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MONDAY NIGHT: Storia a puntate del calcio in Italia #05 – Pro Vercelli-Inter, lo Scudetto della discordia

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Dopo il Genoa è la Pro Vercelli, di cui vi abbiamo raccontato nella scorsa puntata, la squadra dominante in Italia, capace di conquistare cinque titoli in sei anni. A cavallo tra i primi due e gli altri tre, però ecco che accade un episodio increscioso e ancora oggi poco chiaro a molti.

1^ puntata: Genoa VS Rappresentanza Torino, 6 gennaio 1898

2^ puntata: Campionato Nazionale di Football 1898

3^ puntata: Tra diavoli e cittadini del mondo: a Milano è tempo di fólbal

4^ puntata: L’epopea delle “Bianche Casacche”: la Pro Vercelli


Stadio Principe di Napoli, Vercelli 24 aprile 1910, spareggio Scudetto 1910

Pro Vercelli – Internazionale = 3-10

Il primo vero scandalo nella storia del calcio italiano arriva al termine del campionato di Prima Categoria 1909/1910. Sarà soltanto il primo di una purtroppo lunga serie, e a lungo verrà ricordato erroneamente e citato a sproposito dai detrattori dell’Internazionale di Milano, che conquista il suo primo Scudetto in modo controverso ma senza avere alcuna colpa.

Andiamo con ordine.

La scissione del campionato italiano di calcio in due entità distinte, una riservata alle squadre di “soli italiani” e l’altra a chi intendeva schierare anche gli stranieri, portò innumerevoli novità e sconvolgimenti nel delicato equilibrio calcistico nel nostro Paese. In vigore per due campionati, quello del 1908 e quello del 1909, questo “doppio torneo” portò all’affermazione di due importanti compagini, che proprio nel 1910 si sarebbero contese il titolo nazionale nuovamente riunificato. La Pro Vercelli aveva approfittato della situazione di smarrimento dei grandi club per imporsi per imporsi, forte di una scuola locale di notevole spessore e di un rivoluzionario modo di giocare il calcio, basato su una difesa attenta e su rapide ripartenze. Nello stesso periodo in cui le “bianche casacche” si imponevano all’attenzione generale, a Milano nasceva l’Internazionale, creazione di numerosi soci dissidenti del Milan – che aveva aderito alla riforma “anti-stranieri” – e che già nel nome del nuovo club intendevano sottolineare i principi di una squadra contraria a ogni nazionalizzazione. I nerazzurri erano rapidamente cresciuti, guadagnando consensi e appeal grazie ai numerosi assi che ne avevano abbracciato i principi e ad alcuni talenti locali, il più fulgido dei quali era il capitano e giovane allenatore Virgilio Fossati.

Il primo campionato a girone unico

Ai nastri di partenza della Prima Categoria 1909/1910 la Federazione Italiana Football (FIF, oggi FIGC) presentò due novità: le squadre di soli italiani avrebbero giocato insieme a quelle con gli stranieri presenti in rosa, in un per l’epoca rivoluzionario girone unico a dieci squadre che avrebbe stabilito, con la sua classifica finale, il club “campione Federale”. Alla squadra “solo italiana” migliore classificata sarebbe andato invece (o inoltre, in caso di primo posto) il titolo onorifico (e presto decaduto) di “campione italiano”, riconoscimento presto disconosciuto ma che già ai tempi non interessava a nessuno: appariva infatti chiaro a tutti che i campioni d’Italia, i migliori del nostro Paese, sarebbero stati quei giocatori capaci di terminare il torneo davanti a tutti.

Al via di quello che di fatto fu il primo “campionato a girone unico in Italia” si sarebbero dovute presentare dieci squadre, ma l’improvvisa defezione del Piemonte Football Club, compagine nata appena nel 1907 e che indossava una maglia a strisce celesti e granata, fece si che le partecipanti fossero infine appena nove, rappresentanti di quattro città. Da Genova arrivavano Genoa e Andrea Doria; da Milano l’Ausonia – creazione dell’omonima casa automobilistica e che ben si era distinta in alcune amichevoli – il Milan, l’Inter e l’US Milanese; da Torino giunsero Torino e Juventus; da Vercelli, infine, i ragazzi della prodigiosa Pro Vercelli, campioni italiani in carica da due anni e fiduciosamente alla ricerca del terzo titolo consecutivo, stavolta conquistato contro le squadre indubbiamente migliori del Paese.

