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Riccardo Orsolini: «Legato follemente a Bologna. A Roma voglio fare la storia»

Un’intervista tra ironia, autocritica e amore viscerale per Bologna: Riccardo Orsolini si racconta al “Corriere della Sera”. Gol, Nazionale, fascia da capitano e una dichiarazione d’amore alla città che lo ha reso grande.

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Riccardo Orsolini in Bologna-Lazio (©Bologna FC 1909 via Instagram)
Riccardo Orsolini in Bologna-Lazio (©Bologna FC 1909 via Instagram)

Di fronte al destino, ci sono due modi per stare in campo: subirlo o scriverlo. Riccardo Orsolini, con i suoi 13 gol in campionato e un sorriso che non si spegne mai, sceglie la seconda via.

Orsonaldo ha il volto del ragazzo che gioca a calcio come quando lo faceva da bambino, con la faccia sporca d’erba e la testa leggera. Ma dietro quel sorriso, oggi c’è un uomo che ha capito chi è e cosa vuole: restare nella storia di Bologna, spremersi come una fetta di limone e – se possibile – bussare con forza alla porta della Nazionale. Il suo racconto al Corriere della Sera è un mix di sincerità, ironia e fame di grandezza. Ecco le sue parole.

Le dichiarazioni di Riccardo Orsolini

Tredici gol in campionato, l’ultimo a San Siro al Milan. Orsolini in versione «Orsonaldo»?
«Ho segnato dalla mia mattonella, in quel gol c’è tutto me stesso. Attacco alla profondità, rientro e tiro. San Siro mi porta bene, mi gasa».

E sul suo record di gol…
«Dei numeri sono felice: 13 reti in campionato e 2 in coppa, spero non sia finita qui perché ne servono altri. Mi rende ancora più felice aver trovato grande continuità».

Sulla sconfitta contro il Milan:
«Eravamo in vantaggio e pensavamo di gestire, il Milan non dava l’impressione di voler andare all’arrembaggio, gli abbiamo dato la scintilla che li ha riaccesi e noi ci siamo aperti come il burro. Se giochiamo così a Roma prendiamo gli schiaffi. Abbiamo capito cosa non dobbiamo fare».

Quanto pesa sul Bologna il k.o. nella corsa all’Europa?
«Tanto, ora sei costretto a fare calcoli e dipendi dagli altri. Adesso devi vincere le ultime due gare e sperare, non è una buona situazione, è molto peggiorata. Ma non siamo quelli visti a San Siro».

Una vinta e una persa in campionato contro il Milan. Per la finale chi è favorito?
«Sulla carta loro a livello di nomi e blasone e poi sono il Milan. Le partite però vanno giocate e noi sappiamo cosa fare e, ora, cosa non fare».

Cos’è successo dopo la vittoria sull’Inter?
«Non è un calo fisico né paura o tensione, ogni tanto la nostra fiammella diventa fioca poi si riaccende: una spiegazione non c’è, è importante darsela in fretta».

È stata la sua stagione migliore, può crescere ancora?
«Ho raggiunto un livello di maturità tale per capire tante cose. È stata la miglior stagione perché vissuta con il sorriso: non sempre è successo».

Spalletti ha detto: “Saremo attenti a chi bussa alla nostra porta”. Si riferiva a lei?
«Posso controllare quello che posso cambiare, sulle decisioni altrui non ho potere. Mi piacerebbe anche volare, ma l’uomo non vola. La domanda va fatta al c.t.».

Ansia per la finale di Coppa Italia di mercoledì?
«Non ho mai giocato partite che contano davvero. Da una parte speri di vincere e sei un po’ teso, è una finale. Ci sarà un esodo, abbiamo spostato il Dall’Ara a Roma più che per lo spareggio-scudetto del 1964 con l’Inter: una roba che succede per il Papa. Poi vedrò il presidente Mattarella, è simpatico. Ricordo sotto il Covid quando si sistemava i capelli e fece quella battuta sul non poter andare dal barbiere».

Ha preparato qualcosa nel caso in cui il Bologna dovesse vincere la Coppa Italia?
«Niente di niente. Non mi aspetto nulla perché non voglio pensare alla delusione, ne ho già avute tante».

All’inizio aveva la fascia di capitano, poi Italiano gliel’ha tolta:
«Non è stata una punizione. Io devo giocare senza pensieri o responsabilità, libero. Sono contento di averla avuta per primo in Champions, ma un capitano si vede in altro: sono un trascinatore, la fascia è appena un pezzo di stoffa».

L’esperienza in Champions vi ha aiutato a raggiungere nuovi traguardi? Come la finale di Coppa Italia…
«Sì, tanto. Dopo le gare di Champions tornavamo in campionato e tritavamo tutti: ti portavi dietro quel ritmo, si va al doppio. Ad Anfield contro il Liverpool correvo e pensavo: “Ma come faccio ad andare così forte?”».

Sulle ultime partite e la caduta del Bologna in classifica:
«Abbiamo provato a fare tutto e abbiamo fatto bene: ora è fondamentale vincere la Coppa Italia e staccare il pass per l’Europa League. In questo il Milan sta peggio di noi».

C’è più pressione adesso sul Bologna?
«Io non la sento, ho il gusto di partecipare a un evento storico, da 51 anni che il Bologna non giocava una finale. E l’anno scorso la Champions che mancava da 60: in due anni abbiamo ucciso la storia».

Riccardo Orsolini e questa fine di Campionato:
«Mi sento come una fetta di limone, mi devo spremere tutto in questi ultimi venti giorni».

Sulla sua carriera e futuro a Bologna:
«Ho 28 anni, un contratto fino al 2027, sono legato in un modo folle a Bologna, ci siamo fusi. Ho fatto 70 gol e mai una volta ho baciato il simbolo sulla maglia e non lo farò mai: non prometto, non mi piacciono le prese in giro. Al Bologna c’è tutto per restare in alto. La prossima Supercoppa in Arabia sarà un altro passo di crescita: il “Califfato dell’Orso”. Fossi un giocatore mi prostituirei per venire a Bologna. Si sta da dio. Ci vediamo a Roma, sarà un successo e da Orsetto voglio abbracciare tutti i tifosi».

Adesso il sogno è lì, a un passo. E Riccardo Orsolini, con quella sua voglia matta di fare la storia, vuole trasformare Roma in una festa lunga una notte.

Ci vediamo a Roma. Toc toc.

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