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Calcio

Coman piega il PSG: la Champions League è del Bayern

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Ci sarà un motivo se il Bayern Monaco, dopo il Real Madrid, è la squadra più presente in Coppa dei Campioni: 37 edizioni, contro le 51 degli spagnoli. La storia e la tradizione continuano a pagare nella manifestazione più importante per club: belle le storie di Tottenham, Atalanta, Lipsia o i tentativi sempre sfortunati del Manchester City. Ma dopo Real Madrid e Liverpool, sono i tedeschi a far pesare ancora la tradizione e a tornare nell’albo d’oro della manifestazione a sette anni dall’ultima volta. Nel 2013, a Wembley, i tedeschi batterono un altro tedesco, Jurgen Klopp, allora tecnico del Borussia battuto in finale. E in questo pazzo 2020, in una Champions League finita un anno dopo i sorteggi dei gironi, il Bayern succede proprio al Liverpool di Klopp, raggiungendolo nel numero di Coppe dei Campioni conquistate. 

A Lisbona, nell’ultimo atto, è andata in scena solo qualità, altra peculiarità che insieme al dna internazionale fa la differenza in questa manifestazione. Colpi di classe, giocate, corsa (monumentali gli attaccanti a dare sempre una mano), raffinatezza del tocco di palla. “Artisti della pedata”, li chiamerebbe Gianni Brera, che preferiva il catenaccio e che invece questa sera, lui come molti altri, avrebbe dovuto capire che il bel gioco paga, e l’attacco è la miglior difesa. Per il PSG, per il quale il plenipotenziario Al Khelaifi aveva chiesto una Coppa Campioni nel giro di 5 anni dall’inizio della sua presidenza, dopo una decina d’anni è ancora a secco: non riesce a Tuchel riportare il trofeo in Francia dopo il chiacchierato e unico successo transalpino con il Marsiglia nel lontano 1993. 

Il Bayern, che aveva perso dopo venticinque minuti Boateng, ha meritato. Soprattutto nella prima frazione aveva iniziato meglio e capitalizzato il possesso palla, seppur i francesi con Mbappé e Neymar siano stati pericolosi, oltre a un sontuoso Di Maria, abbiano trovato davanti anche il solito grande Neuer più qualche errore di mira, mentre dall’altra parte Lewandovski aveva colpito un palo. Restava comunque sinistro il fatto che due squadre dal gol facile, siano restate inchiodate sullo 0-0 per un’ora di gioco, ossia quando un’altra azione da manuale dei tedeschi, chiusa dalla pennellata di Kimmich, consegnava sulla testa di Coman, ex juventino che i bianconeri avrebbero fatto bene a tenersi stretto, il pallone della storia. Il ragazzo, per la verità un ventiquattrenne che ormai è una certezza, sostituiva a sorpresa Perisic, lasciato in panca da Flick e inserito solo a venti dalla fine. La sua incornata bucava Keylor Navas, per il gol partita.

Il Bayern Monaco centra il sesto trionfo in undici finali, gran buona media. Ma soprattutto vince la Champions League vincendo undici partite su undici. Non sappiamo quanto il coronavirus abbia modificato il cammino di questa edizione, e non lo sapremo mai. Di certo, vita dura per Messi e Ronaldo e le spagnole, che hanno dominato le ultime edizioni. Champions più imprevedibile nell’ultimo biennio, ma la tradizione, come detto, pesa. E anche stavolta, ha fatto la differenza. I petroldollari di Khelaifi, devono ancora aspettare.

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