar in città.

Archiviato lo scivolone societario la parola passa al campo, ma l’avventura del verdeoro non migliora affatto: indolente e superficiale, non riesce mai ad emergere in un organico già di per sé poco competitivo per la serie A, finendo spesso in panchina. Il suo tabellino recita undici presenze, zero reti, zero assist e due ammonizioni, non proprio quello che ci si aspetta dal successore di Alessandro Diamanti, soprattutto in un periodo così critico.

Il trequartista chiamato a salvare la nave e che dovrebbe far sognare, manda i bolognesi a casa con gli incubi della retrocessione. Che non sia solo colpa di Ibson è un dato di fatto: gli errori nella costruzione della squadra si sono resi evidenti sin dalla prima parte della stagione, fino ad arrivare alle fallimentari operazioni del calciomercato invernale, che hanno fatto approdare sotto le Due Torri anche lo svedese Friberg. Tuttavia, il brasiliano non si dimostra mai all’altezza della nomea che lo precede in patria, risultando addirittura controproducente in campo.

Un avvertimento, a onor del vero, c’era stato. Una pulce messa nell’orecchio dai tifosi del Corinthians che, dopo la dipartita del centrocampista, hanno esposto uno striscione di ringraziamento al Bologna per averlo portato lontano dalla città. L’esperienza italiana di Ibson resta dunque l’emblema di una squadra zoppicante che viaggia inesorabilmente verso la serie cadetta.

A metà agosto, dopo appena sei mesi, viene girato in prestito allo Sporting Recife in Brasile, dove non riesce a lasciare il segno e per questo mai riscattato dai Leoni sudamericani. Tornato nuovamente a Bologna nel 2015, ecco la definitiva rescissione del contratto con i felsinei, in seguito alla quale comincia una nuova avventura oltreoceano. Questa volta presso il Minnesota United, oggi militante nella MLS americana, campionato in cui fino ad ora ha totalizzato 76 presenze e sette gol.

Una sorta di rivincita per il trequartista carioca, giunto sotto le Due Torri all’ultimo secondo senza mai dimostrare il proprio talento. È arrivato, ha deluso ed è andato via. Una vera e propria meteora calcistica, ma con una differenza dalle altre: “lù lé, l’è qual lé ch’nuèter san scurdè all’aeropôrt”.

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