Il calcio, in Italia, era ora diventato una questione estremamente seria. Prova ne fu che nelle prime cinque giornate furono numerose le contestazioni all’operato degli arbitri, e gli animi si infiammarono sia in campo che sugli spalti. Alessandro Bassi, nel suo “Il Football dei Pionieri” riporta numerosi esempi: alla seconda giornata la Juventus sconfigge l’Inter 2-0 nel primo “Derby d’Italia”, ma i nerazzurri richiedono addirittura la ripetizione della gara per il dubbio rigore con cui i bianconeri sono passati in vantaggio; alla terza US Milanese e Milan si diedero battaglia con tale foga da procurarsi vicendevolmente diversi infortuni; nel quinto turno, infine, Andrea Doria e Milan pareggiarono 4-4 una gara segnata da infortuni, pugni e un’invasione di campo dei tifosi di casa che portò la FIF ad assegnare la vittoria ai rossoneri per 0-2. A Milano la situazione era estremamente calda, tanto che dopo un Milan-Juventus 0-1, all’undicesima giornata, l’arbitro Meazza fu inseguito dai supporters rossoneri, che finirono col malmenare uno stesso rappresentante del club intervenuto a fare da paciere. Erano tutti segnali inequivocabili che, come sosteneva il capitano della Pro Vercelli Guido Ara, il football non fosse gioco per signorine. 

Testa a testa

Ma la Pro Vercelli non era soltanto un concentrato di aggressività, compattezza e forza fisica. Si trattava di una squadra molto forte, rapida, con ottime individualità: i vercellesi riuscirono immediatamente a fuggire, ma furono quasi raggiunti alla fine del 1909 da un’Inter partita malissimo ma capace di recuperare posizioni su posizioni e di imporsi 1-2 sul campo di Ara e compagni al termine di una vera e propria battaglia. Mentre il torneo veniva combattuto sul campo, intorno ad esso si avvertivano per la prima volta i segnali di una cultura calcistica nostrana fino ad allora quasi inesistente: i giornali offrivano non soltanto resoconti delle partite, ma anche approfondimenti sulle migliori tecniche d’allenamento, mentre sempre più tifosi riempivano gli spalti per tifare per la propria squadra.

Quello tra Pro Vercelli e Inter fu un furioso testa a testa, tra due squadre che presto si distaccarono da tutte le altre: giunti in prossimità del traguardo, i nerazzurri ebbero l’occasione di superare le “bianche casacche”, fermate prima sul pari dalla Juventus e poi sconfitte in casa dal Torino, ma crollarono sul pesante campo del Genoa addirittura per 4-0, vittime di eccessiva sicurezza e di una sorta di psicodramma che li colpì dopo il primo goal del “Grifone”. Una settimana dopo, però, davanti al pubblico amico, Fossati e compagni mostrarono tutta la propria determinazione seppellendo di reti il Torino: il 7-2 finale valeva perlomeno l’aggancio a quota 25 punti alla Pro Vercelli, e dunque il primo “campionato a girone unico” avrebbe avuto comunque una finale, uno spareggio tra due squadre tanto diverse eppure ugualmente fortissime.

A rigor di regolamento la gara si sarebbe dovuta giocare sul campo della squadra con la migliore differenza reti, dunque a Vercelli, in una data a scelta che la federazione indicò compresa tra il 17 e il 24 aprile oppure il 1° maggio. Ecco che immediatamente sorsero diatribe sul giorno prescelto tra vercellesi e interisti, con la federazione che invano tentò di mediare, conscia che un appuntamento tanto importante non andasse “sporcato” in alcun modo. Sperare che le due squadre trovassero un accordo era impossibile: il 17 non andava bene alla Pro Vercelli, che motivò il rifiuto con il fatto che alcuni suoi giocatori sarebbero stati impegnati in un torneo studentesco che però non vide nessuna delle “bianche casacche” presenziare. L’Inter, che invece a maggio doveva partire per una tournée e che aveva alcuni dei suoi migliori campioni – tra cui capitan Fossati – impegnati nel lavoro, rifiutò dunque il 1° maggio, data che i vercellesi non soltanto avevano indicato, ma che avevano ormai dato per acquisita grazie alle rassicurazioni del presidente della FIF Bosisio, rassicurazioni date però prima di sentire l’Inter.

