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Calcio

Il punto sul Campionato – 24 Set

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Dopo quattro giornate è presto per tranciare giudizi, ovviamente, ma qualche indicazione importante si può cominciare a trarla, ad esempio guardando alla testa della classifica, dove resistono il Napoli e la Roma. Entrambe queste squadre promettevano di avere un ottimo potenziale, ma ad Agosto qualche dubbio era lecito averlo: i partenopei avevano cambiato allenatore prendendo un tecnico, Rafa Benitez, esperto e vincente in campo europeo ma che in Italia aveva incontrato non poche difficoltà nella sua precedente esperienza, mentre i giallorossi si affidavano ad un tecnico ai più sconosciuto e inedito, Rudi Garcia.
Oltretutto entrambe avevano rivoluzionato parecchio la rosa, acquistando nuovi calciatori di un certo livello ma perdendone altri che o erano ormai campioni affermati (il Napoli con Cavani) oppure promettevano di diventarlo (Lamela con la Roma) e si sa come a volte queste “rivoluzioni” possano fallire.
I dubbi sembrano spazzati via in casa Napoli: il passaggio dal pur ottimo Mazzarri a Benitez sembra aver cambiato tutto per gli azzurri, capaci di giocare adesso un calcio propositivo e di gran livello e che sbancano San Siro dopo quasi tre decenni. Stavolta non è solo l’attacco a funzionare, con un Higuaìn mattatore e con un Insigne sempre meno promessa e sempre più certezza. Contro il Milan si è visto di tutto, una squadra capace di costruire e anche di controllare, ed il risultato mi è sembrato giusto, anche se i rossoneri in fondo hanno perso per l’errore di Balotelli dal dischetto, che avrebbe potuto cambiare le sorti della partita.
Super-Mario che sbaglia il primo rigore della carriera e che si fa perdonare realizzando un euro-goal che riapre l’incontro ma che a fine partita torna vittima di se stesso, venendo espulso addirittura a gara finita: una brutta tegola per lui e per i rossoneri, un altra dimostrazione purtroppo di come la maturazione di questo ragazzo, se da un punto di vista tecnico si può dire completata, dal punto di vista caratteriale è ancora assai lacunosa. Sarebbe tuttavia sbagliato dare la colpa solo a lui, visto che la squadra che si è mossa intorno all’italo-ghanese è apparsa tutto tranne che degna di lottare per i massimi livelli. Questo Milan non sembra capace di ripetere l’impresa della scorsa stagione, e l’errore di fondo secondo me è stato quello di non rendere pienamente merito ad Allegri della qualificazione in Champions, concentrandosi solo su Balotelli e caricandolo così ancora di responsabilità e pressione. Come già ho scritto, il mercato è stato fatto senza quasi nessun criterio logico, ed il risultato è questo: certo il Milan non merita la colonna destra della classifica, ma è difficile pensarlo tra le prime tre alla fine dell’anno.
Per il Napoli invece potrebbe essere l’anno buono, anche se ovviamente tutto è ancora da guadagnare e dimostrare: le premesse tuttavia ci sono tutte, la squadra è di buonissimo livello e la vittoria in Champions contro il Borussia Dortmund – finalista la scorsa stagione ed in pratica quasi invariato nella rosa – ne è la dimostrazione.

