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Calcio

Monday Night – Una sterlina per lo Swansea – 14 mar

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“Abertawe” in celtico significa “foce del fiume” ed è il termine vichingo con cui la popolazione gallese si riferisce tuttora al capoluogo della penisola del Gower. Tranquilli, per noi sarà semplicemente Swansea, una località costiera affacciata sul mare d’Irlanda ad una cinquantina di chilometri da Cardiff.
Da queste parti -fra enormi gabbiani e parchi naturali- la gente si nutre esclusivamente di rugby e riuscire a far rimbalzare una palla rotonda accanto a quella ovale non fu esattamente una passeggiata.
Facciamo un salto indietro e torniamo all’inizio secolo scorso.
La prima squadra locale a tentare fortuna nel mondo del calcio fu una compagine dal nome piuttosto affascinante: lo “Swansea Villa” che, neanche a dirlo, s’ispirava alla già blasonatissima Aston Villa dell’epoca. Purtroppo fu un buco nell’acqua e la banda di giovanotti dovette abdicare in favore della neonata Swansea Town AFC guidata di J.W. Thorpe.
Correva l’anno 1912 e mentre nelle altre contee dell’isola il calcio era ormai una moda piuttosto consolidata (l’Arsenal esisteva già da 26 anni, l’Everton addirittura da 34!) nella piccola località marina cominciava il miracolo chiamato Swansea.
Pronti via – nel 1913- vince la “Welsh Cup” in finale contro il Pontypridd. Nella stagione successiva si qualifica per il primo turno di F.A. Cup, dove prima decapita il Blackburn in una storica battaglia 9 contro 11, poi costringe il glorioso Newcastle al replay. A questo punto l’ascesa dei cigni gallesi sembra inarrestabile, ma la situazione politica internazionale precipita improvvisamente e l’entrata in guerra da parte della Gran Bretagna costringe il paese a bloccare ogni attività superflua per concentrarsi sullo sforzo bellico.

Nel 1919 il trattato di Versailles sancirà in modo definitivo la fine della guerra, ma le ripercussioni si faranno inevitabilmente sentire sull’intera società civile, football compreso. Nel 1920 falliscono diversi club e lo Swansea si risveglia magicamente in Third Division. Cinque anni di calma piatta poi, nel 1925, la promozione in Second Division dove resterà fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Dopo l’inevitabile interruzione dovuta all’esplosione del secondo conflitto mondiale, gli Swans alternano gloria (poca ) a delusioni( parecchie) fino a toccare il fondo nel maggio del 2003. In quel momento la società è sull’orlo del fallimento finanziario e dal punto di vista sportivo la situazione è disastrosa: la classifica è disperata e la squadra rischia di retrocedere dalla quarta serie finendo fuori dalle leghe professionistiche.
Il 3 Maggio di quella travagliata stagione scende in campo per giocarsi la sopravvivenza contro l’Hull City( pazzesco ripensandoci adesso!) e sul fangoso terreno del vecchio “Vetch Field” rifila quattro pere alle tigri giallo nere. Mattatore di giornata tale James Thomas, autore di una tripletta ed oggi direttore di un impresa che gestisce la produzione di ambulanze. Roba d’altri tempi ma che in qualche modo ci riconduce ai giorni nostri.
Non molto tempo fa, infatti, Emanuele Corazzi nel suo “The Swansea way” chiedeva piuttosto ingenuamente ad commesso di un qualsiasi off license del Gower: “What can I buy with one pound?” (cosa posso comprare con una sterlina?) a Londra forse nemmeno un paio di lacci per le scarpe ma a Swansea un accendino, un pacchetto di barrette di cioccolato oppure la squadra di calcio locale.
Già, perché dopo la miracolosa salvezza del 2003 la squadra venne acquistata per la modica cifra di una sterlina da Huw Jeckins, lungimirante costruttore di zona. Il giovane Businessman gallese in meno di otto anni ribaltò completamente il mondo degli “Swans”.
Le pendenze vennero gradualmente ripianate e si passò velocemente dalla quarta serie alla Premier League. Dallo spigoloso Vetch Field al modernissimo Liberty Stadium.
Un passo enorme, figlio di scelte giuste sul campo ma soprattutto fuori. Staff di primo livello, manager sempre legati al club e uomini colmi di senso d’appartenenza.
Questo connubio perfetto, quasi mistico, accarezza il cielo nella trionfale cavalcata in coppa di Lega del 2013.
I ragazzi guidati da Michael Laudrup asfaltano senza pietà tutti gli avversari sul loro cammino: il Liverpool agli ottavi, il Boro ai quarti e persino il Chelsea in semifinale. La finalissima di Wembley contro il sorprendente Bradford è poco più che una formalità. Finisce 5 a 0 per i gallesi e Swansea diventa famosa nel mondo non solo per aver dato i natali all’attrice Catherine Zeta Jones, ma anche per esser diventata la prima squadra gallese ad alzare un trofeo in terra inglese.
Quello straordinario gruppo era capitanato da Garry Monk, leader indiscusso ed autentico simbolo di una comunità. Giocatore, allenatore in seconda ed infine manager dallo sconfinato spirito aziendalista. Due anni fa cedette Wilfred Bony al City per 35 milioni di sterline e l’anno successivo Jonjo Shelvey al Newcastle per 15, ma udite-udite, reinvestì la maggior parte di quella spropositata cifra per migliorare le infrastrutture di allenamento e per potenziare l’academy.
Robe impensabili sulla penisola italica, ma se il nostro “simpatico” e preparatissimo Guidolin (lingua a parte!)è riuscito ad ereditare un combriccola di amici in grado di saccheggiare l’Arsenal all’Emirates e di allontanarsi sensibilmente dalla zona rovente, lo deve sicuramente al suo rossiccio predecessore.
L’inizio del tecnico veneto è stato promettente e se continuerà ad abbinare la sua indubbia capacità tattica allo spirito goliardico – paesano dello spogliatoio, bhe allora potrebbe veramente valer la pena giocarsi una sterlina sullo Swansea …

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