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Bologna

Sliding doors – Se un evento potesse cambiare il corso delle cose

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1000 Cuori Rossoblù/Antonio Cetani

In questa storia ucronica (ucronìa = sostituzione di avvenimenti immaginari a quelli reali di un determinato periodo o fatto storico*) ai fini del racconto abbiamo tralasciato volutamente lo stato di pandemia in corso.

«Zlatan Ibrahimovic non lascia, anzi rilancia. Il campione svedese ha lasciato intendere di non voler chiudere la carriera con un campionato così travagliato e anche nella prossima stagione tornerà in campo. Col Milan? Chissà, ma nel suo futuro potrebbe anche esserci una sfida più grande, già sfiorata e accarezzata lo scorso inverno: il Bologna di mister Mihajlovic. I precedenti illustri non mancano: Ibra al Dall’Ara potrebbe ripercorrere i passi fatti da Beppe Signori e Roberto Baggio». Questo è quanto veniva scritto il 7 aprile dalla redazione di SportMediaset.

Ma cosa sarebbe accaduto davvero se Ibrahimovic lo scorso gennaio avesse accettato l’offerta del Bologna?

Ultima giornata di campionato. Da quando Zlatan Ibrahimovic è sbarcato a Bologna, la formazione rossoblù è riuscita a recuperare ben 18 punti a Lazio e Atalanta (a inizio anno terza e quarta in classifica). Oggi, contro il Torino, qualora dovesse arrivare la vittoria, la compagine felsinea si qualificherebbe di diritto alla prossima edizione della Champions League. Una vera e propria utopia fino a qualche mese fa, almeno fino a poco prima che le sorti del fuoriclasse svedese e il Bologna non si incrociassero.

Nello spogliatoio, prima del match, Ibra sembra essere nervoso, sa che qualificare gli emiliani in Europa potrebbe essere l’ultima delle tante imprese compiute in carriera. Forse sta pensando al momento della firma con il Bologna, al pressing fattogli da Mihajlovic e Sabatini, alla sola promessa ricevuta dal tecnico serbo: «Zlatan, da noi ti divertirai». Mai parole furono più vere. Infatti, nonostante l’iniziale perplessità dei tifosi che accusavano la società di aver acquistato un calciatore ormai finito, «una mera operazione di marketing» dicevano, Ibra fin da subito ha voluto chiarire le cose e alla domanda di un giornalista che gli riferiva dell’esitazione dei tifosi felsinei ha ribadito: «Zlatan non ha mai deluso nessuno, nemmeno sé stesso. A Bologna farò bene, sono sicuro che al termine della mia esperienza con i rossoblù i tifosi in segno di riconoscenza rimpiazzerebbero volentieri le due Torri con una mia statua gigante». Profezia vicina alla realizzazione visto che da gennaio a oggi l’attaccante ha segnato undici gol. Nella sua testa, però, da grande guerriero qual è, sa che potrebbero essere stati sforzi invano se questa sera non dovessero arrivare i tre punti e, magari, una sua marcatura. Questi ultimi pensieri lo rendono visibilmente nervoso.

Mancano pochi minuti al fischio d’inizio, l’arbitro chiama le due squadre. Si entra in campo. Il Dall’Ara è uno spettacolo, tutto rosso e blu, canti, cori, dalle tribune filtra un mix di emozioni tra la speranza e l’ottimismo. 36mila persone è il dato ufficiale delle presenze allo stadio, ma ad occhio sembrano molte di più.

Si parte. I padroni di casa cercano fin da subito di prendere le redini del match ma il Torino è propenso a giocare una partita difensiva pur di strappare il pareggio, risultato minimo necessario ai granata per qualificarsi ai preliminari di Europa League. Il primo tiro in porta è del Bologna, con Soriano, ma Sirigu blocca in due tempi. La partita fa fatica a decollare e i giocatori risentono della stanchezza accumulata nel corso della stagione ormai giunta alla fine. Termina il primo tempo, 0-0.

Durante l’intervallo, nello strano silenzio che riempie lo spogliatoio degli emiliani, Mihajlovic chiede ai suoi di dare il massimo ma con lo sguardo cerca di incrociare gli occhi di Zlatan, è a lui che sono rivolte davvero quelle parole, solo un fuoriclasse come lui può prendere per mano la squadra e condurla alla vittoria. I ragazzi sono davvero stanchi, ma con un urlo finale, quasi a voler far emergere le ultime forze, tutti insieme gridano la frase di rito, mai vera come questa volta, che li ha accompagnati per l’intera stagione: «Non c’è gloria senza sofferenza».

Inizia la ripresa. Il Bologna aumenta gradualmente il pressing sui portatori di palla avversari. Il tecnico serbo intuisce che per scuotere la partita c’è bisogno di energie nuove e al minuto sessanta entrano Skov Olsen e Dominguez per Sansone e Barrow. I cambi sembrano avere l’effetto sperato, i felsinei iniziano a costruire gioco e il Torino sembra non averne più. Il tempo a disposizione sta per scadere, mancano soltanto cinque minuti alla fine del match. I granata perdono palla a centrocampo, Poli verticalizza subito con un lancio lungo di 25 metri, il pallone arriva al vertice dell’area grande, il portiere tenta l’uscita ma Zlatan allunga il suo piedone e con la punta riesce ad anticipare l’intervento di Sirigu, l’ultimo difensore tenta il contrasto ma Ibra si allunga nuovamente e in spaccata spinge la palla in rete. Esplode il Dall’Ara, Bologna in vantaggio 1-0, Ibrahimovic corre a esultare sotto la curva Bulgarelli, allarga le braccia e resta immobile, come un Dio. Proprio in quel momento realizza di essere entrato nella storia del club emiliano, proprio in quel momento realizza che, se non al posto delle due Torri, una statua in suo onore in città sorgerà davvero. Da qui al termine della gara è un lento e dolce countdown per i tifosi di casa. Il Torino non reagisce. Dopo due minuti di recupero l’arbitro fischia la fine. Tripudio generale e apoteosi per Zlatan. I cancelli si aprono, la gente invade il terreno di gioco. Cominciano i festeggiamenti. Il Bologna è in Champions League.

 

*Definizione vocabolario Treccani

 

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