Dubbi quasi spazzati via anche per la Roma: se nelle prime tre giornate si era potuto parlare di calendario favorevole, il derby con la Lazio ha dimostrato che Garcia lavora bene e ha confermato molte altre sensazioni positive già riscontrate nelle prime gare.
Il centrocampo ad esempio è ottimo nella sua composizione e vede un De Rossi finalmente ritrovato al fianco di uno Strootman che in pochi si aspettavano subito così forte: l’olandese è un giocatore veramente completo, capace di cantare e portare la croce. Anche la difesa ne trae giovamento, mentre in attacco Totti si conferma semplicemente eterno e vitale per la squadra anche quando non va in rete. La Roma è club che notoriamente vive di entusiasmi, e Garcia è stato bravo a capirlo inserendosi subito benissimo nell’ambiente, che era comunque carico per la voglia di vendicare la famosa sconfitta in Coppa Italia.
La Lazio invece sembra aver vissuto troppo di rendita sulla vittoria in Coppa: la squadra, intendiamoci, nel complesso c’è, e l’allenatore merita stima e fiducia. Tuttavia manca di grinta e spunto, Klose ha un anno di più ed era prevedibile, mentre la difesa ha tanti giocatori discreti ma nessuno di più. Dove le acquile stanno tentennando, comunque, è nella costruzione di un centrocampo fitto di piedi buoni ma dalla difficile composizione. Sentire i tifosi romanisti parlare di possibilità di competere per lo Scudetto è bello, ma attenderei prove più veritiere, anche se il derby è stato comunque un buon banco di prova.

Subito dietro Roma e Napoli ecco un trittico che ci si aspetta: in rigoroso ordine alfabetico Fiorentina, Inter e Juventus. I Viola a dire il vero avrebbero potuto essere a punteggio pieno, se non ci fossero stati i due punti buttati via con il Cagliari, ma va dato atto a Montella di aver maturato la squadra, che vince senza troppi patemi in un campo difficile come quello dell’Atalanta: senza Gomez e Cuadrado la Fiorentina si dispone con un inedito 4-3-2-1 con Giuseppe Rossi unica punta supportato dal giovane polacco Wolski e uno a turno a tra Borja Valero e Mati Fernandez. Bene, Rossi segna, Wolski mostra buoni numeri, Borja Valero si dimostra una volta di più uno dei migliori del ruolo in Italia (pensare che uno così non vede la Nazionale fa capire di che razza di centrocampo disponga la Spagna) e Mati Fernandez addirittura segna.
Il cileno, che qualche anno fa era descritto come un potenziale crack, è ancora in tempo a riprendere in mano la sua carriera. Certo i Viola dovranno patire un po, visto che comunque Gomez e Cuadrado sono giocatori importanti e difficilmente sostituibili, ma Montella merita fiducia per lucidità e versatilità.

L’Inter è rinata grazie a Mazzarri, e lo dimostra asfaltando un Sassuolo troppo fragile e indifeso per essere vero. Certo i rivali erano poca roba, ma questa Inter piace per ordine e convinzione nei propri mezzi: bella notizia il ritorno in campo (e al gol) di Milito, che ora metterà in imbarazzo il tecnico livornese. Chi farà spazio al “Principe”? Lo avevo detto ad Agosto e mi ripeto ora: questa Inter può essere la mina vagante del torneo, squadra finalmente quadrata e di buon talento e senza l’assillo delle Coppe. Magari non siamo ancora a livello-scudetto, ma per un posto in Champions i nerazzurri ci sono, sempre ammesso che il passaggio di proprietà Moratti-Tohir non provochi scossoni. Il Sassuolo paga una campagna acquisti a dir poco deficitaria, senza uomini di esperienza e senza un chiaro progetto tecnico che manda nel pallone il tecnico Di Francesco, l’anno scorso bravo ad avere una partenza lampo: ma la Serie A è sempre più lontana, per valori tecnici, dalla B, ed il Sassuolo ne è la chiara dimostrazione. Occorrerà una brusca inversione di tendenza, ma è chiaro che quando perdi tutte le gare buscando anche un 7 a 0 la fiducia stenti a trovarla.

