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Cambiaghi: «Italiano mi ha cercato, atteso e migliorato. Scudetto? Il calcio è strano»

Nicolò Cambiaghi si è lasciato andare raccontando di sé in un’intervista a La Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole.

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Cambiaghi esulta per il primo gol in rossoblù durante Verona-Bologna
Cambiaghi esulta per il primo gol in rossoblù durante Verona-Bologna (fonte: Bologna FC 1909)

Estate 2024: la valigia di Nicolò Cambiaghi che si apre sotto le Due Torri, e quella – ben più pesante – che Vincenzo Italiano posa nello spogliatoio rossoblù prendendo l’eredità di Thiago Motta. Due arrivi non casuali, due tasselli di un progetto che vuole proseguire, non certo ricominciare. E oggi, a distanza di più di un anno, si può dire che quell’incrocio abbia portato a una squadra che continua a stare bene insieme, forse ancora prima che a giocare bene.

Le parole di Nicolò Cambiaghi a La Gazzetta dello Sport

Siamo pochi, ma contiamo molto

Gli infortuni non mancano, ma nello spogliatoio del Bologna nessuno si arrende. «Siamo corti, sì, ma solidi» racconta con un sorriso chi in quel gruppo vive ogni giorno. «Il livello che abbiamo raggiunto è alto, e non solo grazie all’esperienza di chi gioca di più: chiunque venga chiamato in causa alza la qualità. Anche senza alcuni di noi – Freuler, Skorupski, Holm, Rowe – la squadra sa restare all’altezza. C’è sempre qualcuno pronto a prendere in mano la situazione. Dominguez? Anche lui fa parte della nostra forza».

Orsolini e Cambiaghi in allenamento prima di Fiorentina-Bologna (© Bologna FC 1909)

Orsolini e Cambiaghi in allenamento (© Bologna FC 1909)

La ricetta: un gruppo che funziona

Sacchi ha detto: “Studiate il Bologna”. Cambiaghi non si esalta ma sorride, quasi divertito: «La nostra vera arma è l’unione. Ci vogliamo bene, davvero. Sembra un luogo comune, invece è la verità. Quando Pessina è entrato contro il Napoli era teso, lo eravamo tutti: ma ognuno gli ha detto una parola, un incoraggiamento, un modo per fargli sentire che non era solo. È una cosa rara. In campo poi giochiamo un calcio che ci piace: ritmo alto, idee chiare, sempre con l’obiettivo di vincere. E quando ti diverti, succede che giochi anche meglio».

I gruppi sperimentati da Nicolò Cambiaghi:

«A Empoli avevo trovato un bel clima, lo ammetto. Però quello di Bologna è speciale». Poi cita gli amici: Pellegrini, Perisan, Rizzo Pinna, Fazzini, Luperto. Le radici restano anche quando la carriera corre veloce.

L’azzurro: due minuti che valgono una vita

Ha giocato poco, ma ha respirato tutto: «Contro Israele non ho nemmeno toccato palla, ma che importa? Ho pensato solo: “Nic, è tutto vero”. Italiano mi ha detto che pagherebbe per vivere un’emozione così. Gli devo molto».

Gli insegnamenti di Nicolò Cambiaghi: da Sartori a Italiano

Il viaggio di Cambiaghi è iniziato presto, con il fratello gemello a tirare i primi calci. Poi la Vimercatese, e l’occhio di Favini che lo porta all’Atalanta. «Sartori mi ha visto crescere lì, e oggi è una di quelle persone che ringrazierò sempre. All’Atalanta ho vinto tanto nelle giovanili: l’esordio in A sarebbe stato un sogno, ma se non fossi passato da Bergamo oggi non sarei qui».
E poi c’è Italiano: «Mi ha voluto, mi ha aspettato, mi ha migliorato. Anche quando mi sono rotto il ginocchio, non mi ha mai fatto sentire un peso. Mi ha insegnato a essere più concreto, a cercare la porta».

Vincenzo Italiano con la Coppa Italia, sfiderà il Parma a Dicembre(© Damiano Fiorentini per 1000 Cuori Rossoblù)

Vincenzo Italiano con la Coppa Italia (© Damiano Fiorentini per 1000 Cuori Rossoblù)

Le famose sedute extra con Ndoye

«Quegli esercizi con Ndoye li facevamo davvero. Italiano vuole che noi attaccanti diventiamo… attaccanti veri, non solo giocatori belli da vedere. Se non facciamo gol, la strada si fa dura: e ha ragione».

Da Berlino 2006 a un possibile 2026?

La foto che lo ritrae bambino, accanto al papà, in tribuna per la finale mondiale: «Ricordo poco, avevo l’età per vivere tutto senza comprendere davvero. Ma rivedere quelle immagini dopo la chiamata in Nazionale è emozionante. Pensare al Mondiale negli Stati Uniti? Sarebbe bellissimo. Ma prima devo meritarmi un’altra convocazione. Un passo alla volta».

Cambiaghi sull’ipotesi scudetto

Nicolò alza le mani: «Calma! Se poi capita, lo prendo volentieri: il calcio è imprevedibile».
Scaramanzie? «No, sono realista. Dobbiamo rendere il Dall’Ara un posto difficile per tutti. La vittoria sul Napoli lo dice chiaramente: qui chiunque deve sudare».

Stadio Dall'Ara (©1000 Cuori Rossoblù)

Stadio Dall’Ara (©1000 Cuori Rossoblù)

E se arrivasse la Supercoppa?

«Non dico nulla. Ricordo la notte della Coppa Italia: un’emozione gigantesca. Quando siamo andati a provare il campo, la curva era già piena. Trenta mila persone un’ora e mezza prima. Ci siamo guardati e ci siamo detti: “Facciamolo per loro”».

La gavetta come università del calcio

«Serve tutto nel calcio. Ai tecnici dico sempre che i giovani vanno lasciati sbagliare, è l’unico modo per migliorare. E ai ragazzi come ero io dico: non mollate mai. A 15-16 anni ho avuto anch’io un momento buio. Ma se tieni duro, le cose cambiano».

Dopo la maglia azzurra, cosa manca a Nicolò Cambiaghi?

«La Champions. L’anno scorso, per l’infortunio al ginocchio, sono rimasto fuori dalla lista. Mi piacerebbe tornarci, cantare quella musica entrando in campo. È un sogno enorme».

Fonte: Matteo Dalla Vite, La Gazzetta dello Sport

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