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Monday Night – Sono Alan Shearer, il miglior bomber d’Inghilterra

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C’è una reminiscenza del mio interesse per il calcio inglese, che risale al periodo dell’infanzia. Diciamo della pre-adolescenza. E’ il giugno del 1996 e in Inghilterra si stanno giocando gli Europei. Travolgenti e mitici perché il calcio, dopo trent’anni, è tornato a casa. Football is coming home, era il motto d’oltremanica di quei giorni. Ripulita dagli hooligans (seppur la violenza non fosse ancora del tutto debellata), con stadi che iniziavano ad essere presentabili e la Premier League realtà che si stava consolidando di anno in anno, l’Inghilterra tornava a ospitare una manifestazione internazionale dopo i Mondiali del 1966.

E io ero lì dinnanzi alla tv molto spesso a vedere quella nazionale, ma ricordo in particolare la semifinale che opponeva i padroni di casa alla Germania: a svettare di testa dopo un paio di minuti facendo esplodere il vecchio Wembley portando in vantaggio l’Inghilterra, fu un giocatore che entrò presto nelle mie grazie di appassionato di pallone. Si chiamava Alan Shearer, era nato a Newcastle, e là era tornato per chiudere una straordinaria carriera a suon di gol.

Tante reti, pochi trofei, ma così come Matt Le Tissier, grande bomber del Southampton, anche il nostro aveva preferito la ribalta ruspante e sincera della “provincia” e non le luci dei riflettori di Anfield o Old Trafford. Storie di football che non ci sono più: oggi, forse, uno Shearer finirebbe allo United o all’Arsenal a suon di milioni. Shearer soggiogato dal gol, e il gol sottomesso a lui. Una relazione passionale e bellissima, che ha illuminato i cuori di chi i trofei li vede con il contagocce, se li vede, e resta uno dei più bei capitoli della lunghissima storia del calcio inglese.

Proprio col Southampton aveva iniziato nel 1988, esordendo in un match col Chelsea dove, manco a dirlo, trovò subito la via del gol. Poi segna una tripletta all’Arsenal e in prima divisione mai nessuno era riuscito a segnare tre gol così giovane. Una via, quella della rete, che conosceva molto bene e che percorrerà complessivamente, in Premier League, per 260 volte. Se andate a vedere la classifica all-time del più bel campionato del mondo, alla voce migliori realizzatori troverete Shearer lassù, incontrastato. A meno che Rooney, attualmente allenatore-giocatore del Derby County, non segni i 52 gol che gli mancano per raggiungerlo, cosa assai improbabile, e ancor meno che Aguero, altro campione sublime in attività, ne segni addirittura 80 per agganciarlo, giocatore con il quale condivide tra l’altro il record di triplette realizzate in Premier e il record di reti in una sola partita, cinque. E’ presumibile che da quel gradino più alto nessuno lo butterà giù ancora per molto tempo e in fondo è giusto così. Con quella sua irruenza, quel suo spirito mai domo, quel sorriso quasi di scherno e quella esultanza tutta sua con la mano aperta, restano l’icona di un uomo del popolo, un po’ come lo fu Bill Shankly in panchina a Liverpool o, sempre sul Mersey, Robbie Fowler in campo. 

Sì ma dunque cosa può mostrarci in bacheca? Una domanda superflua, talvolta. Pare strano che nel calcio i successi vengano messi in secondo piano, ma il palmares di Shearer, che riporta soltanto una Premier League, si sposa con quella voglia di restare ai piani bassi che lo ha appagato tanto e più di collezionare trofei. E’ stato sempre protagonista Shearer, e questo è sempre contato. Una Premier, dicevamo: quella vinta nella stagione 1994-95 (dove infila anche la prima delle tre vittorie consecutive della classifica cannonieri), con il Blackburn Rovers, che ne aveva vinto due titoli nella notte dei tempi, anno 1912 e 1914, ma che al contrario del Leicester tutto era meno che una favola.

A Ewood Park c’erano andati vicino già negli anni immediatamente precedenti, avevano una squadra ben messa (tra gli altri, Sheringham, futuro Manchester United) e i 34 gol dell’uomo di Newcastle sono un altro record che trascinò il club allenato da Kenny Dalglish a un grande traguardo. Per l’allenatore scozzese, Shearer ebbe parole di miele: “Seguire i suoi consigli fu grandioso, è stato un grande allenatore. Per capire come dovevo anticipare il mio avversario, mi diceva di guardare l’ombra del difensore, per interpretare il movimento che avrebbe fatto”. 

Non bastò, quella sera di giugno del ’96, quella rete alla Germania che pareggiò con Kuntz e poi vinse ai rigori, nonostante Alan trasformò il suo. L’attuale CT Southgate fu l’unico a sbagliare, e tolse una finale storica ai Tre Leoni, nel proprio stadio, un po’ come fu per gli italiani la semifinale di sei anni prima al Mondiale contro l’Argentina. Ma quell’estate, Shearer, aveva già concretizzato il suo passaggio al Newcastle, per 15 milioni di sterline. Manchester United? No, grazie. Il manager, un altro ex Liverpool, Kevin Keegan, e sono gli anni in cui il Newcastle va vicinissimo al titolo e raggiunge la finale di FA Cup nel 1998 perdendo contro l’Arsenal, in una stagione in cui il nostro fu penalizzato da un problema alla caviglia, che non gli impedì comunque di dare man forte al club.

Spaccava le porte Shearer, e in totale, con la maglia bianconera, lo farà 206 volte. Manco a dirlo, miglior bomber della storia dei Magpies, dove terminerà la carriera nel 2006, e di cui oggi è ambasciatore. E dove anche nel 2009 tentò una breve carriera di allenatore provando a salvare il club dalla retrocessione, senza riuscirci, dopo 16 anni consecutivi in massima divisione. Una istituzione comunque, sul Tyne. Quanto varrebbe oggi uno come lui, con le cifre che girano? Non osiamo nemmeno immaginarlo. Avesse scelto un top club, siamo certi avrebbe segnato con la stessa cadenza, ma soprattutto avrebbe rimpinguato la bacheca. Ma i trofei non sono tutto, se ti chiami Alan Shearer.

 

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