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Umarells rossoblu – Pescara Bologna – 12 Settembre

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Pescara è molto lontana, questa sera è venerdì, la trasferta non l’ho fatta. Un mio vecchio amico, Andrea, mi ha invitato a casa sua per seguire la gara. Lui nella vita si occupa di fusioni e acquisizioni, neanche a farlo a posta per un’azienda americana.
Pizza, birra e rutto libero. Fantozziano, bello, da maschi, da amici. Lui è un tifoso più tiepido di me, io sono uno da daspo a vita perfino nelle mura domestiche.
 
Acquafresca titolare. Lancio un bengala dal divano, colpisco un acquario, Andrea non la prende benissimo. 
 
Si inizia con un Bologna quasi volitivo. Dev’essere stata la birra belga eccessivamente forte, dopo cinque minuti vedo il solito Bologna, palle perse, piedi molli. 
Guardo il mio amico con occhi modello questuante, lo devo convincere a farmi fumare in casa. Si muove a pietà quando Coppola svirgola un rinvio e per un’inezia non dichiaro guerra al palazzo di fronte.
 
Accendo una sigaretta. Lui mi guarda quasi schifato. Rido.
 
Matuzalem ne combina una delle sue e scatta una percussione del Pescara. Mi ruba l’accendino e ne accende una pure lui. Rido di più.
 
Mentre il nostro centrocampo sembra di burro e gli abruzzesi fanno più o meno quello che gli pare, il mio amico prova a spiegarmi il concetto di due diligence, di closing, mi introduce al mondo degli indici di bilancio e sciorina dati patrimoniali del mondo del pallone. Lo guardo un po’ stralunato.
 
“Caro mio, i dati di bilancio, il closing la due diligence. Di diligence ne puoi fare anche ottanta, passami la freddura, ma se il venditore non vuole vendere hai ben poco da fare.”.
 
Punto di vista, il mio, con poca economia, pochi indici, ma molta concretezza.
 
Siamo presi dal disincanto, di società meglio non parlarne. Occhi sulla partita. Svarione di Maietta. Meglio non guardare, gli chiedo a donne com’è messo, butta gli occhi al cielo. Bene, siamo a posto, gli chiedo cosa usa per sgrassare il secchiaio, sembra più loquace. siam messi bene.
 
Incredibile al ventiduesimo, il Bologna tira in porta, per l’occasione compare una bottiglia di nocino. Un paio di minuti dopo Casarini si fa avanti, bella azione. Ottimo il nocino, se va avanti così ne verseremo di bicchieri.
 
Il primo tempo è tutt’altro, però, che sconvolgente. Il Bologna non punge, il Pescara non sembra averne troppa voglia, si fa vedere a folate. Un pareggiaccio?  I soliti compromessi al ribasso. 
 
Mentre già penso a commenti osceni, Buchel, che deve aver comprato missili dagli ucraini, ne lascia partire uno. Un gol bellissimo. Si salta sul divano, tavolini che volano, nocino come se non ci fosse un domani. 
 
Neanche il tempo di pensare che Buchel è in prestito e di deprimermi, che succede un qualcosa di epocale, mistico, tipo apparizione mariana a Medjugorje: fa gol Acquafresca. Volano le lampade, cadono i lampadari e il televisore conosce la gioia dell’autocombustione.
 
Il Pescara è in bambola, i nostri attaccano con una verve che non si vedeva da novantadue anni. All’improvviso un redivivo, gol di Casarini. Il nocino porta indubbiamente bene, piovono damigiane.
 
Finisce il primo tempo. Fuori casa. Stiamo vincendo tre a zero. Roba che neanche durante le guerre puniche.
 
Durante l’intervallo siamo usciti sulla terrazza, io sventolo una bandiera rossoblu, Andrea urla. Gioie mai viste. A Bologna, a noi bolognesi, effettivamente basta poco. In questa città basta poco, Joe, Albano, qua basta poco, stringetevi la mano. 
 
L’inizio della seconda frazione di gara ci salva da ripetute denunce per rumori molesti.
 
Pochi minuti e l’effetto euforia del nocino svanisce. Coppola va giù come una pera e non prende un colpo di testa degno da campionato esordienti di Salamon. Io e il mio amico non ci disuniamo. Il Pescara ora se la gioca tutta. Speriamo sia solo un piccolo neo a rovinare una bella partita.
 
Mi maledico per i miei pensieri. Coppola ne combina un’altra dopo qualche minuto, rigore e cartellino rosso. La gioia se ne va. Il Bologna è in dieci. Sigaretta d’ordinanza. 
 
Gol, Maniero. Parte una serie di improperi irriferibili.
 
Se non si soffrisse in continuazione non saremmo noi. Succede di tutto. Ci si mangia le unghie, si fuma, silenzio di tomba e il commento flemmatico della pay tv. Il Pescara ci sta prendendo a pallonate. Abbiamo avuto un black out al contrario, abbiamo giocato per un quarto d’ora, tre gol, miracolo. 
 
Il secondo tempo sembra l’assalto a Fort Apache.
 
Succede davvero di tutto, anche loro in dieci: Salamon abbatte Bentancourt come fosse un abete dei Giardini Margherita che ha fatto il suo tempo.
 
Secoli di recupero. 
 
Tre fischi. Tensione che si scarica. 
 
Si soffre sempre, troppo. Tre punti, finalmente, non vincevamo da sette mesi. 
 
Un’esultanza la mia e del mio amico non troppo convinta, ma si è pur sempre vinto. 
 
Suona il mio cellulare. E’ mio nonno. Sorrido.
 
“E’ stata dura, sono vecchio, per fortuna nonostante l’età ho il cuore forte!”.
 
“Hai ragione, questa è roba solo per cuori forti, nonno!”.
 
“Mai come uno spareggio per uno scudetto, mio caro.”.
 
“Già, almeno tu lo hai visto.”.
 
Saluto il nonno, saluto anche il mio compagno di tifo e torno a casa, a piedi. Le auto sfrecciano nelle vie della città, vie che da troppo tempo sono senza colore. Vie in cui manca quello che fu “L’urlo della città”.

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