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Monday Night – 1999, l’anno dei due Manchester

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Sono unite da un libro, da un ex calciatore e ovviamente da una città. Manchester, grande calcio e poche bellezze, ma non è così scontato. Di recente ho visitato in quella città uno dei più bei musei dedicati al pallone, quello su tutta la storia del football inglese con una quantità notevole di cimeli e chicche vintage, e in fondo la città non è così brutta come la si dipinge. Il libro è “La mia vita rovinata dal Manchester United”, dove Colin Schindler racconta la sua giovinezza vissuta nell’Inghilterra degli anni Sessanta, lui tifoso del Manchester City, mentre lo United miete successi a raffica. L’ex calciatore è Billy Meredith, un minatore nato nel 1874 che milita in celeste fino al 1904, poi lo squalificano perché passa dieci sterline (!) a un giocatore dell’Aston Villa per truccare la partita che vale il titolo, e nel 1906 cambia sponda e va allo United. Fondò la “Player’s Union”, una sorta di sindacato dei calciatori ante-litteram e morì nel 1958, nell’anno dell’incidente di Monaco dei “Busby Babes”. 

Difficile concentrare una così profonda storia calcistica che negli ultimi anni ha vissuto una svolta epocale, con il Manchester City che ha iniziato a scrivere un vero e proprio ciclo vincente e si è messo pure al tavolo dei grandi ricchi che tutto possono permettersi, togliendo la polvere a una vita vissuta quasi sempre all’ombra dei “cugini”. Soprattutto ventuno anni fa, nel 1999, dove Manchester portò a casa quattro trofei. Peccato che tre di essi avessero un peso ben specifico rispetto a quello messo in palio a Wembley il 30 maggio di quell’anno.

Riavvolgiamo il nastro: 16 maggio 1999, Old Trafford. Il Manchester United ospita il Tottenham nell’ultima giornata di Premier, e gli ospiti vanno in vantaggio con una rete di Les Ferdinand. Servono due bei gol di Beckham e Cole per vincere e portare a casa un altro titolo inglese. L’era Ferguson, con la “Class of ’92” e una squadra straordinaria, è infatti in pieno svolgimento: la rivoluzione degli anni Novanta dopo tanti anni di sottomissione al dominio del Liverpool si compie con la conquista della FA Cup nel week-end successivo, 2-0 al Newcastle, firme di Sheringham e Scholes.

Poi arriva il 23 maggio. A Barcellona, dopo aver fatto fuori tra le altre Inter e Juventus nei quarti e in semifinale, il Manchester United rincorre quella Coppa dei Campioni che manca dagli anni che scriveva Schindler, quel rivoluzionario 1968 con Best che abbatte il Benfica di nuovo a Wembley. Il Bayern Monaco di Matthaus ed Effenberg segna per primo con Mario Basler, poi nei tre minuti di recupero, mentre il presidente Uefa scende dalle scale del Camp Nou per andare a premiare i tedeschi, su due azioni di calcio d’angolo Sheringham e Solskjaer riportano la coppa in Inghilterra dopo quindici anni di assenza. 

Il Manchester City invece ha abbandonato la Premier League nel 1996. La piramide calcistica inglese di allora dopo la trasformazione della First Division in Premier League nel 1992, prevede che le tre categorie inferiori siano la First, la Second e la Third Division. Il City, dopo essersi salvato nel 1997, riesce a far peggio l’anno dopo: nell’allora First Division (la Championship di oggi) cambia ben 6 allenatori, arriva ventiduesimo e sprofonda in terza serie. E chi era il proprietario del City? Lontanissimi i tempi dei ricchi arabi: Francis Lee, anch’egli ex calciatore del club, promette mari e monti ma dovrà lasciare la presidenza dopo aver toccato quel fondo. Problemi finanziari, bookmakers che non scommettono sulla promozione, ma 32.000 spettatori di media al vecchio Maine Road: più di diverse squadre di Premier, quell’anno.

Quel giorno di fine primavera il club è diretto in panchina da Joe Royle, nativo di Liverpool, ex attaccante dell’Everton a cavallo fra i Sessanta e i Settanta, con cui segnò parecchio prima di indossare anche la maglia proprio del City. Il Fulham fa il record e vince con ben 101 punti il campionato, mentre gli 82 del City consentono al club di disputare i play-off promozione. Buttato fuori il Wigan (1-1 e 2-1) la finalissima è con il Gillingham, arrivato subito dietro ai citizens.  Sulla panchina della squadra del Kent c’è una futura conoscenza della Premier League: quel Tony Pulis che col suo inconfondibile cappellino in testa, tra le altre cose fatte in carriera, condurrà a una salvezza in rimonta il Crystal Palace nel 2014. Nel Manchester City c’è Shaun Goater, attaccante delle Bermuda curiosamente prodotto del vivaio del Manchester United, supportato da Paul Dickov, un vagabondo del calcio inglese che aveva iniziato la carriera nell’Arsenal di George Graham e che cambiava squadra (per prestiti o cessioni) spesso anche nella stessa stagione. L’esperienza al City, dal 1996 al 2002 fu la sua più lunga. 

La finale nell’incanto del vecchio Wembley vive sul filo dell’equilibrio; nella ripresa Goater colpisce anche un palo. Mancano nove minuti al termine e Smith mette palla dentro per Asaba, il numero nove del Gillingham: destro dal basso verso l’alto e 1-0 per il Gillingham. Trascorrono sei minuti e questa volta il preziosismo è proprio di Asaba, che restituisce il favore a Taylor lanciandolo in porta con un colpo di tacco: destro sull’uscita di Nick Weaver, estremo difensore del City, e 2-0 che stenderebbe un toro. L’altra squadra di Manchester, in una improbabile divisa a strisce grigio-giallo fosforescente, non si fa impressionare. E decide di ripetere l’impresa dei cugini a Barcellona: a novantesimo già scoccato è Horlock a segnare il 2-1, e al minuto novantacinque Goater fa pervenire in qualche modo una palla al vagabondo Dickov che schiaffa sotto la traversa il gol del 2-2. “Can you believe it?”, grida il telecronista. Si va ai supplementari, ma per nuove emozioni ripassare ai calci di rigore. Il City ne mette tre su quattro e a sbagliare è proprio Dickov. Un errore perdonabile. Sia perché proprio lui aveva tenuto in vita il club all’ultimo secondo e perché il Gillingham ne sbaglia tre su quattro con Weaver eroe assoluto. Il Manchester City torna in First Division, e la stagione successiva tornerà tra i grandi, in Premier League a sfidare finalmente e di nuovo i cugini dello United. E poco importa se loro hanno festeggiato una “treble” (Campionato, FA Cup e Champions League) e il City solleva sui mitici gradini di Wembley una coppa che vale un salto di categoria. Il 1999 è stato l’anno di Manchester. Can you believe it?

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