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Il Resto del Carlino – Infortuni: una piaga europea

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Non la qualità del PSG, non la compattezza del Bayern e nemmeno la fantasia del City di Guardiola. Il vero spauracchio dei club europei di questo inizio di stagione, ricalcando poi la linea seguita negli ultimi anni, si chiama “rischio infortuni”. Considerati sempre ma forse mai abbastanza durante le sessioni di mercato estive, generano poi puntualmente discussioni sulla profondità della rosa e sull’incapacità dirigenziale, ma in verità si confermano un fenomeno applicabile tout court al calcio del vecchio continente.

Rivolgendosi specificamente alla stagione passata i dati che emergono risultano clamorosi, arrivando a riflettere, secondo un rapporto del gruppo assicurativo Howden, un aumento del loro numero complessivo stimato in circa il 20%. Un’enormità, considerato che dal punto di vista economico ciò è significato per i club una spesa di oltre mezzo miliardo di euro. A primeggiare nel nostro torneo, almeno per ciò che concerne la season 2021/2022 è la Juventus (88 infortuni in 365 giorni, a fronte di una spesa di circa 23 milioni), seguita da Napoli e Milan, per un totale di quasi 100 milioni complessivi.

In questa triste classifica, la Premier riesce anche a far meglio: 219 i milioni rimessi dalle varie società dinanzi al numero esorbitante di 1231 problemi fisici accumulati dai calciatori nell’anno passato. Singolarmente poi, le squadre che si ritagliano un posto nel panorama europeo sono ovviamente quelle dai singoli stipendi più alti, e non a caso vediamo comparire corazzate del calibro di PSG e Real Madrid.

La stagione in corso sembra promettere possibilmente risultati ancor più nefasti, vista la già esplosa parentesi degli acciacchi post sosta delle nazionali, con un calendario che non promette in tal senso davvero nulla di buono; alle porte vi sono infatti i Mondiali, con le varie federazioni che cercano di tutelarsi chiedendo ai club di risparmiare i giocatori almeno nella settimana precedente all’inizio della competizione. In questo panorama si inserisce il sindacato mondiale dei calciatori Fifpro, che chiede delle misure atte a limitare lo sfruttamento degli atleti (introducendo accorgimenti come 4 settimane di stop totale da ogni attività tra una stagione e l’altra e una pausa forzata di 2 per ogni calciatore al giro di boa dell’annata calcistica), dimostrando come la sola implementazione definitiva dei cinque cambi non sia sufficiente a fronteggiare il carico di lavoro.

La riflessione aperta, che pare assolutamente totalmente ragionevole, sembra tuttavia soffre della totale incompatibilità con il sistema spettacolare, continuo e congestionato in cui è totalmente immerso il mondo del calcio e dalle sue norme che gli impongono ritmi esagerati proprio per mantenerlo “sulla cresta dell’onda” (si pensi che risultano appena quattro i giorni senza match per i club nostrani nello spazio tra qui e il mondiale). Alla ripresa del weekend, più di 70 gli infortunati distribuiti più o meno equamente nelle varie compagini, con la media incredibile di circa uno su otto. La conclusione è una vana ricerca delle responsabilità, solitamente attribuita ad una rivedibile preparazione atletica, che vede come solo risultato finale il frenetico, ed ennesimo, ripiombare sul mercato.

 (Fonte: Il Resto del Carlino – Paolo Grilli)

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