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Ricordo di Marino Perani a un anno dalla scomparsa

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foto storiedicalcio.altervista.org

 

 

È giusto un anno, oggi, che è scomparso Marino Perani, l’ala destra (allora si diceva così) del Bologna dello scudetto. Per la verità, col Bologna ha anche vinto due Coppe Italia, nel ’70 e nel ’74, una Mitropa Cup (nel ’61: non era più la stessa dell’anteguerra, che equivaleva alla Coppa dei Campioni, ma pur sempre un trofeo internazionale) e la Coppa Italo-Inglese nel 1970. È stato pure per quattro volte in Nazionale (l’ultima nella storica brutta esperienza con la Corea del 1966). Poi, come allenatore del Bologna non è stato altrettanto fortunato: dopo una prima beve chance nel 1979 (solo sette partite prima dell’esonero e del subentro di Cesarino Cervellati, anno finito col mitico 2-2, partendo dallo 0-2, in casa contro il Perugia, complice l’azzoppamento dello scatenato Bagni), l’intero campionato ’79-’80, che, grazie anche al ritorno in rossoblu di Beppe Savoldi, si era chiuso con un più che onorevole ottavo posto. Quel Bologna giocava pure benino (ce ne fosse, ora come ora…) ma alla fine rimase coinvolto nella brutta storia del Totonero, per cui fu penalizzato di 5 punti l’anno successivo, mentre Perani chiudeva per sempre la sua collaborazione coi rossoblu. Lui, di persona, non c’entrava proprio niente, ma la sua carriera è dovuta continuare, con alti e bassi, in giro per la penisola. Destino cattivo: era stato fra i coinvolti nella montatura del caso doping l’anno dello scudetto, come noto clamorosamente sbugiardato, e ora veniva incolpevolmente associato a qualcosa totalmente agli antipodi della rettitudine che ha sempre contraddistinto la sua figura di uomo.

Con 415 partite giocate, rimane il quinto giocatore di tutti i tempi per partite giocate nel Bologna, con 80 gol segnati, 4 meno di Beppe Signori, 3 più di Claudio Bellucci, che lo precedono e seguono nella classifica dove occupa il tredicesimo posto. Numeri importanti, alla fine, che tuttavia non riassumono fino in fondo quello che è stato agli occhi dei tifosi soprattutto per quei suoi magici dribbling che all’inizio culminavano nei cross per Pascutti e Nielsen (suo anche il passaggio al danese per il gol dello scudetto), poi, ormai a fine carriera, per Beppe-gol.

Cose che non si dimenticano, se si hanno nel cuore i colori del Bologna.

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