Della Juventus di Conte poco da dire: un Tevez in più ha sicuramente alzato il livello di una macchina che già sembrava perfetta, e non a caso è l’Apache a suonare la carica dopo l’incredibile vantaggio del Verona. Llorente poi non sarà un campionissimo ma di sicuro non è il bidone che ci è stato descritto, e fa valere il suo colpo migliore, ovvero il colpo di testa – che poi è il motivo per cui è stato acquistato, per avere queste opzioni offensive diverse – per risolvere la gara.
Juventus che sembra avere pregi (tanti) e difetti (pochi) delle scorse stagioni, con qualche piccola differenza: Pirlo ha un anno in più, anche se la crescita esponenziale di Pogba annulla questa cosa. Conte se ne è accorto e prova a risparmiarlo, ma dovrebbe accorgersene anche il regista bianconero: lasciare il campo venti minuti prima, nell’ottica di un intera stagione da affrontare a 34 anni, non è così grave da non sedere nemmeno in panchina. Forse il rischio maggiore che la Juventus può correre è quello di un eccessiva confidenza nei propri mezzi, e la partita con il Verona ne è la dimostrazione: si è vista indubbiamente un altra squadra in campo, dopo il vantaggio a sorpresa degli scaligeri.
Che si confermano un buon team, con l’obbiettivo della salvezza ampiamente alla portata: del resto non è contro la Juve che la squadra di Mandorlini deve macinare punti.

Per il resto ancora poco da dire: sorprende in positivo il Livorno, solido e ben organizzato che strappa un buon pari con il Genoa ritrovato anche grazie a Bardi, portiere dal sicuro avvenire. I toscani hanno un attacco invidiabile e una difesa rocciosa, e in trasferta possono colpire con dei gran contropiedi, cosa che ha impedito al Grifone di osare eccessivamente. Belle sorprese anche il Torino ed il Cagliari: i granata sono tosti come vuole la tradizione ma come non sempre è stato, hanno un buon collettivo che supplisce alla latitanza di un bomber (Immobile, quando ritorni?) e un Cerci che per la media-classifica è un lusso, oltre a D’Ambrosio, terzino goleador che sembrava dovesse partire e invece è rimasto migliorandosi ancora dopo una già ottima passata stagione.
Il Cagliari la scorsa stagione si è salvato senza uno stadio, e non ha ceduto nessun pezzo da novanta: mi aspettavo qualcosa di più in punti, ma è vero anche che il pari con la Sampdoria arriva in modo a dir poco rocambolesco. I blucerchiati sono stati fortunati, ma la strada è ancora lunga per ambire alla metà-classifica che è l’obbiettivo di stagione.
Stesso dicasi per il Parma, prigioniero di un progetto tecnico a dir poco confusionario, con decine e decine di giocatori sotto contratto e dove si fatica ad individuare un undici titolare. Non dev’essere facile per Donadoni lavorare così, a maggior ragione se l’attacco poggia sulle logore spalle di Amauri e sulle lune di Cassano: non dico che debbano temere la retrocessione, ma nemmeno non pensarci affatto. Catania e Udinese sono figlie della loro stessa natura, che ogni stagione vuole che ci mettano un po per trovare il giusto equilibrio: certo i risultati sono deludenti, ma per queste due squadre (cambiate in alcuni uomini ma animate dallo stesso spirito della passata stagione) sembra solo una questione di tempo, anche se soprattutto per gli etnei ora dovrebbero cominciare ad arrivare i punti, che fanno sempre fiducia.
Sorprende in negativo il Bologna, squadra fatta per costruire ma incapace di finalizzare vista l’evanescenza di Moscardelli e la forma fisica degna di un ospedale di guerra di Rolando Bianchi. Naturale che allora, senza l’invenzione di Diamanti o l’euro-goal di Kone, arrivino sconfitte: quando nel calcio non si butta dentro il pallone è difficile vincere, e Pioli deve operare qualche scelta coraggiosa là davanti, oppure inserire un po di gente che faccia legna a centrocampo. Così, però, non va.

 



Vi ricordiamo che il nostro Simone Cola, gestisce un blog davvero interessante che è raggiungibile al seguente link: http://uomonelpallone.wordpress.com


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