Era insomma una situazione impossibile da sbrogliare. Bosisio non poteva negare all’Inter il rifiuto per un giorno (il 1° maggio) dopo avere concesso tale libertà alla Pro Vercelli (che aveva come detto rifiutato il 17 aprile), e inoltre nei giocatori milanesi vi era il forte sospetto che la Pro Vercelli intendesse rimandare il più a lungo possibile la gara per recuperare alcuni campioni infortunati, tra cui il bomber Carlo Rampini. Perché non doveva andare bene ai vercellesi il 24 aprile? Da Vercelli risposero che non vi era alcuna malizia nel chiedere di giocare il 1° maggio, ma che il 24 proprio non se ne parlava, in quanto alcuni giocatori della Pro sarebbero stati impegni in un torneo militare che però, ovviamente, non era affare né dell’Inter né tanto meno della FIGC. Lo stallo fu risolto d’autorità dalla FIF, che non considerando il torneo militare un torneo degno di nota, perlomeno rispetto a uno spareggio valido per il titolo federale, ordinò che si sarebbe giocato a Vercelli il 24 aprile.

La finale-farsa

E fu qui che accadde un episodio vergognoso, che macchiò il primo Scudetto nella storia dell’Inter e che ancora ai giorni nostri sarebbe stato utilizzato dai detrattori dei nerazzurri per irridere e offendere la storia di una delle squadre più importanti del nostro calcio. Giunti a Vercelli, i campioni nerazzurri si trovarono sul campo, avversari, undici bambini di età compresa tra gli 11 e i 14 anni: il presidente delle “bianche casacche” lo aveva annunciato in segno di protesta, ma forse in cuor suo sperava che di fronte a una tale presa di posizione, mossi a pietà, gli interisti avrebbero concesso un nuovo rinvio. Una situazione così forzata, però, non concesse né a Fossati e compagni né alla FIF altra possibilità che quella di giocare comunque la gara, mentre il pubblico inferocito circondava il terreno di gioco e i bambini, consapevoli che mai un adulto avrebbe torto loro un capello, si lasciarono andare a prese in giro e provocazioni per tutti i 90 minuti.

Quello che le cronache raccontano – e la storia, è bene dirlo, si fa con la cronaca e non con la fantasia o la faziosità – è il comportamento irreprensibile dei giocatori dell’Inter, capaci di non cedere ad alcuna provocazione giunta dal campo o dalle tribune e di condurre in porto una gara scontata senza fomentare gli animi dei presenti con un’indiscutibile dimostrazione di superiorità morale. Ai calcetti, alle spinte, alle risate di scherno, i giocatori dell’Inter rispondono giocando con calma ed evitando di infierire nel punteggio come potrebbero, concedendo ai piccoli rivali anche la soddisfazione di segnare tre reti.

Ecco parte del resoconto dell’organo ufficiale della FIF.

“Sul campo, ne avveniva di ogni colore. Quei minuscoli prepotenti toccavano la palla con le mani, spingevano gli avversari… Dopo segnati i primi goals senza molta fatica, gli Internazionali giocarono solo per finire la partita. E allora… i Vercellesi stessi si segnarono dei goals [autogol]. I backs [difensori] tiravano essi nella propria rete. O sport, dove eri andato a finire?

Quei piccoli footballers che sono ottime promesse… trovarono qualche volta la via del goal. Non perché essi sapessero segnarlo: solo perché i difensori nero e azzurri, pur di non svolgere un giuoco forte, li lasciavano divertirsi a loro agio…

Finalmente la burla colossale ebbe termine: mentre gli Internazionali si avviavano al loro cascinale, qualcuno di essi ebbe a ricevere calci nelle gambe da qualche spettatore imbestialito… una cosa ci ha fatto veramente piacere:… l’ammirevole contegno […dell’]Internazionale. Ai dileggi, alle provocazioni, essi opposero calma e serietà… Essi furono dei veri uomini di sport: e quegli undici marmocchi prepotenti, aizzati temerariamente all’insulto di tutta un’équipe valorosa, non si ebbero dai componenti di questa il minimo atto di violenza.”

Finisce 3-10, l’Inter è per la prima volta Campione d’Italia, mentre l’atteggiamento della Pro Vercelli non sarà perdonato: il club viene multato per un totale di oltre 2.000 lire, i giocatori squalificati per tutto il 1910 e non saranno dunque disponibili per il successivo appuntamento che la storia del calcio italiano sta per proporre.

La prima partita di sempre della Nazionale.


Nella foto tratta da www.interfc.it, l’Inter Campione d’Italia 1910 

FONTI:

– Bassi, Alessandro (2012) Il Football dei Pionieri, p. 66-84, Bradipo Libri

– Brera, Gianni (1975) Storia Critica del Calcio Italiano, Bompiani

– Chiesa, Carlo (maggio 2012) La grande storia del calcio italiano, Guerin Sportivo 

 

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